Il tuo browser non supporta JavaScript!
Vai al contenuto della pagina

Internazionalizzazione

Go international!

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Dicembre 2015

di Alessandra Rotondo

Il mondo è diventato più piccolo. O semplicemente più vicino. Di culture inesplorate ne sono rimaste poche e, finita la fase dell’esotismo, anche l’approccio al geograficamente e culturalmente «altro» è diventato un affare da sbrigare nel quotidiano, con la giusta dose di confidenza e preparazione. Gli editori, in questo senso, hanno sicuramente rappresentato un vettore di avvicinamento e di familiarizzazione: proponendo al proprio pubblico le opere straniere in traduzione, immergendosi e selezionando, tra le proposte estere, quei testi che immaginavano avrebbero incontrato il successo a casa propria. Senza ripercorrere l’iter che dai letterati editori e traduttori arriva a consolidare i canoni di una traduzione più rispettosa e «culturalmente onesta», è interessante conoscere alcuni tra gli strumenti – italiani e non solo – che oggi fanno da vettori di internazionalizzazione per l’editoria. Sia dal punto di vista della promozione delle editorie nazionali all’estero, che da quello della compravendita dei diritti di traduzione e pubblicazione da un Paese all’altro.

Far conoscere le eccellenze

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Ottobre 2015

di Emilio Sarno

In anni non molto lontani, un titolo ogni quattro pubblicati dagli editori italiani era la traduzione di un libro straniero. Nel 2014 siamo scesi al 17%. Nel 2001 vendevamo ai nostri colleghi stranieri diritti di edizione per circa 18 mila titoli. Oggi sfioriamo i 5 mila. Certo, continuiamo a comprare più di quanto vendiamo, perché i lettori in Italia saranno pochi, ma questi pochi sono molto curiosi e vogliono leggere quanto di meglio le letterature e le editorie dei vari Paesi stampano per i loro lettori. In questi anni è avvenuta una silenziosa ma importante trasformazione. Abbiamo imparato a pensare ai libri non più solo guardando al nostro cortile di casa, ma anche alle possibilità offerte da un mercato sempre più internazionale e in cui la libera circolazione dei diritti di edizione costituirà l’asse portante degli sviluppi futuri.

Mappa ragionata della narrativa italiana

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Ottobre 2015

di Andrea Tarabbia

Dove va la narrativa italiana oggi? Quali generi e sottogeneri esplora? Qual è il rapporto che intrattiene con le letterature degli altri Paesi? Ma soprattutto: quali tendenze internazionali assorbe e fa proprie, in qualche modo «italianizzando» i motivi che danno forma alle letterature del mondo? Se, da un lato, non è semplice fornire risposte esaurienti a queste domande, dall’altro è pur vero che cercare di comprendere che cosa, e come, si scrive nell’Italia di oggi può gettare una luce sulla temperie culturale del nostro Paese e aiutare a capire come si muovono le scelte editoriali, svelando i suoi gradi di parentela con le maggiori editorie straniere. In questo senso, un portale come BooksinItaly costituisce un osservatorio privilegiato.

Se non ci fossero gli italiani!

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Ottobre 2015

di Giovanni Peresson

La narrativa rappresenta, tra quella d’autore italiano e quella d’autore straniero, il 36-37% delle vendite a valore e il 38-39% delle vendite in numero di copie (mentre in termini di titoli si tratta del 26-27% di quelli pubblicati). Questo vuol dire che ogni cento copie di libri venduti in librerie indipendenti o di catena, dai banchi libro della Gdo o acquistati negli store on line, quasi quaranta sono opere di narrativa. Quello della narrativa è un settore che nel 2014, nel suo complesso, aveva fatto segnare una flessione a valore del -4,3%, superiore alla media (purtroppo negativa) del mercato complessivo (-3,8% a valore e -6,5% a copie secondo Nielsen; -2,7% per GfK). Ma all’interno della narrativa l’andamento è tutt’altro che omogeneo.

Tradurre le copertine

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Ottobre 2015

di Giovanni Baule

Pubblicare un romanzo tradotto significa spesso «tradurre» anche le copertine. Ma possiamo individuare e tracciare alcune linee che hanno guidato gli editori stranieri nel tradurre con il romanzo anche la copertina? Fatto che già di per sé implica un modo e un atteggiamento diverso rispetto all’attività del tradurre. Un’idea estesa di «traduzione» ci consente così di vedere con uno sguardo diverso e più ampio l’insieme del lavoro editoriale. Per quanto riguarda le copertine, e a maggior ragione quelle dei libri di traduzione, si può parlare di traduzione visiva.

Geopolitica dell'export

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2015

di intervista a Fabio Del Giudice

Uno degli strumenti principali per favorire la diffusione della nostra editoria fuori dai confini nazionali è rappresentato dagli incentivi alle traduzioni, una prassi largamente diffusa nelle principali editorie mondiali che, coprendo in tutto o in parte uno dei maggiori costi editoriali per l’edizione di testi di autori stranieri, aiuta gli editori esteri che ne fanno richiesta con la traduzione. I dati diffusi dal Ministero degli Affari esteri per l’ultimo biennio consentono di tracciare una mappa geo-editoriale dei Paesi da cui provengono le richieste e verso i quali sono stati destinati i contributi.

Ibf: il rights center del Salone di Torino

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2015

di Redazione

Lunedì 18 maggio ha chiuso i battenti la XXVIII edizione del Salone internazionale del libro di Torino con risultati molto positivi, anche confrontati con il 2014. All’interno della kermesse sta assumendo sempre maggiore importanza l’International book forum (Ibf), ovvero il rights center della Fiera, creato per favorire gli incontri mirati tra gli editori italiani e stranieri, gli agenti letterari e i produttori cinematografici e televisivi, provenienti da tutto il mondo. Gli editori italiani presenti al Salone hanno così la possibilità di accedere gratuitamente all’area e di creare una propria agenda di appuntamenti attraverso il profilo on line presente sul sito. L’ibf si inserisce in un progetto integrato più ampio dedicato all’internazionalizzazione della filiera dell’editoria, della grafica e della cartotecnica realizzato da Ceipiemonte (Centro estero per l’internazionalizzazione). Nel 2015, inoltre, è stato confermato il supporto e la collaborazione anche da parte di Ice, l’agenzia governativa finalizzata alla promozione all’estero e all’internazionalizzazione delle imprese italiane. Abbiamo chiesto a Emanuela Riccio, event manager dell’International book forum, di avere un quadro generale su questa attività sempre più fondamentale della manifestazione torinese.

Il Brasile non fa più boom

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2015

di Pasi Loman

Negli ultimi anni, i professionisti del settore editoriale, presenti alle fiere internazionali di settore, hanno esaltato il boom del mercato editoriale in Brasile. Il Paese sudamericano è stato infatti invitato come ospite d’onore alle più importanti fiere internazionali, tra cui quelle di Francoforte, Bologna, Göteborg e Parigi. Storie riguardanti incredibili offerte a sei cifre negoziate in tempi rapidissimi e di dati di vendita dell’ordine delle centinaia di migliaia o addirittura milioni di copie hanno tenuto banco nei bar e negli uffici, da New York a Oslo. Malauguratamente, però, sembra che alla London Book Fair di quest’anno siano stati i risultati dei Paesi sudamericani di lingua spagnola a suscitare scalpore tra agenti e editori, non quelli del Brasile.

Diritto d'autore: cosa succede in Ue?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2015

di Piero Attanasio

Eravamo abituati al fatto che il diritto d’autore fosse materia per specialisti, lontano dalle pagine dei giornali o dai programmi politici. Persino nelle università era difficile trovare corsi dedicati: qualche opzionale degli ultimi anni, un modulo nei corsi di diritto industriale, poco altro. Come in ogni comunità di specialisti, noi tutti – giuristi, economisti o rappresentanti di interessi – ci siamo cullati sull’esclusività delle nostre competenze, esplorando i più nascosti meandri di una materia complessa, spaccando in quattro ogni capello e dando per scontati i fondamenti. Dall’altro lato, fuori dalle nostre chiuse stanze, il diritto d’autore restava uno sconosciuto, irrilevante e talvolta fastidioso. Eravamo impreparati quando d’improvviso il diritto d’autore è divenuto una breaking news, trasformato in protagonista da chi muoveva all’attacco del suo impianto. Chi avrebbe immaginato, solo dieci anni or sono, che ci sarebbe stata in Parlamento europeo una rappresentante del Partito pirata? La reazione è stata finora – riconosciamolo – non adeguata: elitista, appunto. Un’alzata di sopracciglio di fronte alle imprecisioni tecnico-giuridiche (che a volte erano vere bestialità) dei nuovi interlocutori e il tentativo di riportare la discussione sui nostri terreni preferiti, da altri percepiti come cavilli. Era sui fondamenti del diritto d’autore, sul suo ruolo nella società digitale che eravamo invece chiamati a rispondere, senza dare nulla per scontato. È in questo quadro che si inserisce la cronistoria europea che si vuole qui raccontare.

Libri italiani in Germania

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2015

di Piero Salabè

C’era una volta l’Italia che piaceva alla Germania. Erano gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Era un’Italia più povera, più contadina, più comunista, più fantasiosa, più diversa socialmente e più vicina culturalmente, più «sorella» di quanto non lo sia ora. Era l’epoca in cui i Paesi al di qua della cortina di ferro erano forse più uniti, più ravvicinati. Per i tedeschi poi l’Italia era il primo «sud» a portata di mano, raggiungibile via terra in un tempo in cui si volava poco; la meta di evasione per antonomasia per generazioni di tedeschi colti che, oltre ai tesori culturali, cercavano il sole, il cibo e il temperamento mediterraneo.

La via americana

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2015

di Elena Refraschini

«Non si può inventare un algoritmo che sia bravo quanto un libraio a consigliare libri», ha detto John Green all’annuale conferenza dell’American Bookseller Association, che ha raccolto lo scorso febbraio oltre 500 librai in North Carolina. Secondo i dati dell’associazione, che vanta tra i suoi membri più di 2.000 librerie indipendenti sparse in tutti gli Stati Uniti, dal 2009 all’anno scorso hanno aperto 440 nuove librerie «indie», con un incremento del 27%. Inoltre, le vendite di dicembre 2014 sono aumentate del 9% rispetto a quelle dello stesso periodo nel 2013. Questi dati hanno stupito non poco gli addetti ai lavori ed esprimono una decisa inversione di tendenza: dopo la caduta delle grandi catene schiacciate dal peso dei giganti on line, stiamo assistendo alla fioritura dei negozi indipendenti. Quali sono gli elementi di questo successo? Dopo l’intervista a Micheal Reynolds pubblicata sullo scorso numero (E. Vergine, Il Rinascimento americano, «GdL»,3, marzo 2015, pp. 42-44), continuiamo la nostra inchiesta intervistando alcuni dei librai americani più intraprendenti. Sicuramente servono qualità e costanza, ma a volte il successo della libreria è decretato anche dal saper cogliere le opportunità al volo: come quando un libraio della libreria Third Place Books, sfruttando la disputa Amazon/Hachette che non rendeva possibile pre-ordinare le copie del nuovo libro della Rowling, decise di rendere disponibile il pre-ordine nella sua libreria e di consegnare a mano le copie nella città di Seattle. Anche i nostri interlocutori si sono distinti in questo senso: Green Apple ha installato scaffali di libri usati nei bar, portando fuori dai confini della libreria la propria attività; Book Passage organizza conferenze e corsi che attirano insegnanti e alunni da tutto il mondo (quella dedicata alla scrittura di viaggio quest’anno ospiterà anche Isabelle Allende e Tim Cahill); Boulder ha reso disponibile l’intero catalogo della Naropa University, la più grande università buddista negli Stati Uniti.

Il Rinascimento americano

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2015

Autori vari

Di fronte alla generale crisi della filiera del libro, con le librerie indipendenti e di catena che faticano sempre più a reggere la concorrenza dell’e-commerce, la situazione americana ha dell’incredibile: le librerie indie, che sembravano soffrire delle stesse difficoltà che scontavano le loro sorelle oltreoceano, sono infatti inaspettatamente rifiorite. Per gran parte degli anni Novanta e Duemila, i librai indipendenti americani hanno sofferto a causa dell’espansione aggressiva delle grandi librerie di catena come Barnes & Noble e Borders. Eppure se quest’ultimo ha cessato le attività nel 2011, B&N non se la passa meglio e, dopo aver perso centinaia di milioni di dollari a causa del suo Nook, oggi sta chiudendo o ridimensionando i suoi punti vendita nel tentativo di tornare a concentrarsi sul suo core business originale. Naturalmente però, la minaccia più grande per le librerie indipendenti continua ad essere Amazon. Dal 2000 al 2007 hanno chiuso i battenti circa 1.000 librerie indipendenti americane, tra le quali diverse librerie storiche. Nel 2009 però la decrescita è cessata e, secondo i dati dell’American Bookseller Association il numero delle indipendenti è cresciuto di circa il 20% dal momento più nero della recessione ad oggi, passando dalle 1.651 del 2009 alle 2.094 del 2014. Ma come si spiega questo fenomeno? Gli addetti del settore italiani guardano con interesse alla libreria indipendente americana e alla crescita che ha registrato in un periodo così difficile per il mondo del libro, ma spesso non ne conoscono a fondo i meccanismi che ne regolano l’attività. Ne abbiamo parlato con Michael Reynolds, editor in chief di Europa Editions.

Inserire il codice per il download.

Inserire il codice per attivare il servizio.