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Internazionalizzazione

L'editoria in India

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2014

di Elena Refraschini

Continua il viaggio del «GdL» nelle editorie emergenti che fa tappa questo mese in India, Paese incredibilmente affascinante, caratterizzato da una pluralità religiosa e linguistica e da una ricchissima tradizione letteraria. L’analisi dell’industria editoriale indiana risulta complicata da diversi fattori, non ultimo proprio la frammentarietà linguistica, che richiederebbe statistiche e dati separati per ciascuna delle venti e più lingue che si parlano (e leggono). A peggiorare le cose, non esistono statistiche governative più recenti del 1972 (anno della prima fiera del libro di Nuova Delhi), e le cifre relative alle dimensioni del mercato variano notevolmente a seconda della fonte consultata. Tutti sembrano concordare, tuttavia, sull’importanza chiave del mercato essendo il terzo in lingua inglese dopo Usa e Uk (quello australiano e canadese hanno numeri più modesti); e secondo gli ultimi dati Ipa disponibili (2010) che comparano il valore di mercato a prezzo finale al consumatore, quello indiano è l’undicesimo mercato mondiale, che grazie anche ai 550 milioni di ragazzi dai 15 ai 30 anni che hanno voglia e bisogno di leggere e istruirsi, ha un tasso di crescita del 15% annuo secondo le stime più prudenti. La produzione si attesta sui 100.000 titoli l’anno (di cui 60% educational, 40% trade) da parte di circa 16.000 editori, per un valore del mercato di circa 1,6 miliardi di sterline. Il settore è frammentario anche dal punto di vista dei prezzi: mentre i titoli in lingua inglese (che costituiscono il 24% della produzione) hanno un prezzo di circa 350 rupie (4 euro) e hanno canali di distribuzione consolidati, i titoli nelle lingue regionali possono costare 80 rupie (meno di un euro) e vengono distribuiti nelle edicole e nelle stazioni delle città meno grandi: i due settori richiedono modelli promozionali e distributivi completamente diversi.

Se leggere è una nicchia

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2014

di Edward Nawotka

Agli editori piace pensare al mercato dei libri come al campionato di calcio. Ogni editore mette in piedi il miglior team per la stagione (il catalogo) e compete sul campo per capire chi primeggerà (attraverso le vendite). Quello che sfugge loro è che non stanno affatto giocando una partita dello sport più diffuso al mondo, ma piuttosto qualcosa di molto più simile al football americano, che piace moltissimo ad una nicchia della popolazione mondiale – gli americani – ma che il resto del mondo praticamente ignora. Il fatto è che nel mondo di oggi, così pieno di distrazioni tecnologiche, pubblicare libri, venderli e anche leggerli è sempre più un’attività di nicchia piuttosto che l’hobby mainstream che vorremmo credere. Sicuramente ci sono Paesi dove leggere resta un passatempo popolare, e molto spesso la diffusione della lettura è strettamente legata alla qualità dell’educazione scolastica ricevuta. La Finlandia che è nota per il suo ottimo sistema scolastico, ne è forse l’esempio migliore. «I libri giocano un ruolo molto importante nella società finlandese – spiega Sakari Laiho, direttore dell’Associazione degli editori del Paese – e secondo le ultime ricerche, il 77% della popolazione compra almeno un libro all’anno». Nel Paese nordico, inoltre, il 75% dei genitori legge ad alta voce ai propri figli, una pratica il cui ruolo nella futura predisposizione alla lettura è provato. Ma c’è di più perché lo stesso mestiere di scrivere è considerato una delle professioni socialmente più prestigiose. Tuttavia, non è solo l’educazione a dover essere chiamata in causa quando analizziamo la diffusione della lettura e quindi, indirettamente, la possibilità di crescita di un mercato. Mentre gli abitanti di un Paese povero come la Cambogia hanno raggiunto un tasso di literacy (che ricordiamo consiste nella capacità di leggere e comprendere correttamente un testo) del 77,6%, la lettura è quasi esclusivamente praticata all’interno delle scuole e, come risultato di anni di oppressione politica e di povertà, il piacere per questa attività è quasi del tutto scomparso.

Un manifesto per gli editori

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2014

di Lorenza Biava

Il 2014 potrebbe essere un anno di svolta per le istanze degli editori in Europa rispetto al copyright, all’Iva sui prodotti digitali e all’interoperabilità di formati e piattaforme. Le elezioni di maggio in cui i cittadini degli Stati membri saranno chiamati a esprimere la composizione del prossimo Parlamento europeo e il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea, che comincerà nel luglio di quest’anno, portano con sé grandi aspettative per la Federazione degli editori europei e le altre federazioni legate alle filiera del libro. Per accrescere la consapevolezza del mondo politico sulle sfide principali per il settore nei prossimi cinque anni, nel febbraio scorso, insieme all’European writers council (Ewc) e all’European booksellers federation (Ebf), la Fep ha proposto il Manifesto for the 2014 european elections. Ne abbiamo parlato con Anne Bergman-Tahon, direttore della Fep.

Che succede all'estero?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2014

di Paola Sereni

Nato per valorizzare gli editori che maggiormente si sono distinti per il carattere creativo e per la qualità delle proprie scelte editoriali, la prima edizione del Bop Bologna Prize dello scorso anno ha premiato sei editori internazionali, uno per continente (a quelli intervistati nell’articolo si aggiunge la Chronicle Books di San Francisco), che abbiamo deciso di intervistare per capire meglio come si sta muovendo, a livello globale, il settore. La forza del premio, che proclamerà i vincitori dell’edizione 2014 nel corso della cerimonia di inaugurazione della Fiera del libro per ragazzi, sta infatti nel fatto che i vincitori saranno scelti dagli stessi editori tra una rosa di segnalazioni inviate dagli espositori oltre che dalle associazioni di settore e dalle istituzioni culturali rappresentative degli editori di tutto il mondo.

I 4 anni che hanno cambiato il mondo

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2014

di Cristina Mussinelli

Anche l’edizione 2014 del Digital Book World (Dbw), evento sponsorizzato da F+W Media, è stata un successo con più di 1.500 partecipanti e tre giorni ricchi di spunti sullo stato dell’arte dell’editoria Usa e sulle prospettive di sviluppo futuro. Come ha ricordato nel suo discorso di apertura Mike Shatzkin, responsabile scientifico della conferenza, il focus dell’evento, dedicato in particolare al settore trade, è sempre stato fin dalla sua prima edizione nel 2010, non tanto la tecnologia quanto l’evoluzione del business provocata dalla tecnologia. Nell’arco dei quattro anni di vita della conferenza il panorama in cui operano le aziende editoriali americane è completamente cambiato: Amazon all’epoca controllava solo una piccola quota del mercato dell’editoria tradizionale cartacea, Barnes & Noble (B&N) combatteva contro Borders, il mercato era dominato dalle cosiddette Big Five, la diffusione di e-reader e tablet era appena agli inizi, le case editrici faticavano a comprendere il ruolo delle competenze tecnologiche nei loro organigrammi, la distinzione tra editori e altri attori del mercato era chiara e i ruoli ben definiti. Nel 2014 gli editori in Usa si trovano a fronteggiare una situazione in cui Amazon è diventata l’e-retailer dominante, con la scomparsa di Borders, B&N è rimasta l’unica catena di librerie fisiche, il mercato è dominato da un grande editore (il gruppo Random House Penguin) che da solo fattura quanto gli altri quattro, esiste una crescente competizione di attori che operano in specifiche nicchie e non provengono dall’editoria tradizionale e gli autori self published hanno raggiunto una notevole quota di mercato, la diffusione di strumenti di lettura tecnologici è un fatto compiuto, la filiera si è trasformata in ecosistemi in cui i ruoli dei diversi attori si sono ampliati e sovrapposti.

Il Brasile del libro

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2014

di Elena Refraschini

La spiaggia di Ipanema, la statua del Cristo Redentore a Rio de Janeiro, il calcio, la samba: questo viene in mente quando si pensa al Brasile. Eppure il Paese è forse il più culturalmente vivace nella categoria Brics, e la sua industria editoriale è nona nella lista pubblicata dalla International Publishers Association. Il Brasile è stato per la prima volta Guest Country alla Buchmesse nel 1994, e veniva da anni di inflazione rampante che ne avevano rallentato l’economia e ridotto i consumi, ma è tornato nel 2013 in veste di ospite d’onore alla stessa Fiera, e presenzia proprio in questi giorni anche alla Children’s Book Fair di Bologna. La produzione nel 2012 (ultimi dati disponibili) si attesta su un totale di 57.000 titoli (21.000 prime edizioni e 36.000 ristampe, con una media di 3.000 copie per titolo), numeri che segnano un aumento dei ricavi degli editori del 6,36%, con un aumento reale dello 0,49% se si esclude l’effetto dell’inflazione. È un mercato a coda lunga, quello brasiliano: i 10 libri bestseller occupano solo il 7% del volume delle vendite, e i top 20 soltanto il 9%. Tra i settori più in crescita degli ultimi anni troviamo quello della fiction straniera (trainato, per tutto il 2012, dall’onnipresente trilogia Fifty Shades) che costituisce il 30,2% della produzione e quello dei titoli religiosi, che sono più del 10%: questi sono i titoli che costano tendenzialmente meno e che vengono comprati anche da istituzioni pubbliche; si tenga conto però del fatto che questi numeri si riferiscono alle vendite in libreria, che escludono quindi l’acquisto di libri presso parrocchie e istituzioni simili, dotate dei loro canali di vendita specifici.

Biblioteche all-digital

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2014

di Edward Nawotka

Il futuro delle biblioteche è un libro aperto, ma con i licenziamenti e i tagli alle risorse destinate ad esse, è proprio il futuro che rischia di diventare il vero punto interrogativo per queste istituzioni. Negli States come in Europa, le fasce interessate dalla riduzione dei servizi biliotecari sono soprattuto le minoranze e i ceti sociali più bassi, che contano proprio sulle biblioteche pubbliche per soddisfare i loro bisogni di lettura. Naturale dunque che in tutto il mondo si stia iniziando a guardare con interesse alle nuove possibilità offerte dal digitale. Una delle esperienze più interessanti degli utlimi mesi è quella della BiblioTech di San Antonio, Texas, la prima biblioteca completamente digitale degli Usa che ha aperto i battenti in settembre. Il progetto nasce dall’idea del giudice di Bexar County, Nelson Wolff – l’equivalente di un sindaco appassionato collezionista di libri – che è stato ispirato dalla crescente digitalizzazione della biblioteca pubblica di New York e dalla biografia di Steve Jobs scritta da Walter Isaacson. BiblioTech si trova in un quartiere a basso reddito ed è ospitata in un edificio governativo che comprende anche altri servizi per la cittadinanza. Una volta entrati nei locali della biblioteca l’impressione è quella di trovarsi in un campus universitario: i visitatori si trovano davanti a due lunge file di 48 iMac, ad un «iPad bar» con una dozzina di tablet e a un banco prestiti. Una porta conduce in una stanza luminosa dove trovano spazio due Xbox 360 con Kinect e quattro Microsoft Surface touchscreen con in dotazione decine di videogiochi educativi. Un piccolo punto vendita di caffè, chiavette Usb e cuffie, mentre uno spazio nella parte posteriore della biblioteca è arredato con panche per la lettura degli utenti che portano i propri dispositivi. Quelli che ne sono sprovvisti possono prendere in prestito uno dei dieci MacBook Pro o dei quaranta iPad messi a disposizione dalla biblioteca.

Dalla Russia con amore

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2014

di Elena Refraschini

Prosegue il nostro viaggio nei Paesi dalle editorie emergenti con tappa (la terza dopo i Paesi arabi e la Turchia) tanto complessa quanto affascinante: la Russia. Il Paese è stato Ospite d’Onore alla London Book Fair e al Salone di Torino nel 2011, oltre che al BookExpo America l’anno seguente. Dopo un periodo di crescita nei primi anni del nuovo millennio, durante i quali il mercato ha quasi raddoppiato il proprio valore dai 1,6 milardi di dollari nel 2003 ai 3 miliardi nel 2008, innalzando il Paese al terzo posto come produzione editoriale dopo Stati Uniti e Cina, la crisi economica ha portato con sé danni gravi a tutto il comparto editoriale e distributivo (il valore è sceso a 2,3 miliardi nel 2011). Nel giugno 2012, il più grande editore del Paese, Eksmo (che pubblica, tra gli altri, Murakami), ha comprato il numero due, Act, che deteneva il 13% del mercato e aveva sotto di sé, oltre a diversi marchi editoriali, anche la catena di librerie Bukva. In un Paese che copre 9 fusi orari differenti, anche quella della distribuzione è una sfida non da poco: e mentre il 2011 è l’anno che ha visto fallire la più grande catena libraria Top Kniga, nel 2012 è stato il turno del braccio distributivo di Pyaty Okean di dichiarare bancarotta. Come si è verificato anche in altri Paesi, mentre le grandi catene chiudono, le librerie indipendenti (che valgono circa il 50% del mercato russo) hanno un trend leggermente positivo.

Editoria e innovazione

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2014

di Michela Gualtieri

Nel 2014 partirà la prima fase operativa di Horizon 2020, il programma per l’innovazione e la ricerca con cui l’Unione Europea stanzierà, nel corso di sei anni, finanziamenti per 80 miliardi di euro. È questa un’opportunità da cui l’industria editoriale può trarre vantaggio, nella misura in cui, in seguito allo sviluppo del mercato digitale degli ultimi anni, essa si trova sempre più spesso a interagire con il settore delle nuove tecnologie informatiche. In quest’ottica si inscrive il network tematico Tisp (Technology and Innovation for Smart Publishing), varato a gennaio 2013 dalla Commissione Europea con lo scopo di favorire l’incontro tra aziende editoriali e del settore Ict per stimolare la nascita di nuovi prodotti e servizi proponendo risposte di marca europea alle nuove sfide dell’era digitale. Sotto il coordinamento di Aie, venticinque partner di dodici Paesi, tra cui le associazioni europee di entrambi i settori, diverse associazioni nazionali, istituti di ricerca e le fiere del libro di Bologna, Londra e Francoforte, si impegnano a fare rete per approfondire le tematiche più attuali riguardanti l’innovazione digitale, attraverso la condivisione delle conoscenze, l’analisi delle tendenze del mercato e lo scambio di esperienze di business. Gran parte della strategia di attuazione del progetto Tisp si basa sull’organizzazione di incontri professionali aperti: seminari e workshop tenuti nell’ambito delle più importanti fiere di entrambi i settori e all’interno di conferenze internazionali sono infatti le principali occasioni per fare entrare in contatto fornitori di tecnologia e fornitori di contenuti dando vita a nuove collaborazioni.

Gli editori della Sublime Porta

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2014

di Elena Refraschini

Dopo un primo approfondimento sull’editoria araba («GdL», 12, L’editoria del mondo arabo, di E. Refraschini, dicembre 2013) proseguiamo il ciclo di articoli dedicato alle editorie emergenti, a cominciare da quella turca. Questi sono anni fortunati per la Turchia e la sua industria editoriale: dopo essere stata ospite d’onore alla Fiera di Francoforte del 2008, quest’anno è stata il Market Focus alla Fiera di Londra, mentre sarà Paese ospite alla prossima Fiera di Pechino nel 2014 e alla Liber/Madrid del 2015. Tanta attenzione non può che essere meritata. Secondo alcune statistiche, c’è stata una crescita del 300% nel numero dei libri pubblicati negli ultimi dieci anni, e del 100% solo dal 2011 al 2012: si è passati infatti da 1.314 titoli a 2.928. Questo sviluppo può essere legato a diversi fattori: negli ultimi anni c’è stata una forte crescita nella popolazione (circa +1% annuo), ed è aumentata a 8 anni la durata della scuola dell’obbligo. Inoltre, miglioramenti nel campo della distribuzione e delle tecnologie editoriali hanno reso più razionale il ciclo di vita del libro, che beneficia anche di un ecosistema in salute: 6.000 librerie, oltre 1.000 biblioteche sparse sul territorio, oltre a circa 1.750 editori nelle maggiori città (l’80% si trova a Istanbul). Un’importante rete di servizi per una popolazione che legge in media 7/8 libri all’anno (Dati Yayfed, l’Associazione professionale degli editori turchi). Il settore della scolastica è il prominente, costituisce infatti il 58% della produzione annuale portando oltre 187 milioni di libri di testo gratuiti o quasi nelle scuole. Ed è proprio in questo settore che si stanno concentrando gli sforzi pubblici: è stato infatti inaugurato nel 2010 dal Ministero dell’istruzione un progetto mirato alla distribuzione di tablet ai circa 17 milioni di studenti dalle scuole elementari fino alle superiori secondarie, associato naturalmente ad un grande sforzo di digitalizzazione dei testi scolastici.

Mondi che si avvicinano

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2014

di Michela Gualtieri

Lo snodo tra aziende provenienti da mondi diversi rappresenta un promettente terreno attraverso cui contrastare l’avanzata dei big player con i loro nuovi modelli ad ecosistema chiuso. Un terreno in cui diventa importante iniziare a monitorare i casi di eccellenza – come sta facendo Aie con Tisp da luglio scorso – e suggerire, attraverso seminari e workshop, possibili linee di percorso in direzione di sistemi aperti, interconnessi e interoperabili. Un esempio interessante è quello di Tolino che, operativo in Germania da marzo 2013, coinvolge quattro catene di librerie (Thalia, Hugendubel, Weltbild, Der Club Bertelsmann) e Deutsche Telekom, nella creazione di un intero ecosistema di vendita, distribuzione e lettura dei libri digitali. Grazie all’e-reader Tolino Shine, l’utente ha infatti accesso a ben quattro store on line, per un totale di 300.000 titoli che sono direttamente scaricabili sul dispositivo grazie alle infrastrutture informatiche di Deutsche Telekom. Il provider telefonico mette anche a disposizione dell’utente lo spazio di  archiviazione in cloud e 11mila hotspot diffusi sul territorio tedesco, cui il Tolino Shine può connettersi liberamente. L’alleanza tra le catene garantisce un sistema aperto, di leale competizione, che migliora il servizio per i lettori senza costringerli all’acquisto presso un unico store. «Nel 2011 Deutsche Telekom – ci spiega Klaus Renkl, responsabile sviluppo prodotto Tolino e-reader per Deutsche Telekom, il quale è stato coinvolto dal network Tisp nella discussione sui nuovi modelli distributivi dell’e-book – aveva lanciato il suo primo portale per la distribuzione di e-magazines, e-newspapers e e-book».

Più social più vendite?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2014

di Edward Nawotka

Potrebbe sorprendervi sapere che alcuni dei professionisti di spicco dell’editoria mondiale la pensano diversamente. In un intervento alla conferenza sui libri per bambini di «Publishing Perspectives» nel 2012, David Levithan di Scholastic Books – l’uomo che ha editato Harry Potter per il mercato americano e acquisito e sviluppato la trilogia di Hunger Games – ha dichiarato che la sua casa editrice non aveva prove che i social media abbiano mai influito direttamente sulle vendite. Oltre a lavorare come editor, Levithan è un autore molto amato di best seller per Young Adults che mantiene solo un minimo di interazione sui social media, trovandola una distrazione dalla routine quotidiana. È curioso però che Levithan sia stato uno dei primi a scrivere e diffondere un racconto tramite Twitter: The Lover’s Dictionary. Ciò detto, resta un dato di fatto che gli editori statunitensi siano presenti su tutti i siti dei maggiori social media, tra cui Facebook, Twitter, Tumblr e Instagram. Ogni editore usa queste piattaforme in modo diverso. Random House è stata lodata per non aver cercato di usare il sito come canale di vendita, scegliendo invece di postare quesiti anodini del calibro di «Cosa stai leggendo oggi?» e «Qual è il tuo posto preferito per leggere?»; Random House conta circa 80.000 «Mi piace». Penguin usa Twitter per ospitare mini club dei libri, in cui i lettori possono porre domande direttamente agli autori; la casa editrice, che vanta più di 35 account Twitter al suo interno, che spaziano da argomenti specifici al Tir dei libri Penguin (un tir itinerante tra le fiere del libro), ha più di mezzo milione di followers. Tra gli editori internazionali la più popolare piattaforma di social media è probabilmente Tumblr, che mira all’industria editoriale in modo aggressivo.

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