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Aprile 2015

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Aprile 2015
Fascicolo digitale

La rivista

Classifiche
Abstract
A febbraio – mese di uscita del film delle Sfumature – la vera novità in classifica è un volumetto di «alta» divulgazione scientifica pubblicato da Adelphi, che si piazza al secondo posto della top 20 e al primo della top 15 di Saggistica, scalzando il papa e dribblando il secondo volume della saga di E.L. James. In un’Italia che si dice spesso dominata da un sapere umanistico e dove la saggistica è prevalentemente politica e religiosa, da sempre comunque subordinata alla narrativa (almeno sugli scaffali delle librerie), Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli è una bella e inaspettata sorpresa. In appena ottanta pagine l’autore ci guida attraverso alcune delle principali tappe delle rivoluzioni che hanno scosso la fisica nel XX secolo e che la scuotono tuttora: a partire dalla teoria della relatività generale di Einstein e della meccanica quantistica fino alle questioni aperte sull’architettura del cosmo, sulle particelle elementari, sulla gravità quantistica, sulla natura del tempo e della mente. Carlo Rovelli, fisico e saggista, proprio a febbraio è stato ospite di Fabio Fazio nella trasmissione Che tempo che fa beneficiando di quegli effetti positivi in fase di lancio che l’Ufficio studi Aie aveva analizzato nel 2013, con l’indagine Nuove evidenze: libri ed editori nei blog e in Tv. Gli effetti sulle vendite, presentata quell’anno al Salone di Torino. Infine resiste, al decimo posto della top 20 e al terzo della top 15 di Saggistica, American sniper (Mondadori) l’autobiografia di Chris Kyle, cecchino dei Navy Seal che uccise 160 persone durante i suoi anni di servizio in Iraq. A giocare un ruolo fondamentale in questo caso editoriale, invece, è stato il cinema, con l’uscita a gennaio dell’omonimo film di Clint Eastwood campione di incassi in tutto il mondo.
La versione di Marta Baroni:libri e fedi
Abstract
Non è semplice parlare di religione, questa è l'interpretazione di Marta Baroni
I numeri della produzione
Abstract
L’andamento consolidato della produzione libraria in questo 2014 vede una situazione sostanzialmente identica a quella dell’anno precedente (in realtà con 251 titoli in più!). Quello che cambia è la crescita di e-book: da 29.984 a ben 44.733 (+49,1%).
Perché un libro è un libro
Abstract
Si è conclusa con una bocciatura di Francia e Lussemburgo l’iter della procedura di infrazione che la Corte di giustizia aveva aperto nei confronti dei due Paesi dopo la scelta, nel 2012, di introdurre un’Iva agevolata per gli e-book. Se infatti l’Europa riconosce che alcuni beni – tra i quali c’è il libro di carta, appunto – possano essere sottoposti ad una Iva ridotta la Corte di giustizia stabilisce con questa sentenza che tale agevolazione non è applicabile ai libri digitali, che vanno inquadrati come servizi e non come beni primari. La Francia aveva scelto di entrare in conflitto con la disciplina europea applicando, dal 1° gennaio 2012, un’Iva del 7% per gli e-book a fronte di un’imposta sul valore aggiunto ordinaria del 19,6%. Stessa cosa anche per il Lussemburgo dove l’Iva sui libri digitali era scesa al 3%. La decisione della Corte di giustizia getta ora ombre anche sull’Italia che, a partire dal gennaio 2015, ha applicato a sua volta l’aliquota ridotta sugli e-book equiparandoli ai libri di carta. La risposta degli editori italiani e delle altre associazioni europee e internazionali alla sentenza non ha tardato ad arrivare sotto forma di una lettera aperta al presidente della Commissione Junker, al presidente del Parlamento europeo Schultz e al presidente del Consiglio europeo Tusk, affinché si intervenga sulla direttiva comunitaria per eliminare la stortura che penalizza lo sviluppo del libro e della lettura nell’intero continente. A fine marzo anche i ministri della cultura di Italia, Francia, Germania e Polonia si sono uniti all’appello scrivendo una lettera congiunta all’Ue per superare «l’ingiustificata discriminazione fiscale» tra i libri cartacei e quelli in formato elettronico.
Milano capitale del Paese che vuole leggere
Abstract
«Un modello esemplare di come pubblico e privato possano collaborare per la crescita culturale dei cittadini». Con queste parole il Ministro Dario Franceschini salutava il lancio di #ioleggoperché durante la conferenza stampa di presentazione del progetto ideato da Aie e supportato da tutta la filiera. Proprio da questo assunto siamo partiti per investigare il peso che le politiche culturali portate avanti da un’amministrazione pubblica locale possono avere nella vita di una città, ma soprattutto dei suoi cittadini. E quale città meglio Milano, Città del libro 2015 e palcoscenico del grande evento live che il 23 aprile rappresenterà il culmine di #ioleggoperché? Ne abbiamo parlato con l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno.
I libri in televisione
Abstract
In occasione della passata edizione del Salone del libro di Torino, il ministro per i Beni e le attività culturali Dario Franceschini lanciò una provocazione: «Tutte le Tv, da Rai a Mediaset a Sky, le pubbliche e le private, hanno fatto tanti danni in questi anni alla lettura che adesso devono risarcire. Come? Facendo più trasmissioni che presentino libri, facendo pubblicità alla lettura. In ogni fiction, o film in televisione, o show che io veda, c’è sempre uno che parla, che litiga, che ama e che fa pace, ma mai qualcuno che legga un libro o un presentatore con un libro in mano». Tale dichiarazione suscitò reazioni contrastanti da più parti. Massimo Turchetta, direttore generale Libri Trade della Rcs-Rizzoli, commentò su «Repubblica»: «Premesso che lo stato in cui versa il nostro mercato editoriale non è così disastroso come lo si dipinge, penso che occorra uscire un po’ dal “ghetto” del libro in Tv. I libri e i loro contenuti devono contaminare la televisione. È quanto è accaduto con il libro di Alan Friedman. Oppure con Gomorra di Roberto Saviano: un’opera che ha dato origine a una fiction». Simone Cosimini, giornalista, scrisse invece su «Wired»: «Il fatto è che se il ministro della Cultura considera Rai, Mediaset e Sky come i principali operatori culturali nazionali – avesse detto la scuola, pure – sceglie di autotrincerarsi all’interno di categorie che sono cambiate perfino per quegli stessi soggetti. […] La cultura, da sempre, vive fra la gente. E ora che le persone trascorrono pezzi sempre più cospicui delle proprie esistenze anche on line, parte della cultura – che è il racconto e l’approfondimento che gli individui fanno del mondo e dei suoi connotati – passa da lì. […] Che c’entra la Tv con tutto questo?». Eppure la televisione un effetto sulle vendite dei libri ce l’ha ed è oggettivo: l’Ufficio studi Aie lo indagò nel 2013, con l’indagine Nuove evidenze: libri ed editori nei blog e in Tv. Gli effetti sulle vendite, presentata quell’anno al Salone di Torino. Della presenza dei libri in televisione abbiamo parlato con Piero Dorfles, giornalista, critico letterario e conduttore di Per un pugno di libri insieme a Geppi Cucciari.
Big data, questi sconosciuti
Abstract
Cosa si intende quando si parla di smart publishing e quali sono i nuovi modelli organizzativi nell’industria editoriale? Di questo e d’altro si è discusso in un convegno lo scorso marzo presso la sede di Google Italia organizzato dall’Associazione italiana editori e Noovle, società di consulenza Ict specializzata in servizi Web. Nata nel 2013 dalla fusione di due premier partner di Google for Work, Global Base e Scube NewMedia, Noovle lavora sulle ultime frontiere del Web confrontandosi con temi che vanno dalle tecnologie per la mobilità ai big data, dal cloud alle smart enterprise, dallo smart working ai classici social e al modo in cui tutto questo può collaborare a rendere più proficui i flussi di lavoro. Piergiorgio De Campo (chief technology officer di Noovle) e Gabriella Giani (marketing manager) ci hanno raccontato come gli strumenti del Web possono cambiare il lavoro delle aziende – anche di quelle editoriali.
Scouting in rete
Abstract
Digitale non è esclusivamente sinonimo di e-book, ma al contrario indica sempre più una galassia di prodotti e strategie che le case editrici italiane stanno ormai da tempo scandagliando. Che il Web sia il tramite attraverso cui scoprire nuovi talenti e creare comunità di lettori o piuttosto un radar per intercettare nuove tendenze, il Gruppo editoriale Mauri Spagnol, De Agostini e il Gruppo Mondadori hanno sviluppato progetti assai interessanti nell’area digitale. Abbiamo chiesto ai responsabili delle divisioni digitali di raccontarceli.
Se l’autore è un brand
Abstract
Cos’hanno in comune autori così diversi fra loro come Guy Kawasaki e Paulo Coelho con il nostro cantautore Gianni Morandi? Tutti e tre evidentemente sono appassionati di salto in alto e hanno studiato la storia di Dick Fosbury. L’atleta americano è conosciuto in tutto il mondo per aver introdotto nell’atletica leggera il salto «di schiena» secondo una tecnica che gli ha consentito di elevare il record di quella disciplina: i saltatori precedenti si cimentavano in balzi ventrali o in spettacolari sforbiciate che oggi ci appaiono buffi e «vintage». Come questi ultimi saltatori, è caduto nell’anonimato il nome di chi ha sostituito la sabbia su cui prima si saltava o i trucioli di legno che spesso erano usati come supporto con gli attuali materassi: eppure senza quei cambiamenti tecnologici, Dick Fosbury non avrebbe potuto «innovare» e cambiare radicalmente il proprio mondo. Se fosse saltato di schiena su sabbia e trucioli di legno si sarebbe di certo spezzato l’osso del collo! Allo stesso modo, oggi la tecnologia è cambiata ed entrata nel nostro spazio in modo così pervasivo da mutare tutti i contesti in cui si muove il mondo contemporaneo e, insieme alla tecnologia, sono cambiate le forme con le quali le persone si informano, prendono decisioni, condividono opinioni ed esperienze.
Prospettiva Open Access
Abstract
I modelli di pubblicazione e di concessione delle licenze Open Access per riviste accademiche, scientifiche, mediche o per altre pubblicazioni legate al mondo della ricerca, possono spesso rivelarsi un argomento incomprensibile ai più. E «se sei confuso, allora, significa che stai iniziando a comprendere l’inizio del problema», sostiene Christopher Kenneally, direttore e business development manager del Copyright Clearance Center (Ccc). In definitiva, tutto dipende da cosa si intende per «open». «Esistono una moltitudine di definizioni», afferma Kenneally, «che variano a seconda delle condizioni imposte dall’ente finanziatore. Nel Regno Unito, ad esempio, il Wellcome Trust, una delle principali istituzioni finanziatrici della ricerca a livello nazionale e mondiale, impone che i beneficiari dei suoi fondi rendano pubblici gratuitamente i risultati dei loro studi tramite l’Open Access».
Vedi alla parola «lettura»
Abstract
Se si pensava che la lettura di libri in Italia venisse salvata dai «ragazzini», ecco pronta la smentita. Già lo avevamo accennato sul numero scorso del «Giornale della Libreria» ma i bambini di 6-10 anni leggono oggi in misura minore rispetto al 2013 (se ne sono persi in un anno 176 mila), e altrettanto fanno gli 11-14enni (432 mila in meno). In totale, nelle età che coincidono con le prime fasce scolari, abbiamo in 365 giorni una perdita di 608 mila lettori. Quasi 1.700 al giorno! È come se 64 classi scolastiche smettessero dalla mattina alla sera di leggere libri diversi da quelli di scuola. Il paradigma – e il dogma di fede – era di questo genere: bambini e ragazzi leggono e leggeranno sempre di più (anche se con crescite non eclatanti un anno sull’altro); qualcuno lo perderemo per strada al crescere dell’età traviato da Tv, tecnologie, da una «cattiva scuola»; ma poco a poco – con un effetto onda – crescendo, avremo che anche le fasce adulte manterranno il gusto e l’interesse per la lettura. Niente di meno vero – per lo meno dal 2013! – tanto che oggi possiamo dire che si trattava di un concetto e di un paradigma su cui abbiamo costruito il nostro modo di guardare al mercato ma che ormai non funziona più.
La battaglia delle App
Abstract
Anche quest’anno, per la quarta volta, la Fiera del libro per ragazzi di Bologna ha acceso i riflettori sul vastissimo mondo delle App per bambini con il Bologna Ragazzi Digital Award, un premio che intende promuovere le modalità innovative di sviluppo per l’editoria digitale destinata all’infanzia. Quest’anno la giuria ha dovuto valutare 192 candidature provenienti da 27 Paesi, tra cui ha selezionato un solo vincitore assoluto, due menzioni e 5 finalisti per ognuna delle due categorie previste dal premio: fiction e non fiction. La valutazione e la selezione è un lavoro difficile ma anche appassionante sia perché tratta di un osservatorio privilegiato sulla produzione internazionale in questo ambito, sia perché permette di confrontare le proprie opinioni con quelle di altre persone con esperienze, competenze e punti di vista diversi e complementari. La giuria è composta da esperti selezionati dalla Fiera che ruotano ogni anno: quest’anno oltre a me, ne facevano parte l’americano Warren Buckleitner, direttore della «Children’s Technology Review», l’illustratore belga Klaas Verplancke e l’inglese Max Whitby, co-fondatore di Touchpress. Per avere anche il punto di vista dei potenziali utenti, è stato poi coinvolto un piccolo gruppo di bambini «amici» con cui si sono analizzate le App giudicate più meritevoli.
Esiste la libreria ideale?
Abstract
Cosa ci fa affezionare a una libreria? Per rispondere a questa domanda la Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri ha commissionato al Dipartimento di economia dell’Università Roma Tre la ricerca L’eccellenza in libreria nella prospettiva dei  consumatori che ha analizzato l’esperienza di consumo offerta da undici librerie di Roma e del Lazio – Altroquando, Fandango Incontro, Feltrinelli con i due punti di vendita Largo Argentina e Via Appia, IBS, Libreria internazionale il Mare, Nuova Europa nel centro commerciale I Granai, libreria Mondadori di Via Piave, Odradek, San Paolo e la libreria Ubik a Monterotondo. I risultati che ripercorriamo qui con Michela Addis, professore associato di Economia e gestione delle imprese e curatrice della ricerca realizzata in concreto da 68 studenti, ci raccontano qualcosa di più sugli attributi della libreria ideale, ma anche sulle motivazioni che spingono un cliente ad acquistare, sugli ostacoli che lo trattengono, sui benefici ricercati dall’esperienza in libreria e sulle criticità nei servizi attualmente offerti.
La via americana
Abstract
«Non si può inventare un algoritmo che sia bravo quanto un libraio a consigliare libri», ha detto John Green all’annuale conferenza dell’American Bookseller Association, che ha raccolto lo scorso febbraio oltre 500 librai in North Carolina. Secondo i dati dell’associazione, che vanta tra i suoi membri più di 2.000 librerie indipendenti sparse in tutti gli Stati Uniti, dal 2009 all’anno scorso hanno aperto 440 nuove librerie «indie», con un incremento del 27%. Inoltre, le vendite di dicembre 2014 sono aumentate del 9% rispetto a quelle dello stesso periodo nel 2013. Questi dati hanno stupito non poco gli addetti ai lavori ed esprimono una decisa inversione di tendenza: dopo la caduta delle grandi catene schiacciate dal peso dei giganti on line, stiamo assistendo alla fioritura dei negozi indipendenti. Quali sono gli elementi di questo successo? Dopo l’intervista a Micheal Reynolds pubblicata sullo scorso numero (E. Vergine, Il Rinascimento americano, «GdL»,3, marzo 2015, pp. 42-44), continuiamo la nostra inchiesta intervistando alcuni dei librai americani più intraprendenti. Sicuramente servono qualità e costanza, ma a volte il successo della libreria è decretato anche dal saper cogliere le opportunità al volo: come quando un libraio della libreria Third Place Books, sfruttando la disputa Amazon/Hachette che non rendeva possibile pre-ordinare le copie del nuovo libro della Rowling, decise di rendere disponibile il pre-ordine nella sua libreria e di consegnare a mano le copie nella città di Seattle. Anche i nostri interlocutori si sono distinti in questo senso: Green Apple ha installato scaffali di libri usati nei bar, portando fuori dai confini della libreria la propria attività; Book Passage organizza conferenze e corsi che attirano insegnanti e alunni da tutto il mondo (quella dedicata alla scrittura di viaggio quest’anno ospiterà anche Isabelle Allende e Tim Cahill); Boulder ha reso disponibile l’intero catalogo della Naropa University, la più grande università buddista negli Stati Uniti.
Spleen et idéal delle librerie religiose
di di Valeria Pallotta, Valeria Pallotta
 
Abstract
Con la crisi editoriale del settore religioso, alleviata negli ultimi due anni dall’ingresso dirompente di papa Francesco nelle classifiche, stupisce, e non poco, osservare come in Francia il libro protagonista della rentrée settembrina, fosse già Il regno di Emmanuel Carrère, ovvero una confessione privata e insieme un’indagine sulla fede che si fa racconto del primo secolo di cristianesimo. Stupisce un po’ meno che dopo l’attentato a «Charlie Hebdo» del 7 gennaio 2015, a occupare i primi posti nelle classifiche francesi siano stati libri a tema religioso e pamphlet, da Sottomissione di Houellebecq, a Il suicidio francese di Éric Zemmour, da Place de la Rèpublique. Pour une spiritualité laïque, sino al boom nelle vendite di titoli come il Trattato sulla tolleranza di Voltaire, e la rottura di stock, annunciata su tutti i giornali francesi, del Corano. Più che un ritorno alla spiritualità, si evince innegabilmente il rinnovato bisogno della ricerca di una propria identità, nonché l’interesse verso il rapporto tra laicità e religioni. Se in Francia il settore religioso vale oggi l’1% delle vendite degli editori – contro il 6,3% dell’Italia e il 2,9% della Germania – ciò è frutto di una contrazione superiore a quella dell’editoria generalista, con una perdita di più del 30% di vendite negli ultimi cinque anni. In Francia coloro che dichiarano di leggere libri afferenti all’area religiosa sono per lo più praticanti regolari (in una percentuale che varia tra il 60 e 80% a seconda delle aree geografiche) che rientrano nella fascia dei grandi lettori e in netta maggioranza donne. Un elemento interessante che caratterizza questo pubblico è la modalità di acquisto: se circa il 23% dei francesi sceglie abitualmente le librerie fisiche per acquistare i libri, nel caso del settore religioso questa percentuale arriva al 75% con una preferenza per le librerie indipendenti e per quelle specializzate. Le librerie religiose in Francia, rappresentate per lo più dal Syndicat des librairies des littérature religieuse (Sllr) e dalle due maggiori catene di librerie specializzate, La Procure e Siloë, sono circa 250. A queste si aggiungono le librerie ebraiche, una trentina circa, e quelle musulmane, una ventina, in entrambi i casi concentrate per lo più a Parigi.
Il Papa e gli altri
Abstract
Attenuate dal proliferare di produzioni editoriali riguardanti il pontefice, le performance di vendita delle librerie religiose sembrano accusare in modo meno doloroso la flessione degli ultimi anni. L’ampio consenso raggiunto da papa Francesco non può tuttavia da solo far miracoli e le librerie di settore si trovano impegnate in una ricerca sempre più mirata di nuovi titoli e linguaggi, al fine di offrire una proposta che sia attenta ai problemi sociali e culturali odierni. Come si organizza lo scaffale religioso in libreria? Lo abbiamo chiesto a Samuele Bernardini, direttore e coordinatore degli eventi della libreria Claudiana di Milano, e presidente di Lim – Librerie indipendenti Milano.
Non di soli libri
Abstract
Pensate sin dalle origini come luoghi di diffusione di testi, oggetti e arredi sacri, le librerie religiose sono state promotrici ante litteram del non book. Andati i bei tempi non sospetti, questi stessi punti vendita si trovano oggi a riorganizzare il settore merceologico alla luce di un mercato sempre più sofferente e bisognoso di margini extra editoriali. Come gestire il non book all’interno di una libreria religiosa all’insegna dell’originalità, dell’innovazione e della professionalità? Ecco i dieci consigli di Enzo Pagani, direttore delle librerie Àncora per l’area lombarda, e membro di Uelci, l’associazione che raccoglie librerie ed editori cattolici italiani.
Oltre papa Francesco?
Abstract
In attesa di analizzare i dati dell’Indagine 2015 sull’editoria religiosa in Italia, che sarà presentata al Salone del libro di Torino ed è realizzata per Uelci dal Consorzio editoria cattolica e dall’Ufficio studi di Aie, la lettura delle classifiche che raccolgono i dati del circuito di librerie collegate al sistema Arianna+ offre alcuni spunti interessanti per l’analisi del settore. Senza pretendere di attribuire alle statistiche un valore profetico o vaticinante, la loro lettura fa emergere alcune tendenze di fondo. Tre sono le aree su cui focalizziamo l’analisi: il mercato del libro religioso (che fotografa l’andamento dei prodotti editoriali di argomento religioso, editi da editori laici e religiosi), il segmento delle librerie religiose di catena e il mercato dell’editoria religiosa (che rappresenta le vendite di tutti i prodotti editoriali degli editori cattolici e di altre confessioni).
Riflessioni sulla fede
Abstract
Se il 2013 è stato l’anno di papa Francesco e dei tanti libri pubblicati sulla sua parola, il 2014 ha visto fare capolino i primi titoli che si ripromettono di scavare nel messaggio del pontefice argentino. Naturalmente le angolazioni di questa ricerca, come è giusto che sia vista la fitta trama di case editrici specializzate nella produzione religiosa presenti nel panorama editoriale dello Stivale, sono le più variegate: dai libri dedicati ai ragazzi a quelli di saggistica, da brevissime dissertazioni a più corposi volumi, dai testi più teologici ai compendi pratici la tendenza sembra per altro essere destinata ad affermarsi ulteriormente in questo 2015. D’altro canto, come spiega Guido Dotti (amministratore delegato Edizioni Qiqajon) nell’intervista che segue, «editoria religiosa non significa soltanto pubblicare testi di argomento religioso, ma ancor più far dialogare le istanze di fede con il tessuto della convivenza civile». In questo senso uno dei temi caldi sarà sicuramente il Giubileo proclamato a sorpresa dal pontefice. «Il tema della misericordia scelto da papa Francesco – commenta Aurelio Mottola (direttore Vita e Pensiero) – aiuterà a focalizzare la riflessione credente, e quindi le proposte editoriali, sui fondamentali del cristianesimo e sulla riforma della Chiesa, che va accompagnata da una complessiva visione ispiratrice».
La fede in tasca
Abstract
In un mondo in cui il 93% della popolazione possiede un dispositivo mobile, è naturale che fioriscano applicazioni utili per tutte le esigenze, comprese quelle di tipo religioso che tanta importanza rivestono nella quotidianità di milioni di persone. La comodità della consultazione, l’attrattività della grafica, l’immediatezza e l’istantaneità rendono questi prodotti, frutto delle nuove tecnologie, adatti a rispondere ad antichissimi bisogni di senso. Gli App Store dei diversi sistemi operativi sono quindi ormai affollati di riproduzioni digitali dei testi sacri, quiz a tema religioso, calendari delle festività, strumenti a supporto del fedele nelle diverse pratiche rituali. Nel mondo cristiano, tra le applicazioni più diffuse troviamo Laudate, con oltre un milione di installazioni sui dispositivi di tutto il mondo. Disponibile in sei lingue, offre la possibilità di leggere la Bibbia, recitare il rosario, ripercorrere le stazioni della via crucis, leggere varie preghiere (anche in latino), e ascoltare la lettura quotidiana della messa. Altra applicazione di successo, ideata dall’italiano padre Paolo Padrini, è iBreviary, breviario virtuale che raccoglie anche i testi del messale – sia nella versione del rito ambrosiano che in quella del Vetus Ordo latino – e del lezionario. Da aprile 2014 iBreviary, che era già disponibile in sette lingue, è scaricabile anche in arabo: un aiuto per i cristiani che vivono in quei Paesi del mondo islamico dove è vietata la vendita di testi religiosi non musulmani.

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