I piccoli editori hanno un peso estremamente significativo nelle catene di librerie. Talune lo collocano verso un ammontare dell’80%, altre più sotto, ma è comunque importante per il servizio al cliente. Peso che, pur non traducendosi in un pari valore di vendite, costituisce una ricchezza irrinunciabile. Come fare a tradurre questo patrimonio culturale in una forza in grado di non farsi fagocitare dalla potenza commerciale dei grandi gruppi editoriali per arrivare ai lettori? Ne abbiamo parlato con i buyer di alcune grandi catene di librerie.
Qual è il valore della proposta editoriale o dei singoli titoli/autori delle piccole case editrici nell’assortimento?
Barbara Lepore (Category Manager presso Librerie Feltrinelli). Se il termine «valore» lo intendiamo in senso culturale e di qualità del servizio reso ai clienti, la risposta è abbastanza ovvia: il valore della proposta di molti piccoli editori e di molti autori pubblicati da queste case editrici è inestimabile. Un assortimento tarato esclusivamente sui grandi gruppi editoriali, sulle sigle maggiori e sugli autori più popolari renderebbe inutile l’esistenza stessa delle librerie, sia indipendenti che di catena, a partire dalle librerie Feltrinelli. Sia chiaro, però, che un criterio di dimensione non è di per sé un criterio di valore. Insomma, non basta essere piccoli per essere anche bravi e «necessari». Un editore può anche essere «piccolo» ma è soprattutto fondamentale che sia un bravo editore. Ossia che oltre a saper scegliere buoni libri e ottimi autori, sappia pubblicarli con la dovuta cura, sappia promuoverli, sappia «parlare» al pubblico e prima ancora ai librai.