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Fiere e festival

Spagna... me gusta leer

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2012

di Ilaria Barbisan

È uscita a gennaio di quest’anno l’ultima versione dell’inchiesta annuale sulle abitudini di lettura e di acquisto di libri in Spagna (Hábitos de lectura y compras de libros 2011). Con alcune modifiche rispetto agli anni precedenti – che riguardano ad esempio il calcolo della lettura digitale piuttosto che la distinzione tra lettura nel tempo libero e lettura per motivi scolastici o lavorativi – lo studio mira ad offrire una panoramica quanto più esaustiva possibile su tutti gli aspetti riguardanti la lettura degli spagnoli. Ma cosa emerge da quest’ultima edizione? Niente di nuovo rispetto agli anni precedenti. La lettura di libri continua a crescere, a piccoli punti percentuali, e si attesta nel 2011 al 61,4% (rispetto al 60,3% del 2010). Le donne leggono in misura maggiore rispetto agli uomini, registrando 7,4 punti percentuali in più e confermando un dato in comune a tutti gli altri Paesi europei per cui la lettura può essere definita «rosa», specialmente quella effettuata per puro piacere e non per motivi di studio o di lavoro. Sono i giovani (soprattutto gli studenti) a presentare gli indici di lettura più alti, ma la percentuale si abbassa progressivamente man mano che si va avanti con l’età fino ad arrivare al 36,7% tra le persone oltre i 65 anni. Per quanto riguarda invece il titolo di studio, la lettura è più diffusa tra gli universitari (85,3%) e cala con livelli di educazione più bassi, come dimostrano i 48,3 punti percentuali di differenza tra i lettori di libri che hanno una formazione primaria e coloro i quali hanno fatto gli studi universitari. Un’altra conferma di quanto emerso negli anni precendenti è la concentrazione della lettura nelle aree metropolitane dove ci sono più infrastrutture, più benessere, più offerta culturale.

Lezioni dal Toc

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Cristina Mussinelli

Anche quest’anno si è svolta a New York la Toc (Tools of change) conference organizzata da O’Reilly. Un giorno di seminari e due giorni di conferenza in cui keynote speech in sessione plenaria si alternano a un programma di sessioni parallele che coprono i principali temi dell’evoluzionedell’editoria digitale. Nel programma quattro i principali temi che possono rappresentare altrettante lezioni per l’editoria europea e nazionale.

Tecnologie in cattedra

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Rosa Mugavero

Con oltre 650 espositori e 30.368 visitatori provenienti da tutto il mondo, la 28esima edizione ha fatto registrare un incremento del 3,82% rispetto alle presenze della precedente edizione, riconfermando British Education and Training Technology (Bett) come la più importante manifestazione a livello globale per quanto riguarda le ultime novità della tecnologia in ambito educativo-didattico. Per quattro giorni, dall’11 al 14 gennaio scorso, l’Olympia Exhibition Centre di Londra si è trasformato in un luogo di incontro per moltissimi insegnanti, sviluppatori di hardware e software, consulenti ed esperti del settore provenienti da tutto il mondo, i quali hanno avuto la possibilità di conoscere le più recenti innovazioni tecnologiche applicate alla didattica, approfondendo l’attuale stato dell’arte del settore a livello internazionale. Nel corso degli anni la fiera è infatti diventata il punto di riferimento, oltre che per il mondo educativo inglese, anche per il mercato internazionale, attirando la partecipazione di numerosi visitatori provenienti da paesi stranieri. Tuttavia, l’internazionalità non ha caratterizzato soltanto il pubblico del Bett. Quest’anno infatti, oltre alle principali novità prodotte nel Regno Unito, si è registrata anche la presenza di stand collettivi che hanno raccolto numerosi espositori provenienti da diverse parti del mondo tra cui Francia, Spagna, Ungheria, Danimarca, Polonia, Svezia, Canada, America Latina, India, alcuni paesi asiatici tra cui il Giappone e molti altri ancora.

La scienza si fa festival

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2012

di Laura Novati

All’Auditorium Parco della Musica di Roma si è tenuto dal 19 al 22 gennaio il Festival delle Scienze, giunto alla settima edizione, che ha visto l’afflusso di 20.000 partecipanti. Un numero consistente, intorno al tema di quest’anno, il concetto del tempo. «Il tema è stato scelto – ha detto Vittorio Bo, direttore artistico del festival – perché rappresenta una dimensione della nostra vita che da sempre, dai Greci sino ai giorni nostri, ha attratto la curiosità e il desiderio speculativo della mente umana», intrigando filosofi e scienziati quanto artisti. Perciò tra gli invitati c’erano Jean Pierre Luminet, astrofisico, scrittore e poeta, seguito da Stefano Benni con il suo reading Che ore sono, dal filosofo Ned Markosian, esploratore della metafisica nel tempo e Giovanni Amelino Camelia, docente alla Sapienza, nominato tre anni fa come l’erede di Einstein, che ha tracciato Una breve storia del Tempo: prima, durante e (forse) dopo Einstein. E ancora: il campione di atletica, Andrew Howe, Oliviero Beha e Stefano Tamorri, presidente degli psicologi sportivi; l’incontro fra un fisico, Julian Barbour, e Giulio Giorello, chiamati a rispondere alla domanda: «Esiste il tempo?». Dunque successo a Roma, come successo ogni anno a Genova al Festival d’autunno, o a Modena sul concetto di natura, ma queste occasioni di incontro, sia pure di alto profilo, quanto incidono sulla cultura diffusa nel nostro Paese? Quanto si fa, in altri termini, per una almeno dignitosa «cittadinanza scientifica»?

Scoprendo l'India

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2012

di Ginevra Vassi

«Chi ama l’India lo sa: non si sa esattamente perché la si ama. È sporca e povera. Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno. Si soffre a starne lontani. Ma così è l’amore: istintivo, inspiegabile, disinteressato»: così la descrive Tiziano Terzani in Un altro giro di giostra. L’India, oggetto della XXIX edizione della Mostra internazionale di illustrazione per l’infanzia da cui sono tratte le immagini che illustrano questo articolo, è senza dubbio un paese incredibilmente complesso. La sua area è pari a circa un terzo di quella degli Stati Uniti e ha una popolazione di oltre 1 miliardo di abitanti con un tasso di crescita dell’1,6% all’anno. Nonostante le lingue nazionali ufficiali siano l’inglese e l’hindi, nei 28 stati delle sette principali regioni del paese si parlano almeno 26 lingue, 1.612 varianti di dialetti differenti rappresentati da 12 alfabeti diversi. La lingua comune più diffusa è l’inglese, parlato da oltre 50 milioni di persone (il 5% della popolazione) mentre è l’hindi la lingua più parlata, con 500 milioni di persone. L’enorme complessità linguistica e culturale di questa enorme popolazione si riflette anche nel mondo editoriale. Prima dell’indipendenza, l’industria editoriale era controllata dal Regno Unito, e ciò per lungo tempo ha determinato una sostanziale omogeneità del mercato. Negli anni Ottanta hanno iniziato a diffondersi i primi editori indipendenti (tra cui Kali, Seagull, Roli). Il decennio successivo ha visto una crescente liberalizzazione che ha permesso alle compagnie straniere di aprire succursali in India, ma fino al 2003 la burocrazia ha fortemente limitato l’export e quindi la crescita del settore.

Di fiera in fiera

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Dicembre 2011

di Elisa Molinari

Fiera di Francoforte, fine del XV secolo: viavai della folla, autori venuti a sorvegliare la vendita del proprio libro e desiderosi di farsi stampare un’opera, letterati in cerca di lavoro, correzioni di bozze. A distanza di più di cinquecento anni, non molto sembra essere cambiato. Le fiere del libro hanno rappresentato (e continuano a essere) il momento d’incontro ideale per gli addetti ai lavori: la negoziazione dei diritti, il lancio di nuovi autori, dense occasioni di aggiornamento e di approfondimento e l’allacciamento di rapporti di collaborazione con i rappresentanti delle editorie degli altri paesi. Questi non sono che alcuni dei motivi per cui le fiere del libro continuano a attrarre i professioni del settore di tutto il mondo e a rappresentare un momento «fondativo» del lavoro editoriale e dell’essere editore.

La crisi del decimo anno?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Dicembre 2011

di Federico Vergari

600.000 titoli venduti; + mezzo milione di visitatori; + alcune decine di migliaia di libri prestati; +8.000 relatori; +2.500 eventi; +400 editori presenti e oltre 300 stand montati nel corso dell’ultima edizione; +120 editori in lista d’attesa; +4.000 editori partecipanti provenienti da tutte regioni d’Italia = 10 anni di Più libri più liberi. In sintesi sono questi i risultati del primo decennio di Più libri più liberi, la Fiera nazionale dedicata alla piccola e media editoria organizzata  dall’Associazione Italiana Editori che quest’anno si appresta a spegnere le sue prime dieci candeline.

10 di questi anni...

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Novembre 2011

di Intervista a Enrico Iacometti

Si è parlato tanto di Più libri più liberi sulle pagine del «Giornale della libreria». Tutti i nostri lettori dovrebbero conoscere ormai benissimo la fiera dedicata alla piccola e media editoria, organizzata dall’Associazione italiana editori al Palazzo dei Congressi di Roma, che compie quest’anno 10 anni dalla sua nascita. Un traguardo importante per una manifestazione che col tempo è cresciuta fino a diventare un punto di riferimento nel panorama fieristico italiano legato al mondo dell’editoria, e che si è consolidata come parte integrante del patrimonio della città di Roma. Ne abbiamo parlato con uno degli ideatori, Enrico Iacometti, presidente del Gruppo piccoli editori dell’Associazione editori.

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rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Novembre 2011

di Federico Vergari

Per celebrare i dieci anni di fiera, abbiamo incontrato dieci personaggi che hanno reso e continuano a rendere unica Più libri più liberi. Lo fanno con il loro impegno politico nelle fila dell’Associazione italiana editori, lo fanno scrivendo quotidianamente sui giornali o raccontandoci i libri attraverso la radio. Lo fanno semplicemente pagando il biglietto e venendoci a trovare e infine anche scrivendo e pubblicando, alimentando cioè il sogno di milioni di italiani, ovvero quello di raccontare la propria storia. Tutti hanno aperto un personalissimo cassetto dei ricordi e lo hanno condiviso con noi. Raccontandoci la sensazione, l’aneddoto o il ricordo che più li lega a Più libri più liberi.

Leggere in piazza

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Novembre 2011

di Giovanni Peresson

Per l’editoria italiana settembre è mese di festival come Natale è mese di libreria. Ormai – dopo il crescendo di Mantova (quest’anno 64 mila i biglietti staccati e circa 40 mila le presenze stimate agli eventi gratuiti – dal 1997 i festival letterari, nelle loro varie declinazioni, generi e formule, fanno ormai parte del panorama e delle agende degli uffici stampa, delle direzioni editoriali e commerciali, delle stesse librerie. Ne fanno parte, dalla fine degli anni Ottanta, dopo il successo (inaspettato) del Salone di Torino (prima edizione 19-23 maggio 1988) fiere e saloni del libro. Si è scritto e detto molto in questi anni sui festival. Sulla dimensione del loro impatto economico sul territorio (le indagini di Ask su Sarzana, o quelle più recenti sul Salone del libro di Torino). Sulla loro funzione di marketing rispetto al progetto editoriale della casa editrice, di lancio di nuovi autori, di rafforzamento del brand di autori consolidati. Ma anche sul loro effetto «promozione»: una delle componenti della crescita della lettura nel nostro Paese in assenza di altre iniziative (+15,7% dal 1998).

Vero/Non vero

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Novembre 2011

di Marco Polillo

L’appuntamento della Buchmesse non vuole essere quest’anno solo l’occasione per fare il punto sullo stato dell’editoria italiana in un confronto con gli altri Paesi. Come indicano i dati del Rapporto Aie 2011, siamo sempre la settima-ottava posizione mondiale e la quarta-quinta in Europa. L’editoria italiana sta soffrendo per la crisi: da quando è iniziata nel 2008, abbiamo avuto riduzioni di fatturato, ma meno di altri settori, rafforzando così la nostra posizione come primo settore per spese dei consumatori tra le industrie italiane dei contenuti (stampa quotidiana e periodica,home video, cinema, tv, musica, etc).

10 anni dopo

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Ottobre 2011

di Emilio Sarno

In attesa di celebrare i vent’anni di Più libri più liberi (Plpl) potrebbe essere interessante, in occasione del decennale, cominciare a interrogarci su come sarà la piccola e media editoria da qui a vent’anni. Indubbiamente quando a dicembre del 2002, al Palazzo dei congressi all’EUR di Roma, si aprì la prima edizione della Fiera, il quadro del mercato nazionale e dello scenario internazionale – con i tre big player (Amazon, Google, Apple) ancora lontani dallo scardinare i paradigmi del commercio e della produzione mondiale di libri (che non fosse l’e-commerce), delle tecnologie agli albori del Web 2.0 con i suoi social network, il self publishing, il mercato mobile e di iPhone e iPad – appariva ben diverso da come appare oggi.

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