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Internazionalizzazione

Parole da tutelare

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Elena Refraschini

Diversi organi, nazionali e internazionali, monitorano ogni anno il livello della libertà di stampa e dell’indipendenza editoriale raggiunti in ogni nazione del mondo. Uno dei rapporti annuali più importanti è quello stilato dall’organizzazione non governativa statunitense Freedom House, che classifica ogni nazione con numeri da 1 (le più libere) a 100 (le più censurate), con un’attenzione particolare per quanto riguarda il trattamento dei giornalisti. Il dato che salta all’occhio nel rapporto 2012 – basato, dunque, sui fatti accaduti nel 2011 – è il cambiamento di posizione nei Paesi protagonisti della Primavera Araba, dove è emerso anche il ruolo centrale assunto dalla rete e dai blogger. L’Egitto, per esempio, è sceso di 39 posizioni: nonostante non si possa sminuire l’entità dei cambiamenti e passi avanti avvenuti nel Paese, si sono verificati maltrattamenti e aggressioni contro i giornalisti, segno che le pratiche dittatoriali di Mubarak non sono rimaste solo un ricordo.

Think different

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Elisa Molinari

Stando alla definizione di Wikipedia, la Apple Inc. (fino al 2007 Apple Computer Inc.) è «un’azienda informatica statunitense che produce sistemi operativi, computer e dispositivi multimediali con sede a Cupertino, Silicon Valley». Fondata il primo aprile 1976 da Steve Jobs e dall’amico Steve Wokniak in un garage californiano – diventato ormai meta di pellegrinaggio – è una delle più grandi e controverse aziende al mondo. Amata alla follia o detestata in tutto e per tutto, difficile trovare vie di mezzo. Quelle che agli uni sembrano caratteristiche irrinunciabili, per gli altri non sono che il frutto di campagne marketing di primissimo livello – chi non ricorda lo spot Think Different, l’espressione «There’s an App for that» o la serie di video I’m a Mac vs I’m a PC? Quale dunque la verità? Come si spiega questa situazione? L’espressione «integrazione verticale» è una buona risposta. Sotto lo stesso nome trovano posto infatti una compagnia hardware, software, di servizi e di retail, perfettamente – verticalmente – integrate. Apple controlla infatti tutti i punti critici della filiera: costruisce l’hardware, possiede il software che viene ottimizzato per il proprio hardware, lo equipaggia con servizi Web (iTunes e iCloud) e controlla le vendite attraverso i propri store.

Translation is Europe

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Laura Novati

Molti anni fa, una copertina del «Giornale della libreria» (era il numero per la Buchmesse) mostrava Umberto Eco che attraverso una nuvoletta da fumetto esortava: «Don’t tax books!», nel quadro di una campagna che doveva partire a tutta forza a Francoforte per l’azzeramento dell’Iva sui libri in Europa; da verificare se, vent’anni dopo, l’obiettivo è stato raggiunto: in quanti e quali Paesi, se non l’azzeramento, si è concretamente proceduto per avere almeno l’uniformazione al più basso livello possibile dell’imposta; speriamo comunque che l’obiettivo Iva 0% sui prodotti editoriali sia una prospettiva e non un miraggio (con le dovute complicazioni indotte dal digitale). Nel frattempo, bisognerebbe dedicare un’altra copertina al nostro infaticabile promoter Umberto Eco (autore, ricordiamolo, anche dei bei saggi di Non possiamo fare a meno dei libri) perché sì, è proprio vero, «Translation is the language of Europe», oggi e domani. Riprende lo slogan anche Barroso, Presidente della Commissione Europea, firmando la prefazione di The European Union Prize for Literature - Twelve winning authors, 2012 e ricordando che dal 2003 sono state 3000 le opere letterarie che hanno ricevuto incentivi per totali 14 milioni di euro e nel 2011 si è toccato il record con 600 opere tradotte.

B&N? Of course

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Dicembre 2012

di Elisa Molinari

«Avete dei libri per piccoli lettori?» chiedeva una bambina con le trecce al commesso di una libreria. «Hai provato da Barnes & Noble?» rispondeva lui. «Barnes & Noble, of course, of course», rispondeva la bambina, mettendosi una mano sulla fronte. Era il 1974 quando B&N mandava in onda il primo (pluripremiato) spot televisivo di una libreria. Oggi, stando a barnesandnoble.com, i clienti sono circa 40 milioni, la compagnia ha una quota di mercato del 27% per quanto riguarda gli e-book negli Stati Uniti e vende, tra negozi e on line, circa 300 milioni di libri all’anno, proponendo oltre centomila incontri per il pubblico. Il tutto partendo da una piccola attività in Illinois. Correva l’anno 1873 quando Charles Barnes apriva la sua stamperia di libri a Wheaton, non molto lontano da Chicago. La prima libreria fu opera del figlio William nel 1917 a New York, in partnership con G. Clifford Noble. Nel 1971 Leonard Riggio, libraio, ex commesso di un university bookstore, ossessionato dal servizio al cliente come l’altro «golden boy» Jeff Bezos, rileva la compagnia per farne «the world’s largest bookstore», con 150 mila titoli, iniziando ad espandersi nella regione di New York e di Boston. Nel 1975 l’idea di diventare il primo bookstore degli Stati Uniti a proporre con lo sconto del 40% i best-seller del «New York Times», idea che fu etichettata, all’epoca, come una delle migliore trovate di marketing in campo editoriale. Nel corso degli anni Ottanta, l’espansione continua con l’acquisizione delle 797 librerie della catena Dalton e delle librerie Doubleday (giusto per citarne alcune), subito brandizzate B&N, oltre che con l’apertura capillare di negozi in tutto il Paese.

Editori e Cina

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Dicembre 2012

di Elena Refraschini

Il mercato editoriale cinese è di nuovo sotto i riflettori mondiali. Non solo in seguito all’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Mo Yan (vedi articolo precedente), ma anche dopo il grande e cresciuto interesse suscitato dalla zona cinese alla Fiera di Francoforte. Dopo essere stato Paese Ospite d’Onore alla Buchmesse del 2009, anche quest’anno la Cina ha fatto parlare di sé: la vittoria del Nobel per la letteratura di Mo Yan è stata annunciata l’11 ottobre, mentre due giorni più tardi è stato assegnato dalla fiera a Liao Yiwu, scrittore dissidente ora esiliato in Germania, il premio per la pace. Come sottolinea Zhang Genrui, a capo della sezione tedesca di uno dei gruppi editoriali più importanti d’oriente, il China International Publishing Group (Ciph), se negli ultimi sedici anniera lui a dover inseguire gli editori stranieri e i giornalisti oggi, invece, lo stand a Francoforte ha ospitato continuamente lettori curiosi, editori, agenti, scout e giornalisti. Dai Lan, coordinatore della delegazione cinese alla fiera, afferma che dal 2000 la partecipazione alle manifestazioni internazionali da parte degli editori cinesi è aumentata esponenzialmente: quest’anno erano presenti settanta editori nella delegazione, ma un numero imprecisato ha partecipato come indipendente. Questa massiccia adesione rende manifesto l’interesse degli editori cinesi verso l’esplorazione dei mercati occidentali, che sempre più spesso forniscono libri destinati a diventare best-seller nella Terra di Mezzo; d’altra parte, conferma anche la volontà degli editori di promuovere le proprie opere sul mercato internazionale, interessato ora non soltanto alle narrazioni della Cina tradizionale ma soprattutto a quelle inserite nella vita urbana contemporanea e che affrontano temi più individualistici, come la ricerca dell’anima gemella o del successo lavorativo.

Segnali di lettura

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Novembre 2012

di Lorenza Biava

I dati presentati a Francoforte parlano chiaro: il mondo del libro è in crisi, calano i fatturati, si ridisegnano gli assetti dei canali di vendita. Ma non è tutto. A riportare un preoccupante segno negativo sono anche e soprattutto i lettori di libri che sono oggi 25,9 milioni, 723 mila in meno rispetto al 2010. L’indagine Nielsen dello scorso marzo, che lega alla lettura l’acquisto di libri, ci dice che il 7% dei forti lettori (ovvero coloro che leggono più di 12 libri all’anno) sono a loro volta il 5% dei forti acquirenti e generano da soli il 44% dei volumi venduti. La piramide dell’acquisto è così ancor più concentrata (e acuminata verso l’alto) rispetto a quella della lettura. Il 13% di chi compra più di nove libri all’anno genera un volume di vendita che rappresenta, circa, il 55% delle copie vendute nei canali trade italiani. In un simile contesto è chiaro che la promozione della lettura assume un carattere fondamentale e che proprio dalle iniziative volte ad allargare la base di lettori ci si può aspettare risultati migliori e più duraturi per un mercato in affanno come è sempre più quello del libro. Per inquadrare meglio il contesto entro cui si muove il nostro Paese, abbiamo raccolto una selezione delle iniziative di promozione della letteratura più diffuse nelle quattro maggiori nazioni europee: Francia, Spagna, Germania e Regno Unito. La prima evidenza che balza all’occhio osservando l’esperienza estera è la varietà delle iniziative proposte da fondazioni per la lettura (Germania), consorzi pubblici privati (Regno Unito), centri per la promozione del libro (Francia) e ministeri/associazioni degli editori (Spagna). Il modo più semplice per leggere le linee comuni e le proposte innovative sviluppate dai vari paesi è probabilmente quello di individuare il pubblico cui le singole iniziative si rivolgono in prevalenza. Non tutte le campagne, infatti, hanno come destinatario lo stesso pubblico di lettori deboli, pensiamo ad esempio alle numerose fiere del libro organizzate sia a livello nazionale – dal Salone del libro di Parigi a Liber, la fiera del libro di Barcellona – che locale, tutte rivolte alla cosiddetta «gente del libro».

Un mondo accessibile

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Novembre 2012

di Rosa Mugavero

In Italia sono già tredici gli editori e i gruppi editoriali che, aderendo al progetto Lia - Libri Italiani Accessibili, hanno deciso di cogliere la sfida di produrre contenuti editoriali accessibili per le persone non vedenti e ipovedenti. Come è noto infatti, grazie al modello di produzione messo a punto dal progetto Lia, questa prima schiera di editori italiani, che rappresenta il 60,2% della quota di mercato a valore nei canali trade (fonte: Ufficio studi Aie su dati Nielsen), ha cominciato a realizzare i primi e-book accessibili (vedi R. Mugavero, Lia entra nel vivo, «GdL», 10, novembre, 2012, pp. 26-27). Tuttavia, il concetto di accessibilità applicato al mondo dell’editoria è un tema che interessa non solo gli editori italiani. Considerato infatti che nel mondo vivono circa 39 milioni di persone non vedenti e 246 milioni di ipovedenti (fonte: Organizzazione mondiale della salute), non stupisce sapere che, anche a livello internazionale, sempre più editori hanno iniziato a porre la propria attenzione nei confronti del tema dell’accessibilità. Del resto, rendere disponibili al maggior numero di persone le proprie opere pubblicate, è uno degli scopi dell’industria editoriale. Pertanto, complici anche la diffusione delle nuove tecnologie e l’evoluzione dell’editoria verso il digitale, molti editori internazionali hanno deciso di occuparsi di accessibilità e di cominciare ad attuare una serie di strategie di produzione, finalizzate a mettere a disposizione contenuti editoriali accessibili anche alle persone che soffrono di una qualche forma di disabilità visiva. È il caso di Penguin Books che, da circa un anno, ha iniziato ad integrare i requisiti essenziali dell’accessibilità all’interno delle proprie linee guida per la creazione di e book, come ci ha spiegato Chris Rogers (Digital publishing technology coordinator di Penguin Books).

A mille miglia da casa

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Ottobre 2012

di Lorenza Biava

Nate dalla passione di bibliofili innamorati del nostro Paese o dall’ispirazione di giovani librai migranti, le librerie italiane all’estero sorgono ormai in tutte le principali città europee. Un viaggio tra Amsterdam, Parigi e Bruxelles alla ricerca dell’origine della passione per il libro italiano.

Più... internazionali

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Ottobre 2012

di Interviste a cura di Lorenza Biava

Parola d’ordine: internazionalizzazione. Sempre più importante nei bilanci di molti editori, la compravendita dei diritti è anche un momento fondamentale per creare rapporti con gli editori stranieri, portando all’estero la cultura italiana. Ecco perché quest’anno Più libri più liberi riproporrà il 6-7 dicembre il Fellowship Program rivolto agli operatori di settore stranieri interessati a sondare nuove opportunità di relazione e di mercato. Punto di forza sarà la proposta degli editori che offrirà una variegata panoramica di ciò che di meglio la piccola e media editoria indipendente ha da offrire a chi è in cerca di autori e libri italiani da tradurre e pubblicare all’estero. Una premessa importante per fare in modo che la fiera promossa dall’Associazione acquisti un profilo sempre più internazionale, qualificandosi sempre più come luogo ideale per favorire incontri mirati tra editori italiani e stranieri come raccontano alcuni dei professionisti protagonisti delle scorse edizioni.

Read. LeggItaliano

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Ottobre 2012

di Luisa Finocchi

La costante osservazione dell’export dei titoli italiani nel mondo realizzata nel 2009 da Aie con Ice e Doxa è stata il punto di partenza per una serie di indagini la cui continuità sottolinea l’importanza di questo settore per l’industria editoriale nazionale. Gli ultimi approfondimenti sembrano confermare, anzi avvalorare, alcune linee di tendenza emerse nel corso dell’indagine del 2009 che, in primo luogo, segnano una sostanziale stabilità dell’export dei libri in italiano nel mondo: un mercato limitato, circa 40-42 milioni di euro annui, pari al 1,2% del mercato complessivo. Questo, si sa, è dovuto da un lato al numero limitato di lettori/acquirenti di libri in italiano all’estero, e dall’altro alle scarse politiche istituzionali volte a promuovere l’insegnamento della nostra lingua nel mondo.

A volte ritornano

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Settembre 2012

di Ester Draghi

Dal 6 al 9 dicembre torna a Roma, per l’undicesimo anno, Più libri più libri. La manifestazione spalancherà ancora una volta le porte del Palazzo dei Congressi dell’Eur a oltre 50 mila visitatori desiderosi di incontrare autori, editori e di scovare piccoli e grandi tesori cartacei. Una vera e propria rivincita, quella di tornare ad affermare con forza la propria presenza nella capitale, specialmente se si pensa a tutte le difficoltà – dovute ai tagli effettuati dalla pubblica amministrazione – incontrate nella X edizione, quando sembrava che la fiera della piccola e media editoria fosse destinata a scomparire.

I nuovi bookshop

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Settembre 2012

di Elisa Molinari

I più grandi musei del mondo hanno stanno investendo nel rifacimento dei propri bookshop da parte di architetti famosi. Un viaggio nei principali musei del mondo per capire verso dove sta andando il concept dei bookshop museali.

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