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Maggio 2012

digitalDevice
Maggio 2012
Fascicolo digitale

La rivista

All'ombra della crisi
di Gabriele Pepi
 
Abstract
Nonostante la fase più acuta della crisi dell’Eurozona sia passata (almeno a sentire le rassicurazioni dei vari premier europei), il 2012 continuerà a essere duro per la Spagna, sottoposta a una cura da cavallo dal primo ministro Mariano Rajoy. Il progetto di finanziaria 2012 varato a fine marzo dal governo prevede infatti un’ulteriore esplosione della disoccupazione (oggi al 24,3%) e un debito record per il Paese (al 79,8%) per la fine del 2012. Questo è il contesto economico con cui è obbligato a fare i conti anche il mercato editoriale spagnolo che nel 2010, secondo i dati diffusi dalla Federaciòn de Gremios de editores, non è stato immune dalla crisi diffusa che ha colpito tutte le principali editorie europee. Gli ultimi anni sono stati fecondi di cambiamenti anche per l’editoria spagnola: l’emergere e il diffondersi degli e-book (e la conseguente nascita di un nuovo modo di leggere), l’arrivo del self-publishing e di nuove piattaforme di distribuzione (Amazon ha aperto la versione in lingua spagnola del Kindle store ad aprile), la possibilità di realizzare piccole tirature con il print on demand e quella di pubblicare esclusivamente in forma elettronica.
Carta o new media?
di Giovanni Battista Colombo
 
Abstract
L’esperienza quotidiana, sia a livello di consumatore sia come operatori della filiera editoriale, ci presenta una realtà in cambiamento in cui i prodotti cartacei vengono sempre più affiancati da nuovi strumenti di cui si stanno scoprendo le potenzialità ed i valori aggiunti che sono in grado di dare alla fruizione dei contenuti. Il periodo che stiamo vivendo è caratterizzato infatti dalla presenza storica del formato cartaceo, di cui conosciamo bene le caratteristiche e con il quale siamo facilmente abituati a confrontarci, ed dalla presenza di strumenti che stanno aumentando sempre più la loro presenza sul mercato e per cui sono previsti tassi di crescita importanti nei prossimi anni. Viviamo dunque una fase storica di transizione importante che vede tutti gli attori della filiera coinvolti nella ricerca del proprio nuovo modello di business che, oltre ad essere economicamente sostenibile, deve cercare di generare valore per tutti gli stakeholders che sono coinvolti e, soprattutto, per il consumatore finale.
Chi è il nuovo editore?
di Elisa Molinari
 
Abstract
Chi è il nuovo editore? Cosa resta e cosa cambia nel suo lavoro? Questo il fil rouge della quinta edizione di Editech, queste le domande alle quali i relatori risponderanno nelle diverse sessioni della giornata. A cominciare dalla sessione plenaria in cui Michael Healy, direttore esecutivo del Copyright clearance centre, descriverà lo scenario digitale evidenziando i principali trend in atto con un focus particolare sugli Stati Uniti dove i cambiamenti in atto sono più significativi. La conferenza seguirà due binari paralleli: da un lato due sessioni dedicate alla creazione di nuovi prodotti editoriali, dall’altro altre due sessioni incentrate sulla comunicazione e promozione dei prodotti per i motori di ricerca e per i lettori. Nella prima sessione mattutina il tema centrale sarà il ripensamento dei libri e l’immaginazione editoriale: storytelling, nuove forme digitali, spin-off di carta e digitali, riprogettazione e contaminazione transmediale. Tra i relatori, Ana Maria Allessi, vicepresidente e direttore editoriale di Harper media, la divisione di Harper Collins votata alla sperimentazione digitale, e Craig Mod, autore, designer, editore e sviluppatore di svariati progetti che hanno user experience, storytelling e creatività come minimo comun denominatore. L’altra sessione verterà invece sull’importanza strategica del corretto uso dei dati e dei metadati, aspetto spesso trascurato ma che, se ben sfruttato, porta sicuri benefici in termini di visibilità e di ritorno economico. Tra gli altri interverrà anche David Renard di Mediaideas, società americana che ha come parola d’ordine discovery (ovvero il processo di trovare quello che si vuole). Nel mondo Web, è infatti fondamentale per gli editori iniziare a pensare a contenuti personalizzati, indirizzati a specifici segmenti di mercato, ripensati per ogni canale di comunicazione e ottimizzati per i motori di ricerca Reo (Ratings engine optimization).
Confezionare il futuro
di Ester Draghi
 
Abstract
Sempre più spesso, quando si parla delle nuove tecnologie e del digitale in relazione al loro impatto sulla filiera editoriale, si tende a focalizzare l’attenzione su applicazioni, e-book, e-reader e via dicendo, dimenticandosi di come esse invece influenzino anche servizi più tradizionali, quali legatura e confezionamento. Ma cosa si intende effettivamente per innovazione tecnologica applicata ai processi di produzione del libro? «Si può considerare innovazione tecnologica la possibilità di spostare parte delle stampe prodotte in offset verso il digitale. Nel confezionamento invece è meglio parlare di tecnologie che si adeguano al digitale, alle piccole tirature, al modo di stampare che è innovativo e più flessibile rispetto all’offset» specifica Chiara Remondino (presidente di Hrf). «Le esigenze in definitiva non cambiano, gli editori desiderano un prodotto finito, di qualità, in tempi rapidi e queste sono caratteristiche tipiche della filiera digitale. Al massimo si aspettano una maggiore competitività».
Cultura milanese
di Lorenza Biava
 
Abstract
«Dormo sonni tranquilli ormai. Ho consegnato al Centro Apice quattro preziosi scatoloni che saranno catalogati e messi a disposizione di quanti vorranno approfondire la conoscenza dell’impatto che ha avuto una libreria situata nel cuore della città e al centro della cultura milanese». Così ci accoglie Anna Maria Gandini, allegra e gentile come lo è sempre stata in questi 50 anni di attività con tutti i clienti che si sono trovati a passare, anche solo per fare quattro chiacchiere, dalla sua Milano Libri oggi parte del network indipendente delle librerie La Giannella. Aperta nel 1961 la libreria di via Verdi già a partire dall’anno successivo viene rilevata da tre giovani ragazze: Laura Lepetit, editrice de La Tartaruga, Vanna Vettori e Anna Maria Gandini, l’unica delle tre ancora attiva in libreria.
Dal prodotto al contenuto
di Paola Sereni
 
Abstract
Se c’è una lezione che il riassestamento complessivo della filiera ha esplicitato è che l’editore deve poter essere messo nella condizione di fare l’editore. Perché questo sia possibile è necessario che tutta una serie di processi editoriali non strettamente connessi all’elaborazione dei contenuti siano esternalizzati a società come quella fondata in tempi non sospetti (era il lontano 2005) da Carlo Emanuele Bona che, con la sua Promedia Solution, prosegue la secolare tradizione di stampa per l’editoria iniziata nel 1777 dall’avo Vincenzo.
Editoria e conversioni
di Ester Draghi
 
Abstract
Siamo nel pieno di una rivoluzione, quella degli e-book e dell’editoria digitale, ed è quindi opportuno porsi alcune domande riguardo l’adeguatezza delle prassi di lavorazione consolidatesi negli ultimi anni. I pareri di alcuni operatori del settore.
Essere Appetibili
di Elena Vergine
 
Abstract
Tutti concordano che il mercato italiano delle applicazioni si trova ancora nella sua fase preliminare. Eppure si tratta di un segmento vivo e in grande fermento a cui gli editori guardano con molta attenzione.
Fare la differenza
di Roberta Barbieri
 
Abstract
Le librerie indipendenti devono fare i conti con costi di gestione sempre più alti, con la concorrenza delle catene editoriali, con la grande distribuzione organizzata, con margini via via sempre più ridotti. Dall’altra sembra nascere una nuova figura: il lettore-fruitore, cioè un lettore comunque attento al prezzo e alla ricerca dell’offerta vantaggiosa, poco interessato (sembrerebbe) ai consigli del libraio, ma avido lettore dei consigli di altri lettori-fruitori suoi pari. In una situazione quale quella delineata, il gestionale può forse aiutare a fare la differenza. Ne parliamo con i responsabili dei più diffusi gestionali per libreria oggi in Italia.
Finestra sull'Est
di Lorenza Biava
 
Abstract
Era il 1989 e la Romania si preparava a vivere quella sanguinosa rivoluzione che, consumatasi in pochi giorni, avrebbe portato all’esecuzione del dittatore Nicolae Ceausescu e al crollo del regime comunista nel Paese. Unica nazione aderente al blocco comunista dell’Europa orientale in cui il passaggio alla democrazia è avvenuto in maniera non pacifica (si tratta di una delle rivoluzioni più violente tra quelle dell’89 ma a detta di alcuni storici, anche quella che ha prodotto meno cambiamenti), la Romania sembra ancora gravata dal retaggio della storia più recente. La mancanza di un’industria forte nazionale, le misure di austerity per fronteggiare la crisi mondiale prese con troppo ritardo inibendo i consumi in un Paese in cui la corruzione è ancora troppo presente (almeno secondo l’ultimo rapporto di Transparecy International), sono le cause più prossime della difficile situazione economica attuale che fanno della Romania una delle economie più in recessione dell’Europa orientale. Se si prendono in considerazione gli stati dell’Europa centro-orientale – Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia – la Romania, tra il 2003 e il 2008, risultava essere il Paese con la crescita media annua del Pil tra le più alte: il 6,8% (la Polonia, nello stesso periodo, metteva a segno un 5,4%, la Repubblica Ceca il 5,2% e l’Ungheria il 2,8%, solo la Slovacchia registrava una crescita media superiore del 7,4%). Eppure, dal 2009 in poi, l’economia rumena non è riuscita a riprendersi. Il Pil è sceso del 7,1% nel 2009 e di un ulteriore 1,2% nel 2010. Gli altri Paesi, che pur hanno risentito degli effetti della crisi, hanno iniziato a dare segni di ripresa già nel 2010 ma non la Romania che ha continuato a vedere scendere il proprio prodotto interno.
L'unione fa la forza
di Elena Refraschini
 
Abstract
«Sii parte della storia»: così recita lo slogan di Indiebound, una delle più efficaci iniziative targate American Booksellers Association per promuovere il commercio e l’acquisto locale. Tra gli obiettivi primari c’è quello di diffondere a tappeto la consapevolezza riguardo ai benefici del consumo locale, iniziando proprio dalle librerie indipendenti. Ma perché dovremmo «shop indie»? I benefici sono di carattere economico, ambientale e sociale. Per quanto riguarda l’economia, basti pensare che se si spendono 100 dollari in un negozio locale, 68 rimangono alla comunità (e si pagano tasse statali, che si riversano in migliori infrastrutture, sicurezza, sanità, eccetera), mentre la stessa cifra spesa in un negozio di catena lascerebbe alla comunità solo 43 dollari; in secondo luogo, verrebbero creati nuovi posti di lavoro qualificati. L’ambiente trarrebbe grandi benefici dal commercio locale perché necessita di meno imballaggi, meno trasporti e quindi minori emissioni di Co2. A livello sociale, il commercio indie promuove la bellezza e la diversità delle comunità, offrendo all’acquirente un ventaglio di scelte più ampio. Oggi queste proposte si adattano a diversi tipi di commercio al dettaglio, ma forse sono proprio i librai indipendenti ad aver più bisogno di sostegno in questo senso. Non soltanto hanno dovuto subire, dagli anni Ottanta, la concorrenza delle grandi catene (Barnes&Noble, Borders, Books-a-Million, ecc.), ma si trovano oggi a dover essere competitivi in un mercato dove persino le catene (si veda il caso Borders) stanno cadendo vittime dello spietato commercio on line, Amazon in prima fila.
Libri a Kmzero
di Elena Vergine
 
Abstract
Il concetto su cui è basata la libreria è molto semplice e, come spiega il titolare, Renzo Xodo, è tutto racchiuso nel nome: «Kmzero sottolinea la necessità di una maggiore vicinanza ai lettori, al libraio, agli editori. Slowbookstore invece vuole evocare un’idea diversa, una libreria meno nevrotica di quelle a cui ormai ci siamo abituati, come i megastore ad esempio. Grossi centri commerciali dove si vendono anche libri, oppure soprattutto libri, ma dove la qualità dei librai è piuttosto scarsa». Kmzero Slowbookstore potrà contare su un assortimento di circa 20.000 titoli, distribuiti su 250 mq di spazio. All’interno della libreria saranno rappresentati più di 200 editori indipendenti, oltre che i titoli di maggior rilievo delle principali case editrici italiane cui però sarà dedicata solo una piccola parte del negozio, per non rubare spazio ai più piccoli.
Off-set do it better
di Elena Vergine
 
Abstract
Chi l’ha detto che la stampa digitale finirà per rendere obsoleta la stampa off-set? A dir la verità in molti eppure qual è effettivamente lo scenario attuale? Luigi Bechini (responsabile marketing di Geca Industrie Grafiche) rivela che sul blog di Geca si sono divertiti a verificare le previsioni fatte negli ultimi dieci anni dai vari «guru digitali» riguardo lo sviluppo dell’e-book e ne risulta che i tassi di penetrazione e di crescita del libro digitale sono stati sistematicamente e drasticamente sovrastimati. «In Italia l’e-book vale oggi intorno allo 0,1-0,2% del mercato, mentre in Usa e Uk si aggira intorno al 7%. Stiamo parlando di un fenomeno importante, ma certamente non tale da mettere in discussione l’esistenza del libro di carta: convivenza e meticciato editoriale, non sostituzione. Spesso si tende a esagerare l’impatto delle nuove tecnologie. C’è una sorta di tecno-feticisimo che individua in un’unica innovazione il fattore che cambierà il mondo. Invece l’innovazione tecnologica non fa quasi mai tabula rasa dell’esistente, ma ne migliora alcuni aspetti. Noi per esempio abbiamo appena lanciato xquote.it, la prima piattaforma professionale di preventivazione on line dedicata agli editori. É uno strumento nuovo e unico in tutta Europa che consente all’editore forti risparmi in termini economici, ma anche di tempo».
Oltre il libro
di Giorgio Kutz
 
Abstract
In questa nuova rubrica cercheremo di dare visibilità a prodotti per tablet derivati dai libri. Quindi non alle versioni digitali «piatte» – in ePub o Pdf , ma alle «mutazioni genetiche» più interessanti, per la ricerca di nuove dimensioni o per lo sfruttamento delle nuove potenzialità disponibili. Esamineremo prodotti di editori e non editori, ma il fil rouge sarà sempre e solo l’origine, nel libro su carta.
Piattaforme ed editori
di Elena Vergine
 
Abstract
Solo 15 anni fa non sembrava che una possibilità lontana, oggi l’e-commerce è una reltà, in Italia e nel mondo e il settore editoriale è stato uno dei primi a intuirne le potenzialità. Poi, come ricorda Davide Giansoldati (managing director di DGLine srl) «dopo gli editori a sostenere l’e-commerce sono arrivati i player del mondo dell’elettronica e del turismo, seguiti poi dalle assicurazioni. Chi più chi meno, avevano tutti un “retro-messaggio” nelle proprie campagne di comunicazione: comprare su Internet è sicuro, facile e veloce. Il risultato? L’84% degli utenti italiani afferma di aver effettuato acquisti on line negli ultimi mesi [Fonte Casaleggio Associati/Ispo, 2011]». Parlando dell’evoluzione dell’e-commerce non si può dimenticare il ruolo che ha giocato «Google con l’innovazione qualitativa nelle ricerche che ha reso più semplice la navigazione degli utenti e l’avvento dei social network. Non si può non citare poi realtà come Hoepli.it, Bol.it, laFeltrinelli.it e Amazon con le loro innovazioni, promozioni e stimoli: c’è sempre da imparare dalle scelte e dai risultati degli altri player del settore. Ora nel 2012 l’e-commerce nel settore editoriale è una realtà affermata e in continua crescita. L’avvento degli ebook darà nuova linfa e aprirà nuove possibilità e opportunità».
Promuovere il libro
di Lorenza Biava
 
Abstract
I canali di vendita stanno rapidamente mutando e con essi le reti di promozione. Anello indispensabile tra librerie ed editori, la promozione è oggi chiamata ad affrontare la sfida dell’on line ma anche delle catene e del franchising, formule che richiedono, e richiederanno, sempre più alla promozione un approccio diverso rispetto a quello già collaudato con le libreria tradizionale.
Romania ieri e oggi
di Laura Novati
 
Abstract
Nel crogiuolo degli Stati balcanici nati dalla dissoluzione dei grandi imperi, asburgico e ottomano, e in base ai trattati di Versailles del primo dopoguerra, la Romania ha ospitato e ospita una molteplicità di minoranze etniche e linguistiche per cui la sua cultura, prima che nazionale, ha continuato ad essere cultura regionale, a seconda delle zone di appartenenza e di influenza e nonostante i tentativi di repressione forzata. Anche i rapporti con l’Italia, dopo la prima immigrazione italiana in Romania alla fine dell’Ottocento, si fecero più rilevanti durante il ventennio fascista e sono tornati ad essere importanti negli ultimi vent’anni, e in due sensi: di italiani stabilitisi in Romania come imprenditori e di rumeni entrati in Italia in cerca di lavoro. Non è un caso che la prima minoranza religiosa in Italia sia oggi la Chiesa ortodossa rumena, diventata autonoma dal patriarcato di Mosca nel 1925. A dimostrazione dei flussi e riflussi storici, secondo stime attuali, in Romania vivono oggi circa 20.000 italiani, soprattutto concentrati nel Banato (zona di Timisoara) e nella Transilvania, ma si trovano poi in quasi tutte le regioni della Romania, dove hanno creato piccole o medie imprese ed esercizi commerciali. Accanto agli italiani di recente immigrazione, vi è quindi la minoranza italiana storica (stimata sulle 9.000 persone) in particolare membri dell’Associazione degli italiani in Romania Roasit, la più grande e importante comunità italiana del Paese.
Spagna letteraria
di Gaia Weiss
 
Abstract
L’esule e l’esilio sono certamente un’invenzione romantica, proprio per lo stretto rapporto che stabilivano tra individuo e identità nazionale. Se quest’ultima non esisteva se non in fieri o da conquistare con dura lotta, ne nasceva di conseguenza una doppia fisionomia culturale. Questa duplicità si è riproposta in molti modi nel ‘900, in stretta relazione con l’esistenza – e la violenza – delle dittature che si sono abbattute con particolare ferocia, come inevitabile, sui ceti intellettuali, su artisti, poeti, scrittori; in fondo, sempre le vere voci della «nazione» o dell’anima profonda di popoli calpestati. Non ha fatto eccezione la Spagna nello scorso secolo, specialmente dai «Giorni del ‘36»; è inutile chiederselo, eppure è suggestivo domandarsi che cosa sarebbe successo se la repubblica fosse riuscita a resistere sei mesi ancora: la Spagna sarebbe entrata in guerra a fianco degli alleati, contro i nazifascismi e certo la sua storia – e quella dell’Europa – sarebbe stata diversa… È certo comunque che dal 1939 al 1973, quando esce Si te dicen que caí di Juan Marsé del 1973, l’ultimo romanzo spagnolo che dovette essere pubblicato all’estero per ragioni di censura la letteratura maggiore spagnola è quella dell’esilio; con una singolare inversione: quando finalmente gli spagnoli ebbero libertà di parola, avevano già cominciato ad accogliere altri esuli della stessa area linguistica, i profughi delle tante dittature e disastri latino-americani.
Spagna... me gusta leer
di Ilaria Barbisan
 
Abstract
È uscita a gennaio di quest’anno l’ultima versione dell’inchiesta annuale sulle abitudini di lettura e di acquisto di libri in Spagna (Hábitos de lectura y compras de libros 2011). Con alcune modifiche rispetto agli anni precedenti – che riguardano ad esempio il calcolo della lettura digitale piuttosto che la distinzione tra lettura nel tempo libero e lettura per motivi scolastici o lavorativi – lo studio mira ad offrire una panoramica quanto più esaustiva possibile su tutti gli aspetti riguardanti la lettura degli spagnoli. Ma cosa emerge da quest’ultima edizione? Niente di nuovo rispetto agli anni precedenti. La lettura di libri continua a crescere, a piccoli punti percentuali, e si attesta nel 2011 al 61,4% (rispetto al 60,3% del 2010). Le donne leggono in misura maggiore rispetto agli uomini, registrando 7,4 punti percentuali in più e confermando un dato in comune a tutti gli altri Paesi europei per cui la lettura può essere definita «rosa», specialmente quella effettuata per puro piacere e non per motivi di studio o di lavoro. Sono i giovani (soprattutto gli studenti) a presentare gli indici di lettura più alti, ma la percentuale si abbassa progressivamente man mano che si va avanti con l’età fino ad arrivare al 36,7% tra le persone oltre i 65 anni. Per quanto riguarda invece il titolo di studio, la lettura è più diffusa tra gli universitari (85,3%) e cala con livelli di educazione più bassi, come dimostrano i 48,3 punti percentuali di differenza tra i lettori di libri che hanno una formazione primaria e coloro i quali hanno fatto gli studi universitari. Un’altra conferma di quanto emerso negli anni precendenti è la concentrazione della lettura nelle aree metropolitane dove ci sono più infrastrutture, più benessere, più offerta culturale.
Stampare in digitale
di Elisa Molinari
 
Abstract
L’abbassamento del numero delle tirature (quella media è di 2.7oo copie; nel 1990 di 5.000), la richiesta di una qualità di stampa elevata, interfacce facili da usare: queste alcune delle nuove esigenze che stanno emergendo in campo editoriale. Una delle soluzioni più interessanti è rappresentata dalla stampa digitale, tecnologia che negli ultimi anni ha conosciuto una crescita esponenziale sia a livello quantitativo che qualitativo. I vantaggi? L’abbattimento dei costi di magazzino e dell’invenduto, la riduzione del time to market e l’apertura a nuovi canali di vendita e nuove nicchie di mercato. Ne abbiamo parlato con i fornitori di tecnologia e stampatori per conoscere caratteristiche e punti di forza di questo settore.
Tempi di meltin'pot
di Elena Vergine
 
Abstract
Camminando lungo le vie delle città capita sempre più spesso di imbattersi in inusuali e sorprendenti formule di negozio. Non stiamo parlando di grandi negozi e catene di abbigliamento, moda, articoli per la casa o il tempo libero. Parliamo proprio dei cosiddetti esercizi a «conduzione familiare», i punti vendita indipendenti. Travolti dalla trasformazione del commercio (e urbanistica: leggi costo dell’affitto), delle modificazioni dei tradizionali poli urbani legati alla trasformazione (e speculazione immobiliare) delle ex aree industriali: Milano che tra anni Novanta e primo decennio del XIX secolo, da città «monocentrica» (Piazza Duomo e dintorni) diventa policentrica e diffusa. Travolti dalla trasformazione del commercio ma anche (ben più importante) da quella dei comportamenti e dei bisogni del cliente iniziano a nascere e a intravvedersi nuove «formule» di commercio al dettaglio su piccole e medio piccole superfici. Nuovi concept di negozio che (ri) propongono prodotti/servizi tradizionali (dal cibo al tempo libero, ecc.), ma i cui «valori aggiunti» costituiscono un elemento di innovazione a cui la libreria – quella a conduzione familiare – sembra restare largamente ai margini. Sul numero di marzo del «GdL» avevamo fatto vedere come bambine e bambini di 8-10 anni immaginano, disegnando la loro libreria dei sogni, basandosi su modelli e approcci completamente diversi rispetto a quelli tradizionali: ambienti immersivi, ricchi di servizi ludico-tecnologici, contaminata tra luna-park e biblioteca. Sarà il cliente e lettore del futuro: di librai ed editori. Non è che questa visione innovativa non abbia mai percorso il mondo della libreria. Ma quando lo è stata – e lo è stata – si è mossa lungo successivi binari morti.
Una questione editoriale
di Sandro Pacioli
 
Abstract
La presenza e diffusione di quelle che per semplicità definiamo «nuove tecnologie» e costituiranno un indicatore importante con cui le case editrici e le industrie dei contenuti dovranno fare i conti. Quasi più dello stesso indice di lettura. Dal più semplice – il numero di persone che utilizzano Internet – a quelli più complessi che prendono in considerazione la presenza (la dotazione) di tecnologie digitali e informatiche nelle famiglie italiane, le situazioni in cui si accede al Web, si effettuano attività di e-Commerce (magari in mobilità), ci si collega a social network (per quanto tempo e per fare che cosa), si Twitta, ecc. Tutte queste attività obbligano a ridisegnare gli stessi prodotti editoriali. Ad esempio se guardiamo a come è cambiato – in un arco relativamente ristretto di anni (dal 2005 al 2011) – l’uso di Internet nella popolazione italiana vediamo chiaramente delineato lo scenario futuro con il quale le industrie dei contenuti dovranno confrontarsi. Se nel 2005 era il 31,8% che utilizzava Internet, sei anni dopo questo valore diventa il 51,5%. A questo aspetto «ottimistico» della questione corrisponde però il fatto che solo il 62% delle famiglie italiane dispone di un accesso Internet da casa. La Spagna è al 64%, la Francia al 76%, la Germania all’83%, il Regno Unito raggiunge l’85%. Per non parlare di Olanda (94%), Svezia (91%), Danimarca (90%). E non sembri un semplice discorso «tecnologico». Dietro ci sono competenze e abilità che si sono create, abitudini che aiutano a dare distanze e tempi di future (o presenti) evoluzioni. Anche nelle attività di e-commerce o di lettura di e-book.

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