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Internazionalizzazione

Copyright e licenze nell'era del Web

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Richard Hooper

Negli ultimi anni le realtà facenti parte del settore creativo, come le case editrici e le aziende che si occupano di tecnologia, si sono fatte la guerra inutilmente. Credo sia giunto il momento di chiudere questa fase e iniziare una proficua collaborazione a beneficio degli utenti, che ormai sono allo stesso tempo consumatori, cittadini e creatori di contenuti (basti pensare alle attività che conducono sui propri profili Facebook o quando caricano video su YouTube). Gli editori oggi – a meno che non rinneghino la realtà digitale globale di cui sono parte, così come i rapidi cambiamenti strutturali operati dal digitale al loro tradizionale mondo analogico – si trovano costretti ad abbracciare la tecnologia, che si tratti di e-book o di Digital object identifiers (Doi). La parola «contenuto» è particolarmente interessante. La utilizziamo per indicare ciò che gli autori producono, ma il suo significato implica delle considerazioni. Implica ad esempio il suo essere racchiusa in qualcos’altro: il contenitore. La sostanza di un prodotto è il contenuto senza il quale il mero contenitore diventa inutile. Allo stesso modo, il contenuto di per sé necessita di un contenitore per essere apprezzato. Senza l’impalcatura di sostegno, gli investimenti, la rete distributiva, i dispositivi di fruizione, il marketing, èdifficile che un contenuto realizzi appieno il proprio valore. È qui che entrano in gioco il copyright e il sistema delle licenze. Molte aziende che si occupano di tecnologia forniscono il (o componenti del) contenitore» – software e hardware, prodotti e servizi – e distribuiscono i contenuti ai consumatori/utenti/autori all’interno di quel mondo globale e convergente in cui tutti viviamo.

I trend del mercato Usa

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Elena Vergine

Come stanno cambiando i mercati del libro e in che modo fiere ed eventi ad essi dedicati rispecchiano tali cambiamenti? Dopo l’intervista a Ernesto Ferrero (direttore editoriale del Salone del libro di Torino) sul «GdL» di maggio e quella a Juergen Boos (direttore della Fiera del libro di Francoforte) sul numero di giugno, proseguiamo la nostra inchiesta passando dall’Europa agli Stati Uniti con Steven Rosato (direttore di Book Expo America).

Il valore della cultura

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Lorenza Biava

La Federazione degli editori europei (Fep), che raccoglie ventotto associazioni nazionali dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo, tra cui l’Aie, ha recentemente eletto il suo nuovo presidente, Pierre Dutilleul, direttore delle relazioni esterne di Editis, il secondo più grande gruppo editoriale francese. Con lui abbiamo parlato dell’Europa del libro, delle priorità per la Fep e delle azioni concrete che potrà promuovere l’Italia durante il periodo di presidenza della commissione europea.

In altre parole

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Michela Gualtieri

Il traduttore editoriale svolge un ruolo importante per il successo di un’opera straniera e rende possibile l’internazionalizzazione del mercato del libro e l’import-export di titoli tra Paesi di lingua diversa. Una figura per il lettore discreta e sfuggente che però ricopre una funzione culturale di grande rilievo e responsabilità. Ma come lavorano i professionisti del settore? Quali sono le difficoltà e le gratificazioni di questo mestiere? Abbiamo chiesto a quattro note traduttrici di raccontarci la loro esperienza.

Islanda, isola di cultura

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Elena Refraschini

L’Islanda è un Paese che non smette di affascinare. Sono ormai innumerevoli i libri o gli incontri a essa dedicati: un fascino che deriva anche dalla peculiarità dei suoi paesaggi e della sua storia. Forse non tutti sanno, però, che l’Islanda è anche il paradiso della lettura: secondo indagini condotte dall’Università di Bifröst nel 2013, più del 50% della popolazione legge almeno 8 libri l’anno, e più del 93% ne legge almeno uno. L’islandese è la lingua scandinava più conservatrice in fatto di vocabolario, ortografia e grammatica, e grazie a questa scarsa evoluzione nel tempo anche i bambini di oggi riescono a leggere senza difficoltà le leggendarie saghe antiche. Pare anche che esistano diverse panchine pubbliche corredate da un Qr code che può essere «fotografato» con il cellulare per leggere un racconto mentre si aspetta il bus. Anche per gli amanti della letteratura, insomma, l’Islanda è una destinazione molto interessante. Per saperne di più, abbiamo rivolto qualche domanda a Silvia Cosimini (www.silviacosimini.com), una delle maggiori traduttrici italiane dall’islandese (sue sono le traduzioni, per esempio, dei romanzi di Jón Kalman Stefánsson, usciti presso Iperborea, tra cui l’ultimo, intitolato Il cuore dell’uomo).

Un mondo di possibilità

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Ester Draghi

La mission di Casalini Libri è da oltre cinquant’anni la fornitura di libri e periodici pubblicati in Italia (ma anche in Spagna, Francia, Portogallo e Grecia) a biblioteche e istituzioni di tutto il mondo. Per rispondere alle attuali esigenze di business degli editori italiani Casalini sta oggi allargando la propria area di attività – che tradizionalmente si collocava nei mercati di Europa, Nord America e Australia – verso nuove aree emergenti come la Cina e l’America Latina. Le attività di Casalini all’estero costituiscono così un interessante osservatorio che ci aiuta a capire come stanno cambiando le dinamiche riguardanti il mercato accademico e universitario a livello globale, ma anche, più in generale, come si muove l’interesse per la cultura italiana nel mondo e in che direzione stanno andando i modelli più diffusi di prestito digitale. Di questo e altro abbiamo parlato con Antonella Fabbrini (responsabile commerciale editori Casalini Area Digital).

L'evoluzione della Cina del libro

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2014

di Elena Refraschini

Si conclude con la Cina il nostro viaggio alla scoperta delle editorie dei Paesi emergenti cominciata lo scorso dicembre con l’editoria del mondo arabo per poi passare a indagare i mercati di Turchia, Russia, Brasile, India e Sudafrica. Il mercato editoriale cinese ha subito enormi cambiamenti negli ultimi vent’anni. Se, infatti, negli anni ’80 e ’90 l’industria era completamente controllata dallo stato, di recente sono state allargate le maglie dei controlli sulle iniziative private anche in questo settore: sappiamo quindi che esistono 580 case editrici statali, ma non abbiamo numeri ufficiali per quanto riguarda il lato privato del business, che dimostra peraltro una professionalità e una consapevolezza delle regole del mercato di altissimo livello (come dimostra il fatto che spesso accade che un grande editore statale decida di comprare un indipendente di qualità, come nel caso di Boji Tianjuan, entrato a far parte del China South Publishing). Circa il 40% delle imprese editoriali ha sede a Pechino, il 7% a Shanghai e il resto nei vari centri provinciali (molti editori specializzati hanno sede nei capoluoghi di regione, mentre quelli generalisti lavorano dalla capitale). Sempre maggiori opportunità si aprono, inoltre, nel campo della cooperazione internazionale, non più solo nella co-produzione di alcuni titoli, ma anche nella possibilità di joint venture (come nel caso di JV Hachette e Phoenix).

Le novità di Francoforte

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2014

di Edward Nawotka

È passato un mese dall’ultima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, occasione che ci permette di fare qualche riflessione su come stanno cambiando gli eventi fieristici a livello europeo. Nonostante, infatti, le nuove tecnologie abbiano rivoluzionato il modo di fare affari permettendo agli operatori professionali di acquistare diritti e scambiarsi informazioni in tempo reale da un capo all’altro del mondo, saloni e fiere come Torino o la Buchmesse rappresentano ancora un’imperdibile opportunità di consolidare o instaurare relazioni, di aggiornarsi professionalmente, di fare business. Il 2015 sarà un anno importante perché da un lato vedremo concretizzarsi la partnership tra il Salone di Torino e la Buchmesse, con la Germania come Paese ospite della manifestazione italiana, dall’altro la Fiera di Francoforte introdurrà alcuni importanti cambiamenti, sia strategici che logistici, nell’impianto dell’evento di cui diamo conto nell’intervista di Edward Nawotka (Editor in Chief di «Publishing Perspectives» e collaboratore abituale del «GdL») a Juergen Boos (direttore della Fiera del Libro di Francoforte). Mutamenti di cui speriamo si possa giovare al più presto anche l’Italia, per il momento nient’affatto soddisfatta della prima ipotesi di collocamento prospettata dalla Fiera. Del resto, quella del nostro Paese resta pur sempre la sesta/settima editoria mondiale e l’auspicio dell’Aie è che l’Italia possa riguadagnare al più presto, anche logisticamente, una posizione di primo piano nel contesto fieristico internazionale.

Un sito per vendere diritti

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2014

di Giovanni Peresson

Il mercato editoriale italiano, oltre a soffrire di una cronica (e strutturale) carenza di lettori, ha un’altra peculiarità che lo rende diverso da quello degli altri Paesi e di cui poco si parla al di fuori del settore: il nostro mercato linguistico coincide con i confini geografici del nostro Paese. I 59,7 milioni di italiani residenti (e di cui solo il 43% legge dei libri) coincide con l’interezza del nostro mercato, contrariamente a quanto avviene per altre editorie: in primo luogo quelle anglofone e quelle di lingua spagnola ma, sia pure in misura minore, il discorso vale anche per quella francese o per quella tedesca. Cala l’incidenza delle traduzioni da lingue straniere (dal 23-24% del 2002 al 19%-20% di oggi) e cresce, di contro, il numero di titoli i cui diritti gli editori italiani hanno iniziato a vendere all’estero (dai circa 1.800 del 2001 agli attuali quasi 4.300), cosa ancor più evidente in un settore come quello dei libri per bambini che, dalla situazione di saldo negativo del 2010, passa ad una del tutto opposta: vendiamo più di quanto compriamo. Uno sforzo – e un risultato – in buona sostanza portato avanti singolarmente dalle varie aziende editoriali, con le inevitabili penalizzazioni del caso. Penalizzazioni relativamente trasversali alle imprese (non riguardano solo quelle italiane!). Da un lato un’area di difficoltà è rappresentata dal mercato anglofono.

In Sudafrica preferiscono la carta

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2014

di Elena Refraschini

Nel nostro ciclo dedicato alle editorie emergenti è venuto il momento del Sudafrica, un Paese di cui non si sa molto anche se gli ultimi dati presentati dalla Frankfurt Book Fair (che è partner nell’organizzazione annuale della Fiera di Cape Town) ci aiutano nell’inquadrare meglio la situazione del Paese: il Sudafrica possiede un’industria ben sviluppata e solida dal punto di vista finanziario, con un buon sistema di trasporti e telecomunicazioni. Secondo la Costituzione post-Apartheid del 1996, sono undici le lingue ufficiali, il che fa immaginare un mercato editoriale vivace. Dal 2009 al 2013 l’uso di Internet nel Paese è più che raddoppiato, e indagini Cisco prevedono che il traffico quadruplicherà entro il 2017 (di contro, la lettura di giornali cartacei cala del 5% ogni anno). Ci sono 45 milioni di utenti di telefoni cellulari, 13 milioni di bambini in età scolare, 650.000 studenti. Nonostante queste buone premesse, i dati che ci interessano più da vicino sono allarmanti: l’analfabetismo è al 13,6%, i lettori regolari sono circa 500.000 (l’1% della popolazione) mentre il 51% della popolazione non possiede nemmeno un libro in casa. Nel 2008 il volume d’affari generato dall’editoria era stato di 370 milioni di euro (pari allo 0,15% del Pil), sceso però a 143 nel 2009 e 167 nel 2010. Per quanto riguarda le vendite dei libri trade, il 70% avviene in librerie di catena nazionali, il 9% nelle librerie indipendenti, il 5% tramite bookclub e il 3% nella Gdo. I libri scolastici vengono venduti soltanto da librerie indipendenti o da centri di distribuzione pubblici. E se per quanto riguarda la produzione generale abbiamo un 33% di produzione locale e un 67% di importazioni (soprattutto da Uk e Usa), le cifre sono solo leggermente diverse per quanto riguarda i libri trade: soltanto il 36,7% è prodotto localmente (per un 39,5% di fiction per adulti e un 60% di non fiction), mentre il 62,9% è importato.

L'erba del vicino

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2014

di Lorenza Biava

Si obietta spesso, anche nel nostro settore, che l’«erba del vicino è sempre più verde», ma guardando agli scenari che emergono dalle interviste a cinque delle principali associazioni di editori europee – quella tedesca, spagnola, francese, svedese e olandese – sembra che tutte, chi più chi meno, siano afflitte dagli stessi problemi. L’equiparazione dell’Iva per i libri digitali, la tutela del copyright e la lotta alla pirateria sono infatti linee di intervento comuni, alle quali si aggiungono temi più squisitamente nazionali come la difesa delle librerie indipendenti in Francia o l’individuazione di un business model vantaggioso per il prestito digitale in Svezia. Abbiamo chiesto ai responsabili delle diverse associazioni di spiegarci quali sono i principali trend in atto nel loro mercato e di indicare gli argomenti più caldi per i loro associati.

La rivoluzione Waterstone

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2014

di Elisa Molinari

Messa in vendita nel 2010, con la quasi matematica certezza che le attività sarebbero cessate da lì a poco, Waterstones, la più importante catena di librerie inglesi, è stata acquisita dall’investitore russo Alexander Mamut nel giugno 2011. Nonostante le perdite siano continuate anche negli anni successivi per un valore pari a circa 92,7 milioni di sterline tra il 2011 e il 2013, col tempo i segni meno sono stati compensati da altrettanti più. Merito del radicale cambiamento gestito da James Daunt, managing director di Waterstones dal 2011, e della nuova cultura cui ha improntato Waterstones.

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