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Dicembre 2012

digitalDevice
Dicembre 2012
Fascicolo digitale

La rivista

+ contenuti, + digitali
di Rosa Mugavero
 
Abstract
Nonostante le attuali contingenze economiche negative, nel corso dell’ultimo anno i mercati digitali consumer, ovvero quei mercati che si rivolgono al consumatore finale e che si basano su piattaforme digitali come Pc, tablet, smartphone e Internet Tv, sono cresciuti in Italia del 14%, per un valore complessivo di 16.218 milioni di euro. Lo dichiara una ricerca della School of Management del Politecnico di Milano, presentata in occasione del convegno Ict & Gaming: trend emergenti e soluzioni consolidate, tenutosi ad ottobre a Milano. Secondo questo studio, il 56% del valore complessivo dei mercati digitali consumer proviene dall’e-commerce (9.137 milioni), il 31% (4.952 milioni) dalla vendita di contenuti e servizi digitali e il 13% (2.129 milioni) dalla pubblicità sui canali digitali, comparti che, rispetto al 2011, sono cresciuti rispettivamente del 18%, 7% e del 13%. Per quanto riguarda il mercato dei contenuti digitali a pagamento, interessante è notare che, benché i ricavi dalle vendite di abbonamenti premium alle cosiddette Sofa-Tv digitali siano rimasti pressoché stabili, a crescere sono stati in modo particolare i contenuti digitali e servizi di Pc (+ 23%), trainati soprattutto dalle nuove tipologie di giochi on line e dalle scommessi su Intenet, e i contenuti mobile per smatphone e tablet (17%), grazie soprattutto alle applicazioni e ai contenuti digitali acquistati navigando sul mobile Web. Un mercato, quello dei contenuti e dei servizi digitali che, per gli studiosi del Politecnico, è destinato a crescere ulteriormente nei prossimi anni grazie anche alla crescente diffusione di dispositivi mobili e di Internet Tv.
20 anni di Kappa
di Intervista a cura di E. Vergine
 
Abstract
Sono stati i primi a portare in Italia il fumetto giapponese e quest’anno festeggiano il loro ventennale. Abbiamo intervistato uno dei «Kappa Boys». Cosa caratterizza il vostro progetto editoriale? Andrea Baricordi (Direttore editoriale Kappa Edizioni). Kappa Edizioni è nata a metà degli anni Novanta per portare i fumetti nelle librerie di varia in un momento in cui questo mezzo narrativo era diffuso quasi esclusivamente in edicola e nelle fumetterie. L’idea, attraverso la rivista «Mondo Naif», fu quella di rilanciare il fumetto italiano non seriale attraverso storie di vita quotidiana – oggi si direbbe graphic novel di genere «slice of life» – grazie all’abilità di autori nostrani, oggi noti in tutta Europa. Questa idea ci venne proprio dal Giappone, un paese capace di inserire con invidiabile cura la vita quotidiana nelle opere fumettistiche di qualsiasi genere.
2012: il bello e il brutto
di Lorenza Biava
 
Abstract
Cosa salvare e cosa dimenticare dell’anno che si sta concludendo? I presidenti di Aie, Aib e Ali fanno un consuntivo delle cinque cose da salvare e delle cinque da buttare. Alberto Galla (presidente Ali). Nel 2012 abbiamo provveduto a rinnovare le nostre cariche, all’insegna di una precisa volontà di rinnovamento dell’Ali, sempre più necessario in tempi di crisi. La prima cosa che vorrei salvare è questa Ali rinnovata, non tanto e non solo nelle persone, quanto piuttosto nel desiderio di porsi sempre come punto di riferimento per le librerie indipendenti. I librai devono tornare ad avere fiducia nella propria associazione e confidare che ogni azione sarà intrapresa a loro tutela e sostegno. Ma perché tutto ciò possa avere effetto, deve crescere la consapevolezza che da questa situazione si esce con la volontà di fare rete e mettere in comune le migliori attività che ognuno, nel proprio territorio, svolge. Stefano Parise (presidente Aib). Dopo le polemiche suscitate dalla «legge Levi», la proposta avanzata dall’associazione Forum del libro ha offerto un’occasione di confronto alle associazioni di bibliotecari, editori e librai. L’aumento dei lettori è la priorità numero uno per tutti, da perseguire con politiche e interventi coordinati e coerenti con una normativa quadro sulla lettura che oggi in Italia non esiste. Senza questo il mercato e gli utenti delle biblioteche non possono crescere. Marco Polillo (presidente Aie). E-book e digitale: questo 2012 ha definitivamente incoronato il mercato degli e-book come il segmento più innovativo dell’industria editoriale. In soli due anni e mezzo la produzione italiana è arrivata a quasi 38 mila titoli in digitale. Il 37% delle novità italiane sono oggi pubblicate anche in versione e-book. Non è male per cominciare.
Alla fine arriva... Bao
di Intervista a cura di E. Vergine
 
Abstract
Sono sul mercato da pochi anni, ma il loro marchio si è già imposto come una delle vere e proprie rivelazioni nel settore dei fumetti e della graphic novel. Abbiamo chiesto a Caterina Marietti di raccontarci qualcosa in più su Bao Publishing. Cosa caratterizza il vostro progetto editoriale? Caterina Marietti (Fondatrice di Bao Publishing). Bao è nata ufficialmente nel dicembre del 2009, sotto una tempesta di neve. Prima di quel giorno avevamo girato le fiere del fumetto di mezzo mondo per passione, leggendo fumetti con la voglia di farli conoscere anche in Italia. Così Michele, il mio socio, e io abbiamo deciso di provarci fondando una casa editrice. E Bao è caratterizzata proprio dal fatto che nasce da due lettori appassionati, dalla concretizzazione commerciale dei nostri gusti di lettori, e questa è la sua forza.
B&N? Of course
di Elisa Molinari
 
Abstract
«Avete dei libri per piccoli lettori?» chiedeva una bambina con le trecce al commesso di una libreria. «Hai provato da Barnes & Noble?» rispondeva lui. «Barnes & Noble, of course, of course», rispondeva la bambina, mettendosi una mano sulla fronte. Era il 1974 quando B&N mandava in onda il primo (pluripremiato) spot televisivo di una libreria. Oggi, stando a barnesandnoble.com, i clienti sono circa 40 milioni, la compagnia ha una quota di mercato del 27% per quanto riguarda gli e-book negli Stati Uniti e vende, tra negozi e on line, circa 300 milioni di libri all’anno, proponendo oltre centomila incontri per il pubblico. Il tutto partendo da una piccola attività in Illinois. Correva l’anno 1873 quando Charles Barnes apriva la sua stamperia di libri a Wheaton, non molto lontano da Chicago. La prima libreria fu opera del figlio William nel 1917 a New York, in partnership con G. Clifford Noble. Nel 1971 Leonard Riggio, libraio, ex commesso di un university bookstore, ossessionato dal servizio al cliente come l’altro «golden boy» Jeff Bezos, rileva la compagnia per farne «the world’s largest bookstore», con 150 mila titoli, iniziando ad espandersi nella regione di New York e di Boston. Nel 1975 l’idea di diventare il primo bookstore degli Stati Uniti a proporre con lo sconto del 40% i best-seller del «New York Times», idea che fu etichettata, all’epoca, come una delle migliore trovate di marketing in campo editoriale. Nel corso degli anni Ottanta, l’espansione continua con l’acquisizione delle 797 librerie della catena Dalton e delle librerie Doubleday (giusto per citarne alcune), subito brandizzate B&N, oltre che con l’apertura capillare di negozi in tutto il Paese.
Convergenze digitali
di Chiara Marchioro
 
Abstract
Il workshop Engaging the reader, realizzato per il terzo anno consecutivo dal master Professione editoria con la collaborazione degli studenti di Filologia Moderna dell’Università cattolica di Milano e del Creleb, si è interrogato sul dibattito nel mondo dell’editoria che oppone digitale e cartaceo in un’ottica di divergenza inconciliabile, proponendo al contrario il tema della convergenza come possibile soluzione. Cosa significa convergenza? Compresenza, continuità, confluenza tra ambiente digitale e cartaceo. Se riflettiamo per un momento sulla radice di tutte queste parole troviamo elemento comune: cum ovvero la natura ibrida della comunicazione. Qualcuno di noi conserva ancora l’orario dei treni in borsa? Quanti possiedono un elenco telefonico? Tutti ormai ricorrono al Web per ottenere qualsiasi informazione in tempo reale. «Non lo si può negare: si fruiscono testi su supporti diversi a seconda dell’occasione» ha affermato in apertura Edoardo Barbieri, docente di Storia del libro e direttore del Master Professione Editoria dell’Università cattolica. Andreas Degkwitz, direttore della biblioteca dell’Università Humboldt di Berlino, nel suo intervento Books or bytes or both?, in occasione del simposio internazionale Livros e universidades, suggerisce che davanti all’alternativa tra cartaceo e digitale si possa, in fondo, non scegliere: «Printed materials are still very useful channels to sum up and share research activities in a textual version, but digital platforms are enabling multi-modal formats of publications which printed formats will never be able to integrate». Sembra averlo ben compreso Zanichelli, ormai esempio di editoria scolastica mista. Il direttore editoriale Giuseppe Ferrari, intervenuto alla tavola rotonda Leggere convergenze all’interno di Engaging the Reader, ha raccontato che accanto a iniziative come l’offerta del download gratuito del testo digitale per l’acquisto di ogni edizione cartacea disponibile in versione e-book grazie all’appoggio al portale Scuolabook, la casa editrice si distingue nel panorama italiano per essere all’avanguardia nell’offerta di prodotti editoriali digitali. Da classici e-book a libri per i tablet, con inclusa la funzionalità quaderno, o il Dizionario analogico della lingua italiana da consultare via dispositivi mobili fino a tutorial come Matutor, che ben lungi dal ridursi a mero eserciziario on line, guida nella comprensione delle correzioni grazie a video che spiegano la teoria e tramite un software di valutazione personalizza la scelta degli esercizi proposti.
Di fiera in fiera
di Ginevra Vassi
 
Abstract
Dodici fiere, praticamente una al mese: questo, in sintesi, il bilancio di un anno di fiere organizzate, in vario modo, dall’Associazione italiana editori, attraverso Ediser. Anno caratterizzato da una flessione per quanto riguarda il numero degli espositori, ma che, rispetto al precedente, ha visto aumentare il numero delle manifestazioni, passate delle 10 del 2011 alle 12 di quest’anno. Il 2012 si è aperto, a fine gennaio, con la missione alla Fiera del libro di Calcutta, una delle principali dell’India, Paese la cui presenza nei cataloghi delle nostre case editrici, soprattutto per quanto riguarda la narrativa, è cresciuta a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. Oggi i lettori italiani possono scegliere tra un’offerta, proposta da 36 case editrici, di 169 titoli di 70 autori indiani. L’editoria indiana rappresenta lo 0,2% delle traduzioni di un’editoria come quella italiana in cui il 20% dei titoli pubblicati provengono da altre editorie. È cresciuta inoltre, anche se i numeri restano piccoli, la vendita dei diritti di libri italiani verso il mercato indiano: raddoppiano nella seconda metà dell’ultimo decennio e lasciano soprattutto intravedere un trend di crescita costante in assenza di politiche coordinate di intervento. In occasione della partecipazione dell’Italia in qualità di Paese ospite d’onore e a completamento del ricco programma letterario organizzato dall’Ambasciata d’Italia di New Delhi e dal Consolato d’Italia a Calcutta, l’Aie ha organizzato una missione di operatori grazie al contributo del Ministero Affari Esteri e alla collaborazione del Consolato d’Italia a Calcutta, dell’ex Ice e della Publishers & Booksellers Guild. Le sette case editrici presenti hanno potuto presentare una panoramica della nostra editoria sia per tipologia di pubblicazioni – dalla narrativa alla saggistica, dalla letteratura per bambini alla produzione universitaria, ai testi per l’insegnamento dell’italiano – sia per dimensioni, essendoci rappresentanti di piccoli editori specializzati e di grandi gruppi.
Editori e Cina
di Elena Refraschini
 
Abstract
Il mercato editoriale cinese è di nuovo sotto i riflettori mondiali. Non solo in seguito all’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Mo Yan (vedi articolo precedente), ma anche dopo il grande e cresciuto interesse suscitato dalla zona cinese alla Fiera di Francoforte. Dopo essere stato Paese Ospite d’Onore alla Buchmesse del 2009, anche quest’anno la Cina ha fatto parlare di sé: la vittoria del Nobel per la letteratura di Mo Yan è stata annunciata l’11 ottobre, mentre due giorni più tardi è stato assegnato dalla fiera a Liao Yiwu, scrittore dissidente ora esiliato in Germania, il premio per la pace. Come sottolinea Zhang Genrui, a capo della sezione tedesca di uno dei gruppi editoriali più importanti d’oriente, il China International Publishing Group (Ciph), se negli ultimi sedici anniera lui a dover inseguire gli editori stranieri e i giornalisti oggi, invece, lo stand a Francoforte ha ospitato continuamente lettori curiosi, editori, agenti, scout e giornalisti. Dai Lan, coordinatore della delegazione cinese alla fiera, afferma che dal 2000 la partecipazione alle manifestazioni internazionali da parte degli editori cinesi è aumentata esponenzialmente: quest’anno erano presenti settanta editori nella delegazione, ma un numero imprecisato ha partecipato come indipendente. Questa massiccia adesione rende manifesto l’interesse degli editori cinesi verso l’esplorazione dei mercati occidentali, che sempre più spesso forniscono libri destinati a diventare best-seller nella Terra di Mezzo; d’altra parte, conferma anche la volontà degli editori di promuovere le proprie opere sul mercato internazionale, interessato ora non soltanto alle narrazioni della Cina tradizionale ma soprattutto a quelle inserite nella vita urbana contemporanea e che affrontano temi più individualistici, come la ricerca dell’anima gemella o del successo lavorativo.
Editori... in catena
di Ester Draghi
 
Abstract
I piccoli editori hanno un peso estremamente significativo nelle catene di librerie. Talune lo collocano verso un ammontare dell’80%, altre più sotto, ma è comunque importante per il servizio al cliente. Peso che, pur non traducendosi in un pari valore di vendite, costituisce una ricchezza irrinunciabile. Come fare a tradurre questo patrimonio culturale in una forza in grado di non farsi fagocitare dalla potenza commerciale dei grandi gruppi editoriali per arrivare ai lettori? Ne abbiamo parlato con i buyer di alcune grandi catene di librerie. Qual è il valore della proposta editoriale o dei singoli titoli/autori delle piccole case editrici nell’assortimento? Barbara Lepore (Category Manager presso Librerie Feltrinelli). Se il termine «valore» lo intendiamo in senso culturale e di qualità del servizio reso ai clienti, la risposta è abbastanza ovvia: il valore della proposta di molti piccoli editori e di molti autori pubblicati da queste case editrici è inestimabile. Un assortimento tarato esclusivamente sui grandi gruppi editoriali, sulle sigle maggiori e sugli autori più popolari renderebbe inutile l’esistenza stessa delle librerie, sia indipendenti che di catena, a partire dalle librerie Feltrinelli. Sia chiaro, però, che un criterio di dimensione non è di per sé un criterio di valore. Insomma, non basta essere piccoli per essere anche bravi e «necessari». Un editore può anche essere «piccolo» ma è soprattutto fondamentale che sia un bravo editore. Ossia che oltre a saper scegliere buoni libri e ottimi autori, sappia pubblicarli con la dovuta cura, sappia promuoverli, sappia «parlare» al pubblico e prima ancora ai librai.
Fumetti in rivista
di Intervista a cura di E. Vergine
 
Abstract
«Linus» è la rivista che ha contribuito a fare la storia italiana del fumetto. Della storia del genere e delle nuove tendenze abbiamo discusso con Stefania Rumor. La vostra realtà editoriale è presente da lungo tempo nel panorama italiano del fumetto. Possiamo dire che avete contribuito a farne la storia. Stefania Rumor (Direttore di «Linus»). «Linus» esiste da quasi cinquant’anni. È la rivista che prima in Europa ha reso evidente come i fumetti fossero un prodotto narrativo in grado di competere con la letteratura «seria», scardinando l’idea dominante che il fumetto fosse tutto sommato il portato di una sottocultura per bambini. Nell’editoriale del primo numero si afferma: «Questa rivista è dedicata per intero ai fumetti», dove per fumetti s’intende letteratura di buona qualità, senza pregiudizi intellettualistici, mescolando fumetti moderni (i Peanuts) a classici, inediti e quant’altro. L’unico criterio della scelta è quello della qualità di questa «letteratura grafica», definizione che anticipa di due decenni il pensiero di Art Spiegelman e di tutta una serie di autori allora giovani e inediti sul valore della «graphic novel». Anche se, come ho detto, «Linus» è stata in un certo senso la prima rivista ad affermare il valore letterario della «graphic novel», è poi rimasta sostanzialmente fedele alle origini  pubblicando principalmente strisce e scegliendo dunque di rimanere fuori dai giochi editoriali che oggi, a livello italiano come internazionale, ne stanno affermando con forza la presenza negli scaffali delle librerie e nella narrativa contemporanea. È una scelta di politica culturale che rafforza e affianca a sempre nuovi autori americani il meglio delle novità italiane e europee. Ormai certe strisce, penso a Doonesbury o ai nuovi autori spagnoli e italiani, hanno la forza del romanzo breve, insieme all’incisività dell’aforisma.
Il teatro e le lettere
di Laura Novati
 
Abstract
Dalle statistiche di IE-Informazioni editoriali del periodo ottobre 2011-settembre 2012 risulta che la produzione di testi teatrali arriva a 254 titoli totali, e che nella classifica dei Top 10 dello stesso periodo, esclusi i classici, troviamo solo tre titoli: Ausmerzen di Marco Paolini, Il dio del massacro di Yasmina Reza e Dio è nero di Dario Fo. La Reza è l’unica drammaturga, per quanto abbia iniziato come attrice: nata a Parigi nel 1959 da padre iraniano e da madre ungherese, entrambi ebrei, che arriva al successo con Conversations après un enterrement, rappresentata nel 1987, Premio Molière come miglior autore, mentre l’opera seconda, La traversée de l’hiver, vince il Molière come miglior spettacolo regionale. Il successo internazionale arriva con Art, 1994, tradotta e rappresentata in oltre trenta lingue. Il dio del massacro è pubblicato da Adelphi nel 2007, ma beneficia del film che ne ha tratto Roman Polanski, Carnage. Un’ipotesi drammaturgica contiene anche l’Iliade scomposta e affidata da Alessandro Baricco a ventun voci, ventun narratori a parlare in fondo di un unico tema, la guerra. Egli, manzonianamente, si riserva un «cantuccio», svelando il senso della sua operazione in due interventi in apertura e chiusura del libro. Più nuova è l’operazione di Ascanio Celestini in pro patria: titolo da orazione, che in effetti Celestini rivolge a Mazzini (come già era il cadavere dell’Italia per Daniele Timpano in Risorgimento Pop), padre della patria in realtà rimosso, esule nell’Italia unita in cui muore a Pisa sotto falso nome. Tutto qui. Dunque, non dobbiamo o non possiamo più parlare di un teatro letterario o di una letteratura teatrale in Italia? E le ragioni di questo progressivo impoverimento del teatro scritto, nel risorgere del teatro di parola affidato a singoli autori-attori?
La ricerca delle radici
di Laura Novati
 
Abstract
La cospicua somma di 1,2 milioni di euro del Premio Nobel per la letteratura è stata assegnata nel 2012 a Mo Yan, nato nel 1956 a Gaomi, un intellettuale cittadino di origine contadina. Per la prima volta, dunque, il riconoscimento è andato a un cinese che vive e opera in Cina, dopo che nel 2010 L’Accademia svedese aveva premiato Xiabo con il Premio Nobel per la Pace, suscitando polemiche e un caso diplomatico (dato che Liu Xiabo sta tuttora scontando una condanna a 11 di prigione per aver criticato il sistema). E dopo che nel 2000 aveva premiato Gao Xingjian, che vive in Europa da più di 20 anni e critica apertamente il regime. Mo Yan (è uno pseudonimo, che in cinese significa «Non parlare», il suo vero nome è Guan Moye) è dunque nome-invito alla prudenza e in effetti le critiche che muove alla società e al sistema politico cinese sono spesso indirette, ma non per questo meno scottanti, come nel caso del recente Rane, nel quale mette sotto accusa la politica del figlio unico, in vigore in Cina da oltre 30 anni. Come spesso succede da noi, la nomina crea sorpresa, la fama di Mo Yan essendo affidata soprattutto al successo di Sorgo rosso, film tratto dall’omonimo romanzo da Zhang Yimou, come pure la sceneggiatura di Addio mia concubina. Comunque, è indubbio che, per quanto fondati, questi riconoscimenti obbediscono ad una logica geopolitica a cui sempre più negli ultimi anni la potente Accademia Svedese ha obbedito, dando segnali di orientamento oppure di riconoscimento. Una riprova che i premi servono pur sempre, ancor più se usati bene e con consapevoli mezzi e fini. Mo Yan, di colpo celebrità mondiale, è figlio di una rivoluzione contadina fallita e della discesa al popolo coatta degli anni ’60 e ’70: essa ha costretto il ceto colto a un confronto drammatico col sottosuolo inteso nelle due accezioni: il proprio io profondo e la sfera immensa e sommersa dei subalterni. Il confronto, sostanzialmente negativo, si rifletteva per esempio nella «trilogia dei tre» di Acheng, nato a Pechino nel 1949, che condivise nel corso della Rivoluzione culturale la sorte di migliaia di studenti inviati da Mao Zedong in campagna a lavorare la terra. Tornato a Pechino nel 1978, fu fra gli animatori del gruppo di artisti d’avanguardia che si riuniva intorno alla rivista «Xingxing» («Le stelle»), ma dal 1987 vive a Los Angeles, dove alterna l’attività di scrittore con quella di sceneggiatore.
Leggi lunghe vent'anni
di Giovanni Peresson
 
Abstract
Sono passati poco più di dodici mesi dall’entrata in vigore della legge 128/2011 che interveniva a correggere gli effetti introdotti dalla liberalizzazione di tutte le attività promozionali (legge 248 del 4 agosto 2006), libri inclusi: la così detta «legge Levi». Una legge che rappresentava un «tassello» di un più generale processo di riordino del settore per favorirne lo sviluppo. A cominciare dall’ampliamento della base di lettura. Che è cresciuta (tra 2000 e 2011 del +22,6%, 4,7 milioni di lettori in più in undici anni) anche se l’Italia rimane il mercato linguisticamente più piccolo in Europa tra i primi cinque. Oltre a rappresentare, assieme alla scuola, uno dei maggiori vincoli strutturali ai processi più generali di innovazione e di competizione internazionale del Paese in termini di spread di «capitale umano» rispetto ai Paesi in cui l’indice di lettura dei libri si colloca al 70% mentre il nostro è di 25 punti inferiore. Di una «legge sul libro» si è «tornati» a parlare nei mesi e nelle settimane scorse in occasione della nona edizione del Forum del libro e della lettura (Passaparola) che si è svolto a Vicenza dal 26 al 28 ottobre nel convegno dall’emblematico titolo di «La lettura negli anni dell’emergenza libro: problemi e prospettive». «Tornati» a parlarne abbiamo detto. Perché bisogna ricordare come l’articolo 11 («Disciplina del prezzo dei libri») della legge n. 62 (Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriale e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416) che introduceva per la prima volta in Italia, undici anni fa, la regolamentazione del prezzo di vendita al pubblico, altro non era che l’ex art. 9 di un articolato ben più ampio – e frutto di lunghi anni di lavoro, discussioni, tavoli di lavoro tra Aie, Ali, Anee e Mbca (tutto cominciò nel ’97) – che aveva ben presente non solo la centralità delle politiche di promozione del libro e della lettura (Festa del libro, per dire), di sviluppo delle biblioteche pubbliche e di quelle scolastiche per il futuro del settore (e del Paese). Ma anche di ricerca di formule volte a favorire i processi di ammodernamento delle strutture imprenditoriali che iniziavano a confrontarsi con il digitale, della distribuzione, dell’internazionalizzazione dell’editoria italiana all’estero.
Novità in fiera
di Intervista a cura di E. Vergine
 
Abstract
Se, guardando allo stato dell’economia mondiale, il periodo non è dei più felici, Più libri più liberi volta pagina. Dopo quella che è stata definita «la crisi del decimo anno» la più importante fiera nazionale della piccola e media editoria volta pagina. Invece di farsi schiacciare dalle difficoltà presenta un programma ricco di proposte aprendosi, per la prima volta, alla città di Roma e puntando tutto sulla formazione. Di questo e molto altro abbiamo parlato con Fabio Del Giudice, Direttore di Più libri Più liberi. Quali sono i punti di forza e le novità di Più libri più liberi 2012? L’undicesima edizione si presenta con grosse novità. È come se il decimo anno avesse chiuso una fase della manifestazione e oggi se ne aprisse un’altra. Sono cambiate parecchie cose dal punto di vista organizzativo: il 2012 è stato un anno particolare per l’editoria, ma anche per tutto quanto il sistema economico del Paese e, chiaramente, la crisi ha avuto delle ripercussioni anche sulla manifestazione. Noi – e mi riferisco a tutta l’Associazione italiana editori – abbiamo ritenuto che fosse opportuno, proprio in virtù di questo quadro critico, investire ancora di più sulla manifestazione provando così a dare l’impulso per il rilancio sia del progetto editoriale nazionale che di quello dell’editoria indipendente. Insomma, invece di subire il momento sfavorevole, ci siamo attivati per combatterlo. Tra le principali novità di questa edizione c’è l’uscita di Più libri più liberi dal suo contesto naturale, quello che la ospita da 10 anni, il Palazzo dei congressi dell’Eur (che pure continuerà ad essere il momento centrale della manifestazione) per disseminarsi in tutta quanta la città. Abbiamo in programma circa 150 appuntamenti in 100 diversi luoghi di Roma che ospiteranno, prevalentemente prima, ma anche durante e dopo la manifestazione, degli incontri con il brand Più libri. Ciò che mi preme sottolineare è che non si tratta di eventi estranei alla città, ma di iniziative che si inseriscono naturalmente all’interno del tessuto culturale urbano. Questa sinergia è frutto del tentativo di cercare la collaborazione delle maggiori istituzioni culturali attive a Roma – a cominciare dalle università – per proporgli di inserire nei loro palinsesti degli appuntamenti legati alla manifestazione. La risposta è stata entusiastica e, per quanto si tratti di una prima esperienza, abbiamo ricevuto moltissime adesioni.
Più libri più idee
di Paola Sereni
 
Abstract
Dopo undici anni di fiera è arrivato il momento per Più libri più liberi di espandersi al di fuori del massiccio Palazzo dei Congressi dell’Eur. Naturale che, data l’attenzione da sempre riservata dalla manifestazione alla formazione in ingresso nel mondo dell’editoria, le prime ad essere coinvolte siano state proprio le università e gli istituti della capitale. Affrontando i «futuri» del libro anche prima della fiera stessa, in un «fuori Fiera» capace di coinvolgere la città e le realtà culturali di Roma, Più libri raccoglie la sfida di avvicinarsi alle fasce più giovani della popolazione di lettori con il duplice obiettivo di promuovere il ruolo della manifestazione e fornire agli studenti gli strumenti per interpretare i grandi cambiamenti in atto nel mondo del libro.
Social network
di Giorgio Kutz
 
Abstract
Questo articolo è dedicato a chi è digiuno di social network o ne ha scarsa dimestichezza o pensa che siano una gran perdita di tempo. I tre social network che in questo momento vanno per la maggiore sono Twitter, Facebook, e Linkedin, e parleremo soprattutto di quest’ultimo, perché probabilmente è quello più utile per la vostra professione. Twitter ha un Dna che lo rende consono ai politici, ai leader (di ogni tipo) o agli aspiranti tali che vogliono vivere dandosi costantemente in pasto al loro pubblico, per attingervi consensi e per consolidarlo. Facebook dal canto suo ha un Dna ludico/edonistico che ne fa un buon veicolo di marketing «glocal» (nicchie di mercato verticali di estensione planetaria): è basato sul principio sottile della condivisione emotiva, per cui io «compro» solo ciò che già amo e che fa parte del mondo dei miei desideri, Facebook mi riconosce e io mi riconosco nei miei contatti (una case history interessante e di successo è quella dei Rolling Stones, la cui disamina ci porterebbe però troppo lontano). Linkedin è invece basato sulla pura condivisione dell’informazione professionale. È un colossale bazar planetario che si regge sullo scambio delle informazioni, delle «skill», dei «know how», dei curricula. Ci si mette in vetrina allestendo il proprio stand virtuale e si gironzola per un assaggio (gratuito) delle mercanzie esposte dai colleghi del pianeta. Si vende, si compra, si impara – e, come vedremo, si può facilmente conquistare visibilità. Network buono per i «senior» che possono scoprire senza costi talenti giovanili, in barba alle società di head hunting . Buono per le società di head hunting che attingono informazioni e le intermediano per chi disdegna il contatto diretto o pensa che, appunto, sia una perdita di tempo. Ma Linkedin è un network buono anche per i «junior» intraprendenti, quelli che una volta spedivano per posta curricula col ciclostile e che oggi hanno a disposizione una fantastica vetrina per farsi conoscere.
Successi a strisce
di Elena Vergine
 
Abstract
Quest’anno il Lucca Comics & Games, la manifestazione più importante del nostro Paese dedicata al mondo del fumetto, ha raggiunto un record di presenze mai visto prima: 180 mila biglietti staccati (nel 2011 erano 155 mila ma il festival era durato un giorno in più). Se non si può, ovviamente, affermare che il mercato del fumetto e della graphic novel non risenta del periodo di crisi generale, tuttavia la produzione di questo genere di titoli mostra nel 2012 un andamento stabile, senza i picchi verso il basso dell’anno precedente (i dati di IE non tengono conto dell’andamento dei fumetti nel canale edicola), le strategie di sopravvivenza ormai sono collaudate e prevedono prodotti di alta qualità per fumetterie e librerie. «A Lucca abbiamo modo di tastare, anno dopo anno, il polso di questa tipologia di mercato perché le case editrici puntano sul nostro festival per lanciare le loro novità principali – spiega Giovanni Russo (Coordinatore dell’area Comics a Lucca). – Solo quelle che abbiamo sentito noi, che non coprono la totalità del mercato del genere ma ne sono rappresentative, presentano, in occasione del festival, circa 200 novità. Nella realtà delle cose le novità in uscita questo mese saranno oltre 300 e, per la gran parte, si tratta di fumetto da libreria». Sono numeri, questi, che se venissero confermati rappresenterebbero un aumento della produzione di titoli di più del doppio dell’anno precedente. L’ingresso «dalla porta principale» della graphic novel in libreria è infatti una delle tendenze più importanti che caratterizzano questo periodo.
Teatralità e fumetto
di Elena Vergine
 
Abstract
Sono presenti, con la loro casa editrice dal suggestivo, sul mercato del fumetto da quindici anni. La loro proposta editoriale è caratterizzata da una qualità elevata e da un prezzo accessibile. Abbiamo chiesto a Omar Martini e Sergio Rossi di raccontarci un po’ di Black Velvet. Come nasce la vostra casa editrice? Cosa caratterizza il vostro progetto editoriale? Omar Martini e Sergio Rossi (Editori). Black Velvet nasce nel 1997 per riempire quella che era allora una mancanza nel panorama italiano di titoli di una nuova generazione di autori statunitensi che stavano realizzando opere originali e molto interessanti. Dopo poco, la nostra attenzione si è spostata sia verso il fumetto italiano sia verso quello di altri paesi, come la Germania, la Francia, addirittura la Nuova Zelanda, ecc. Attualmente, anche dopo l’ingresso in Giunti nel 2010, continua l’obiettivo di presentare fumetti da tutto il mondo, privilegiando storie che si rivolgano a un vasto pubblico e con una veste grafica peculiare.
Un mercato accessibile
di Anna Lionetti
 
Abstract
Se il digitale è ormai l’hot topic in assoluto più sentito dal mondo del libro, una delle sue declinazioni è il tema dell’accessibilità. In una fase di crescita tanto rapida quanto delicata del mercato degli e-book, la possibilità di veicolare agli utenti con disabilità visive l’accesso alla lettura con nuovi strumenti e prodotti certificati tecnicamente può creare un valore aggiunto per tutti gli attori della filiera. Se ne dibatte, naturalmente, alla Fiera del Libro di Francoforte: oltre alla sessione EPublishing: Making Accessibility Mainstream coordinata da Lia (Libri italiani accessibili) durante il Toc – Tools of Change for Publishing, EDItEUR e Lia hanno dedicato un’intera mattinata esclusivamente all’accessibilità. Ma durante il seminario A new market: accessible ebooks in mainstream channels, non si è discusso tanto di problemi, quanto di soluzioni; o meglio, delle strade che l’editoria sta prendendo per accompagnare i libri verso un pubblico sempre più vasto, garantendo a tutti l’accesso ai contenuti e alle risorse on line a parità di condizioni tecniche ed economiche. Gli interventi dei panelist segnano un percorso che muove inizialmente dalla casa editrice. A monte della catena produttiva si colloca il senso di responsabilità sociale dell’editore: questo, secondo Chris Rogers (digital publishing technology coordinator di Penguin Books), il primo motore che spinge gli editori a riqualificare il proprio catalogo secondo i criteri di accessibilità. Elemento chiave per la buona riuscita di un e-book (accessibile e non) è però la consapevolezza che non si tratta di una replica in «seconda visione» della versione a stampa, bensì di un prodotto con le proprie specificità e, verosimilmente, il proprio mercato.

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