Il gruppo facente parte della francese Ppr – di proprietà di François-Henri Pinault, figlio del miliardario François Pinault, 59esimo patrimonio mondiale – aveva annunciato, nel gennaio 2012, che entro la fine dell’anno avrebbe ultimato l’uscita dal mercato italiano, nell’ambito di un piano generale di risparmio e rilancio della competitività aziendale: «In Italia, dove non sussistono più le condizioni per un’attività in proprio, la Fnac vaglierà tutte le possibili opzioni e prenderà una decisione entro l’anno», aveva dichiarato il suo presidente.
Quando nacque negli anni Cinquanta in Francia grazie all’idea del fondatore Marc Theret, il negozio fu subito premiato dai giovani, perché visto come «agitatore culturale». Oggi Fnac ha 145 filiali nel mondo e 17.000 dipendenti. I tempi, però, cambiano in fretta. Entrata in Italia nel 2000 (il primo negozio fu inaugurato in ottobre, in via Torino a Milano), l’azienda non aveva mai raggiunto le condizioni operative necessarie per imporsi nel mercato, e la crisi finanziaria ha soltanto accelerato il processo dal 2009 in poi. In un incontro sindacale, la Fnac ha detto di aver perso tra gli 11 e i 12 milioni di euro negli ultimi anni, di cui 9 solo nell’ultimo anno, quando si è verificato un calo di fatturato del 21%. Peraltro, i tagli erano iniziati già dal 2009, quando aveva chiuso prima il negozio di Basilea e poi quello di Bastille, provocando il licenziamento di 60 persone. Nel piano Fnac 2015 si vuole raggiungere l’obiettivo di tagliare i costi di 80 milioni, il che provocherebbe il licenziamento di 510 persone (310 in Francia, 200 all’estero).