Gli ultimi anni sono stati particolarmente difficili per l’industria italiana. All’interno del settore manifatturiero, tuttavia, i diversi segmanti hanno risentito in modo diverso della recessione. La filiera grafica e cartotecnica, rappresentata da Acimga, Aie, Anes, Argi, Asig, Assocarta, Assografici e Fieg, è uno dei contesti produttivi che ha subito in modo più evidente gli effetti di una crisi che, cominciata nell’ormai lontano 2008 nel sistema finanziario americano, si è successivamente estesa a livello mondiale, diventando una crisi «reale» (contrapposto a «finanziaria»). In particolare, all’interno del nostro sistema economico, la recessione ha assunto caratteristiche prevalentemente «industriali» e «private», nel senso che i settori più colpiti sono stati il comparto manifatturiero e la componente delle piccole-medie imprese private che rappresentano, tradizionalmente, la struttura portante del nostro comparto produttivo.
Un ulteriore elemento che ha caratterizzato il nostro sistema (ed in generale i Paesi della fascia europea mediterranea) è stata l’estrema virulenza della recessione, all’interno della quale si sono concentrati tutti gli elementi di debolezza che caratterizzano il sistema economico italiano in modo differenziale rispetto ai sistemi industriali concorrenti evoluti: lo svantaggio comparato di una fiscalità che ha raggiunto livelli allarmanti, la rigidità del mercato del lavoro, la ridotta (e decrescente) produttività dei fattori produttivi, l’elevato costo dell’energia, la scarsa propensione all’innovazione, un mercato azionario asfittico, il sottodimensionamento e la sottocapitalizzazione delle imprese, un sistema bancario inefficiente, modelli di governance eccessivamente concentrati su imprese detenute da singoli imprenditori o da nuclei familiari, che hanno fatto la fortuna del nostro sistema economico, ma che oggi sembrano marcare il passo rispetto a forme di organizzazione imprenditoriale più solide. Infine non possiamo trascurare due elementi, che potremmo definire «politici», di grande peso: la mancanza di una politica industriale che «latita» ormai da più di vent’anni e una burocrazia soffocante.