Il tuo browser non supporta JavaScript!
Vai al contenuto della pagina

Canali di vendita

Librerie... ancora ieri

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2013

di Laura Novati

Alberto Vigevani (Milano 1918-1999), editore de Il Polifilo, curatore per Raffaele Mattioli, il banchiere mecenate della allora Banca Commerciale, della Ricciardi trasferita da Napoli a Milano – la più imponente e insuperata casa editrice di testi della letteratura e cultura italiana – redattore, libraio antiquario, critico e scrittore si ripresenta in questo libretto postumo di Sellerio: Milano ancora ieri – Luoghi, persone, ricordi di una città che è diventata metropoli, uscito a ridosso delle feste, quale cantore di una città in buona misura scomparsa, ma tanto più civile, in cui dominano a pieno titolo le «botteghe» rivisitate in antitesi alle fredde luci delle tante boutique di effimera vita di oggi, a cui Vigevani dedica un nostalgico omaggio. In questo quadro non potevano mancare le case editrici e si duole l’autore di non aver tempra e forza all’impresa di scrivere la storia di questa industria cardine milanese; ne dà comunque brevi e rapidi cenni, per passare poi al capitolo immediatamente connesso e dedicato a Quelle antiche librerie: «Se Bonvesin de la Riva enumera a Milano sin dal Trecento nei De Magnalibus Urbis Mediolani, quaranta amanuensi (contro quattrocento macellai, e credo che la preponderanza dei macellai si sia accresciuta, nei secoli), non si può parlare di librai in senso moderno fino all’ultimo quarto del Quattrocento, quando, con l’introduzione della stampa a caratteri mobili, si fondarono le prime botteghe».

Au revoir Fnac

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Elena Refraschini

Il gruppo facente parte della francese Ppr – di proprietà di François-Henri Pinault, figlio del miliardario François Pinault, 59esimo patrimonio mondiale – aveva annunciato, nel gennaio 2012, che entro la fine dell’anno avrebbe ultimato l’uscita dal mercato italiano, nell’ambito di un piano generale di risparmio e rilancio della competitività aziendale: «In Italia, dove non sussistono più le condizioni per un’attività in proprio, la Fnac vaglierà tutte le possibili opzioni e prenderà una decisione entro l’anno», aveva dichiarato il suo presidente. Quando nacque negli anni Cinquanta in Francia grazie all’idea del fondatore Marc Theret, il negozio fu subito premiato dai giovani, perché visto come «agitatore culturale». Oggi Fnac ha 145 filiali nel mondo e 17.000 dipendenti. I tempi, però, cambiano in fretta. Entrata in Italia nel 2000 (il primo negozio fu inaugurato in ottobre, in via Torino a Milano), l’azienda non aveva mai raggiunto le condizioni operative necessarie per imporsi nel mercato, e la crisi finanziaria ha soltanto accelerato il processo dal 2009 in poi. In un incontro sindacale, la Fnac ha detto di aver perso tra gli 11 e i 12 milioni di euro negli ultimi anni, di cui 9 solo nell’ultimo anno, quando si è verificato un calo di fatturato del 21%. Peraltro, i tagli erano iniziati già dal 2009, quando aveva chiuso prima il negozio di Basilea e poi quello di Bastille, provocando il licenziamento di 60 persone. Nel piano Fnac 2015 si vuole raggiungere l’obiettivo di tagliare i costi di 80 milioni, il che provocherebbe il licenziamento di 510 persone (310 in Francia, 200 all’estero).

Il futuro è libreria?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Giovanni Peresson

«Anche questa è una libreria!» si potrebbe dire parafrasando la pubblicità di quest’anno di Più libri più liberi («Anche questo è un libro!») I casi (italiani e internazionali) che il lettore del «GdL» incontrerà nelle pagine successive, e quelli che ha potuto leggere nei numeri del 2012 (e un’occhiata andrà buttata anche alle notizie sul sito della rivista) iniziano a delineare le nature e le anime diverse in cui la libreria ha scelto di posizionarsi in questi anni. La stessa intervista ad Achille Mauri in questo stesso numero del «GdL» (pp. 26-27) aggiunge nuova materia alla riflessione. La contrazione dei consumi delle famiglie (all’interno del più generale impoverimento della classe media, si veda il Quarantaseiesimo rapporto Censis) che negli ultimi due anni ha investito libri e librerie è solo il reagente che sta accelerando dei processi che affondano le loro radici ben più lontano, collocandoli se mai nel quadro di un oggettivo contesto di difficoltà economiche e di natura finanziaria. Che rende le cose meno facili da affrontare. Dietro stanno i big player con i loro ecosistemi di distribuzione dei contenuti digitali e i loro modelli di business (oltre che di scelta dei Paesi da cui operare con la minor imposizione fiscale). Stanno i cambiamenti nei comportamenti dei lettori e la concorrenza che all’interno della dimensione «tempo»/mobilità portano smartphone e tablet.

La chiave di volta

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Serena Baccarin

Dai palazzi dei centri storici cittadini alle stazioni, architettura, arredamento e design d’interni, sono da sempre elementi qualificanti fondamentali per le librerie. Numerosi sono gli esempi di catene e di librai indipendenti, che hanno saputo valorizzare gli elementi storico-artistici degli edifici ospitanti, trasformandoli nello scenario ideale per l’esperienza d’acquisto. Tuttavia l’ampliarsi dell’assortimento e dei servizi hanno spinto a rivedere l’impianto della libreria. Ne abbiamo discusso con Giovanni Galla, architetto del Gruppo Galla 1880, e con Miguel Sal, progettista e brand consultant per le Librerie Feltrinelli.

Librerie di quartiere

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Gabriele Pepi

Chi l’avrebbe mai detto che questo annus horribilis ci avrebbe portato anche qualche buona notizia? Nonostante la crisi dei consumi e le difficoltà finanziarie, ci sono ancora persone che decidono di aprire una libreria indipendente o senza ricorrere a formule di franchising. Ri-immaginare spazi fisici (non grandissimi) con una loro marginalità economica, pensare a luoghi di incontro, affrontare la sfida del digitale e della concorrenza degli store on line ma anche – più prosaicamente – avere a che fare con distributori, editori, promotori e, non ultimi, clienti sempre più interconnessi da tablet e smartphone e di conseguenza sempre meno pazienti, è la sfida che le tre neonate librerie presentate in queste pagine hanno raccolto nel corso dell’ultimo anno. Si tratta di librerie di varia accomunate da una dimensione rionale e un’aspirazione di servizio in due città, Milano e Roma, che ancora per certi versi conservano la dimensione intima del quartiere.

Librerie pop(up)

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Ginevra Vassi

Temporary store, temporary shop e pop-up store. In tempi di crisi e recessione, si diffondono sempre di più quei negozi temporanei che devono il proprio successo alla capacità di adattarsi alle nuove esigenze del mercato e del marketing. Ideali per sondare potenzialità e prospettive, questi nuovi format si dimostrano perfetti per andare incontro alle nuove richieste dei clienti, ammaliati da location suggestive, formule innovative e prodotti speciali. Gli esempi sono innumerevoli. Il colosso dell’e-commerce, eBay, per sensibilizzare i clienti all’uso dei PayPal ha creato un vero negozio temporaneo di 400 metri quadrati nel quartiere commerciale di Berlino con scarpe, giocattoli, fotocamere e piano bar con l’unico vincolo di acquistare solo attraverso uno smartphone capace di leggere QR code e, appunto, un profilo PayPal. H&M, nota azienda d’abbigliamento svedese, ha invece puntato sulla location: un container personalizzato, parcheggiato sulle spiagge dell’Aja in Olanda. Nato in collaborazione con Wateraid, organizzazione che si occupa di fornire acqua potabile nelle zone disagiate del mondo, lo store è rimasto per due giorni a disposizione dei visitatori con collezioni uomo, donna e bambino (rigorosamente da spiaggia).

Portatrice di futuro

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Redazione

I trent’anni della Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri coincidono con la più grande e irreversibile trasformazione che ha investito in questi anni il mondo delle case editrici e della libreria. Ai big player internazionali, si affiancano mutamenti nelle abitudini e nei comportamenti del pubblico. E-book e tablet con i nuovi loro modi di leggere; minori disponibilità di spesa a disposizione delle famiglie; riduzione del credito alle piccole e medie imprese (librerie e piccoli e medi editori); il blocco, psicologico e reale allo stesso tempo, negli acquisti e nei modi di acquistare. E il paesaggio che troveremo all’uscita da questo passaggio, sarà (già lo è) radicalmente diverso da quello di solo uno-due anni fa. Sta cambiando il mondo e con esso il lavoro del libraio, il concetto di libreria stessa. La boa dei trent’anni è un giro che costringe a guardare – in questa intervista con Achille Mauri – a quello che sarà la libreria, la Scuola, la didattica, i librai dei prossimi anni. «Il punto da cui guardare questi cambiamenti non è quello del libro o delle librerie ma è il tempo delle persone. Smartphone, tablet, telefonini, notebook, con i loro più o meno brevi messaggi, portano via agli individui miliardi di pagine di libri. Miliardi di pagine e di storie portate via nel mondo intero, nello stesso momento. Basta salire su un Milano-Roma e si vedono tutte queste persone, con il loro giornale, il libro posato sul tavolinetto, il computer o l’iPad acceso, e il telefonino. Ma sono questi ultimi strumenti che stanno occupando sempre più il nostro tempo. In quel momento si consumano e svaniscono nel mondo 10-20 miliardi di pagine. Pagine di libri che non si leggeranno mai più perché il tempo per leggere è svanito, assorbito in altre letture e in altre relazioni. Questo, ne sono convinto, è il punto da cui osservare i cambiamenti che abbiamo sotto i nostri occhi. Non è la concorrenza del digitale, perché quella per l’editoria – e anche per i librai – sarà una buona cosa. Pensiamo al ruolo che iniziano ad avere i blog letterari, i social network, il passaparola e le comunità di lettori collegate tra loro e con la libreria e l’editore attraverso la rete. Anzi la libreria dovrà fare ancora più uso di questi strumenti di quanto non faccia oggi».

Un anno di e-commerce

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Paola Sereni

E-commerce sì, e-commerce no. Gli italiani non sembrano avere ancora preso una decisione definitiva al riguardo, ma secondo gli ultimi dati di NetComm, il consorzio del commercio elettronico italiano, e del Politecnico di Milano, pare che un numero sempre maggiore di utenti cominci a fidarsi del commercio virtuale. Gli utenti che scelgono di acquistare on line sarebbero infatti, secondo le ultime stime, oltre 12 milioni su un totale di oltre 28 milioni di utenti Web attivi. Un valore cresciuto in un anno del 25%, anche se la frequenza di acquisto è ancora piuttosto bassa visto che gli utenti attivi dichiarano di effettuare circa 3,5 transazioni per trimestre, poco più di una al mese. Ma ciò che più è interessante è che tra gli acquisti effettuati on line troviamo al primo posto i libri (acquistati dal 16,5% del campione), seguiti dai capi di abbigliamento (12%), dai biglietti di viaggio (11,3%) e dalle ricariche telefoniche (8,2%). Un dato su tutti può aiutarci a comprendere meglio il fenomeno: le stime di vendita on line generate nel periodo natalizio. Tra gli acquirenti on line abituali, infatti, coloro che compreranno i propri regali di Natale su Internet salgono dal 37% del 2011 al 44%: oltre 5 milioni di individui, un utente Internet su 5, pari a 500mila individui in più rispetto alla scorsa stagione. Colpisce pure che per l’11% degli acquirenti on line abituali l’acquisto via Web, in rapporto a tutti i regali che si pensa di comprare, rappresenterà l’unico canale o comunque quello preferenziale di acquisto. Questo almeno è quanto emerge dai dati di una ricerca condotta da NetComm in collaborazione con Human Highway, che ha analizzato la propensione all’acquisto on line su un campione formato da uomini e donne di età superiore ai 18 anni residenti su tutto il territorio nazionale e rappresentativi della popolazione italiana che si connette alla rete con regolarità almeno una volta alla settimana. A sostegno di questo dato, la riduzione del tasso degli indecisi sul «Natale Web» che partiva dal 41,6% del 2011 e ora scende al 24,1%, rivelando la crescente tranquillità da parte dei consumatori nel fare i propri acquisti natalizi on line anche e soprattutto grazie ai prezzi concorrenziali associati a servizi di qualità in crescita. Abbiamo chiesto ad alcuni degli operatori di mercato attivi in Italia di raccontarci come è andato il 2012 per il commercio on line e quali sviluppi ci attenderanno nel mercato dei device.

B&N? Of course

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Dicembre 2012

di Elisa Molinari

«Avete dei libri per piccoli lettori?» chiedeva una bambina con le trecce al commesso di una libreria. «Hai provato da Barnes & Noble?» rispondeva lui. «Barnes & Noble, of course, of course», rispondeva la bambina, mettendosi una mano sulla fronte. Era il 1974 quando B&N mandava in onda il primo (pluripremiato) spot televisivo di una libreria. Oggi, stando a barnesandnoble.com, i clienti sono circa 40 milioni, la compagnia ha una quota di mercato del 27% per quanto riguarda gli e-book negli Stati Uniti e vende, tra negozi e on line, circa 300 milioni di libri all’anno, proponendo oltre centomila incontri per il pubblico. Il tutto partendo da una piccola attività in Illinois. Correva l’anno 1873 quando Charles Barnes apriva la sua stamperia di libri a Wheaton, non molto lontano da Chicago. La prima libreria fu opera del figlio William nel 1917 a New York, in partnership con G. Clifford Noble. Nel 1971 Leonard Riggio, libraio, ex commesso di un university bookstore, ossessionato dal servizio al cliente come l’altro «golden boy» Jeff Bezos, rileva la compagnia per farne «the world’s largest bookstore», con 150 mila titoli, iniziando ad espandersi nella regione di New York e di Boston. Nel 1975 l’idea di diventare il primo bookstore degli Stati Uniti a proporre con lo sconto del 40% i best-seller del «New York Times», idea che fu etichettata, all’epoca, come una delle migliore trovate di marketing in campo editoriale. Nel corso degli anni Ottanta, l’espansione continua con l’acquisizione delle 797 librerie della catena Dalton e delle librerie Doubleday (giusto per citarne alcune), subito brandizzate B&N, oltre che con l’apertura capillare di negozi in tutto il Paese.

Editori... in catena

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Dicembre 2012

di Ester Draghi

I piccoli editori hanno un peso estremamente significativo nelle catene di librerie. Talune lo collocano verso un ammontare dell’80%, altre più sotto, ma è comunque importante per il servizio al cliente. Peso che, pur non traducendosi in un pari valore di vendite, costituisce una ricchezza irrinunciabile. Come fare a tradurre questo patrimonio culturale in una forza in grado di non farsi fagocitare dalla potenza commerciale dei grandi gruppi editoriali per arrivare ai lettori? Ne abbiamo parlato con i buyer di alcune grandi catene di librerie. Qual è il valore della proposta editoriale o dei singoli titoli/autori delle piccole case editrici nell’assortimento? Barbara Lepore (Category Manager presso Librerie Feltrinelli). Se il termine «valore» lo intendiamo in senso culturale e di qualità del servizio reso ai clienti, la risposta è abbastanza ovvia: il valore della proposta di molti piccoli editori e di molti autori pubblicati da queste case editrici è inestimabile. Un assortimento tarato esclusivamente sui grandi gruppi editoriali, sulle sigle maggiori e sugli autori più popolari renderebbe inutile l’esistenza stessa delle librerie, sia indipendenti che di catena, a partire dalle librerie Feltrinelli. Sia chiaro, però, che un criterio di dimensione non è di per sé un criterio di valore. Insomma, non basta essere piccoli per essere anche bravi e «necessari». Un editore può anche essere «piccolo» ma è soprattutto fondamentale che sia un bravo editore. Ossia che oltre a saper scegliere buoni libri e ottimi autori, sappia pubblicarli con la dovuta cura, sappia promuoverli, sappia «parlare» al pubblico e prima ancora ai librai.

Produzione 2012 con segno meno

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Novembre 2012

di Sandro Pacioli

Il fatto di disporre da gennaio di quest’anno dei dati mensili della produzione libraria forniti da IE-Informazioni editoriali permette (per la prima volta) di disporre di nuovi punti di osservazione dell’andamento del mercato. Si confermano innanzitutto delle costanti produttive indipendentemente dall’anno di riferimento: il picco di maggio (7.623 titoli nel 2011 e 7.836 quest’anno) o quella di luglio (rispettivamente 5.305 e 5.641). Lo stesso vale per i flessi: giugno. Maggio è il mese in cui si riversa sui canali di vendita gran parte della produzione: da solo vale il 18% lo scorso anno e il 19% quest’anno (il valore è calcolato sul mese di agosto). Poi, certo, sarà interessante andare a vedere questa situazione settore per settore: narrativa, ragazzi, ecc.. Da gennaio ad agosto 2011 erano stati pubblicati dagli editori italiani 42.193 opere, quest’anno nello stesso arco di mesi sono scesi a 40.348.

Un format per il futuro

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Novembre 2012

di Giovanni Peresson

Nell’annus horribilis per l’editoria libraria del nostro Paese, Librerie Feltrinelli ha inaugurato a Roma in via del Corso un nuovo format che rappresenta una proposta innovativa rispetto ai loro precedenti multistore. Red rappresenta «un ulteriore sviluppo dei format di Librerie Feltrinelli. – ci dice Stefano Sardo direttore generale di Librerie Feltrinelli – Soprattutto nasce da quanto abbiamo sperimentato in questi anni nei nostri megastore sull’abbinamento tra libri, cultura e cibo. Abbiamo visto che costituisce una contaminazione non solo molto apprezzata dalla clientela, ma con un trend in crescita. Avevamo l’esperienza storica di Mestre, certamente lo store più evoluto dal punto di vista della ristorazione, ma anche le caffetterie con offerte più o meno ampie in termini di assortimento e di servizi che ci hanno indicato come spazi comuni di vivibilità, di socializzazione, di sosta legati al cibo, accanto ad assortimenti librari ampi e profondi fossero una formula che incontrava un crescente gradimento da parte del pubblico. E non dimentichiamo l’esperienza che deriva dall’accordo con Antica Focacceria San Francesco».

Inserire il codice per il download.

Inserire il codice per attivare il servizio.