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Ediser

Titoli da bestseller

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2013

di Elisa Molinari

«Se ti arrendi sul titolo del numero uno sarò particolarmente felice e soddisfatto. Anch’io ci ho riflettuto molto durante l’estate, ma Uomini che odiano le donne è davvero un buon titolo. Ho chiesto a diversi conoscenti cosa ne pensavano e dicono tutti che è un titolo che si guarda due volte». Così Stieg Larsson alla sua editrice, Eva Gedin. Uomini che odiano le donne sarebbe diventato il best-seller che è anche con un altro titolo? Che cos’è allora un titolo? Che ruolo svolge? Umberto Eco nelle celebri Postille a Il nome della rosa scrive: «Un titolo è purtroppo già una chiave interpretativa. Non ci si può sottrarre alle suggestioni generate da Il rosso e il nero o da Guerra e pace. I titoli più rispettosi del lettore sono quelli che si riducono al nome dell’eroe eponimo, come David Copperfield o Robinson Crusoe, ma anche il riferimento all’eponimo può costituire una indebita ingerenza da parte dell’autore. […] Forse bisognerebbe essere onestamente disonesti come Dumas, poiché è chiaro che I tre moschettieri è in verità la storia del quarto». E ancora, parlando de Il nome della rosa: «Il mio romanzo aveva un altro titolo di lavoro, che era l’Abbazia del delitto. L’ho scartato perché fissa l’attenzione del lettore sulla sola trama poliziesca e poteva illecitamente indurre sfortunati acquirenti, in caccia di storie tutte azione, a buttarsi su un libro che li avrebbe delusi. Il mio sogno era di intitolare il libro Adso da Melk. Titolo molto neutro, perché Adso era pur sempre la voce narrante. Ma da noi gli editori non amano i nomi propri, persino Fermo e Lucia è stato riciclato in altra forma, e per il resto ci sono pochi esempi, come Lemmonio Boreo, Rubé o Metello… Pochissimi, rispetto alle legioni di cugine Bette, di Barry Lyndon, di Armance e di Tom Jones che popolano altre letterature[...]. Un titolo deve confondere le idee, non irreggimentarle».

Un popolo a dieta

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2013

di Lorenza Biava

Custodi dei segreti di una delle migliori tradizioni culinarie del mondo, gli italiani si barcamenano ormai quasi equamente tra buona cucina e… diete. Già perché, popolo di buone forchette (ma anche di lussuriosi dello spaghetto e di pentiti del cotechino), sono mesi e mesi che, tra i primi quindici libri di varia più venduti in libreria, diete e ricettari si rincorrono, si rimpallano e si rubano posizioni. Un fenomeno, quello delle diete, che secondo IE – Informazioni editoriali, ha fatto crescere, tra 2011 e 2012, dal 12,4% al 16,7% l’incidenza dei manuali di dietistica sul settore della manualistica di salute. Tra questi spiccano ovviamente i titoli del celebre «ex» medico francese Pierre Dukan, amato e odiato in egual misura dalla popolazione del Bel Paese: difeso in modo fideistico dai suoi seguaci, guardato con preoccupazione da chi lo accusa di sovvertire la dieta mediterranea. E non solo del bestseller La dieta Dukan edito da Sperling & Kupfer si parla, ma di una famiglia assai vasta di titoli, dalla pasticceria Dukan ai ricettari per la cucina di tutti i giorni, che secondo i dati dell’editore pesano per circa il 12% del comparto diete. In fondo un po’ è anche colpa di Kate Middleton, diciamocelo, e delle tante star che, dai politici francesi Nicolas Sarkozy a Francois Hollande, dalla modella Giselle Bundken alla cantante Jennifer Lopez, non hanno fatto mistero della loro ammirazione per la dieta iperproteica. Eppure la sensazione è che, nel convincere migliaia di italiani ad abbandonare pasta e pane in favore di bistecche e crusca, più del gossip abbia potuto il passaparola. Ne parliamo con Enrico Racca, editor in chief per la non fiction di Sperling & Kupfer.

Una totale confusione

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2013

di Giorgio Kutz

La totale confusione tra didattica e divulgazione è il primo scoglio su cui si arenano tutti gli alieni che da decenni offrono «contenuti» al mondo della scuola per trarne in qualche modo profitto, senza conoscerne un’acca. Non farà eccezione l’ondata di offerte digitali che presto vedremo affacciarsi sul mercato education, complice una declinazione dell’Agenda digitale per la scuola compilata come di consueto da alieni. Questi si sono dimostrati ancora una volta (si, non è la prima…) più sensibili al luccichio del ferro (nel caso specifico i tablet) e al mitico «peso» in kg della cultura, che alla noia della (necessaria) riprogettazione della didattica in versione digitale e men che mai alla disperazione degli insegnanti. A questi, sciagurati, sempre più costretti a improvvisarsi bricoleur della didattica digitale, va la nostra piena solidarietà. E il conforto che, se proprio hanno voglia di lavorare di taglia e cuci sull’offerta divulgativa, qualcosa in giro da qualche parte c’è ed è inutile che se lo fabbrichino con la loro tastiera.

Au revoir Fnac

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Elena Refraschini

Il gruppo facente parte della francese Ppr – di proprietà di François-Henri Pinault, figlio del miliardario François Pinault, 59esimo patrimonio mondiale – aveva annunciato, nel gennaio 2012, che entro la fine dell’anno avrebbe ultimato l’uscita dal mercato italiano, nell’ambito di un piano generale di risparmio e rilancio della competitività aziendale: «In Italia, dove non sussistono più le condizioni per un’attività in proprio, la Fnac vaglierà tutte le possibili opzioni e prenderà una decisione entro l’anno», aveva dichiarato il suo presidente. Quando nacque negli anni Cinquanta in Francia grazie all’idea del fondatore Marc Theret, il negozio fu subito premiato dai giovani, perché visto come «agitatore culturale». Oggi Fnac ha 145 filiali nel mondo e 17.000 dipendenti. I tempi, però, cambiano in fretta. Entrata in Italia nel 2000 (il primo negozio fu inaugurato in ottobre, in via Torino a Milano), l’azienda non aveva mai raggiunto le condizioni operative necessarie per imporsi nel mercato, e la crisi finanziaria ha soltanto accelerato il processo dal 2009 in poi. In un incontro sindacale, la Fnac ha detto di aver perso tra gli 11 e i 12 milioni di euro negli ultimi anni, di cui 9 solo nell’ultimo anno, quando si è verificato un calo di fatturato del 21%. Peraltro, i tagli erano iniziati già dal 2009, quando aveva chiuso prima il negozio di Basilea e poi quello di Bastille, provocando il licenziamento di 60 persone. Nel piano Fnac 2015 si vuole raggiungere l’obiettivo di tagliare i costi di 80 milioni, il che provocherebbe il licenziamento di 510 persone (310 in Francia, 200 all’estero).

Ed è più internazionale

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Ester Draghi

Da 1.800 titoli a 4.629. Significa un incremento medio annuo del 16%. È questo il valore della crescita dell’export dell’editoria italiana in termini di titoli di cui ha venduto i diritti all’estero tra 2001 e 2011. Ed è in questo contesto che dobbiamo leggere i risultati del Fellowship program che l’Aie, in collaborazione con l’Ice e Promoroma, ha proposto anche quest’anno agli oltre 400 piccoli editori presenti a Più libri più liberi. Nelle quattro giornate della Fiera sono stati organizzati incontri con 19 operatori stranieri che hanno preso parte al programma il cui obiettivo principale è stato quello di presentare a livello internazionale la più recente produzione delle piccole e medie case editrici italiane a un gruppo ristretto di operatori stranieri qualificati che hanno così potuto conoscere e approfondire quanto di meglio la piccola editoria indipendente offre. Ma la grande novità di quest’anno è stata la presenza cinese. La quale, a sua volta, si inserisce in un rapporto molto più lungo che ha offerto all’editoria italiana gli strumenti per conoscere e rapportarsi con questo grande mercato.

Giudicare dalla cover

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Interviste a cura di Lorenza Biava

«La copertina di un libro è un manifesto e la sua missione è quella di comunicare a chi la osserva che c’è qualcosa di interessante per lui in quel libro». Così scriveva Bruno Munari facendo riferimento al suo lavoro con le collane e le copertine Einaudi. Una frase che ben descrive il lavoro del grafico, nonostante il modo in cui il digitale e l’e-commerce stiano cambiando le modalità in cui il lettore entra in contatto con il libro. Ne abbiamo parlato con Alice Beniero, art director ISBN edizioni, e Riccardo Falcinelli, book designer di numerose collane da minimum fax a Einaudi, da Carocci a Laterza.

Gli archivi crescono

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Laura Novati

Il Centro Apice (Archivi della parola dell’immagine e della comunicazione editoriale) dell’Università degli Studi di Milano ha compiuto dieci anni e l’ha ricordato con una serata nella Sala Napoleonica di via Sant’Antonio; con un primo incontro con Giorgio Lucini, Gian Piero Piretto, Stefano Salis e Antonello Negri, coordinatore Andrea Kerbaker per presentare una scatola- cartella nel consueto stile elegante e sofisticato proposto dall’officina d’arte grafica Lucini. Il giorno dopo si è passati a discutere sugli «Archivi editoriali tra memoria e storia»: una giornata dedicata a discutere fra esperti italiani e stranieri; nella prima sessione, coordinata da Enrico Decleva, già rettore dell’Università e che a lungo si è impegnato in prima persona per la realizzazione del Centro Apice, Jean-Yves Mollier (Université de Versailles-Saint- Quentin-en-Yvelines), Lodovica Braida, Antonello Negri, Alberto Cadioli, Brigitte Ouvry-Vial (Université du Maine, Le Mans) e Albert Dichy (Abbaye d’Ardenne) hanno in certo modo e da punti di vista differenti ripercorso la storia degli archivi editoriali per come si sono costituiti e organizzati per arrivare non solo alla salvaguardia della cultura scritta, ma di quella particolare forma di cultura scritta che è la cultura editoriale, tutto ciò che sta prima e dopo la nascita di un libro o di un catalogo.

Il futuro adesso

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Intervista a cura di E. Vergine

Il passaggio al digitale e le nuove tecnologie stanno cambiando la filiera editoriale a tutti i livelli. Le professionalità tradizionali si stanno modificando o stanno correggendo il tiro per essere al passo coi tempi. Quello dell’ufficio stampa è tra i mestieri che sta affrontando i cambiamenti maggiori eppure quali siano le nuove competenze necessarie e cosa vada mantenuto della «vecchia scuola» non è ancora del tutto chiaro. Una delle caratteristiche più salienti che in questo momento contraddistinguono il lavoro dell’ufficio stampa nelle case editrici è senza dubbio l’ambiguità che si è venuta a creare tra quello che era il compito primario di questo comparto della filiera – ossia la gestione dei rapporti con i media tradizionali – e il lavoro del marketing. Ne abbiamo parlato con Adolfo Frediani (consulente editoriale e responsabile media della fondazione Ahref).

Il futuro è libreria?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Giovanni Peresson

«Anche questa è una libreria!» si potrebbe dire parafrasando la pubblicità di quest’anno di Più libri più liberi («Anche questo è un libro!») I casi (italiani e internazionali) che il lettore del «GdL» incontrerà nelle pagine successive, e quelli che ha potuto leggere nei numeri del 2012 (e un’occhiata andrà buttata anche alle notizie sul sito della rivista) iniziano a delineare le nature e le anime diverse in cui la libreria ha scelto di posizionarsi in questi anni. La stessa intervista ad Achille Mauri in questo stesso numero del «GdL» (pp. 26-27) aggiunge nuova materia alla riflessione. La contrazione dei consumi delle famiglie (all’interno del più generale impoverimento della classe media, si veda il Quarantaseiesimo rapporto Censis) che negli ultimi due anni ha investito libri e librerie è solo il reagente che sta accelerando dei processi che affondano le loro radici ben più lontano, collocandoli se mai nel quadro di un oggettivo contesto di difficoltà economiche e di natura finanziaria. Che rende le cose meno facili da affrontare. Dietro stanno i big player con i loro ecosistemi di distribuzione dei contenuti digitali e i loro modelli di business (oltre che di scelta dei Paesi da cui operare con la minor imposizione fiscale). Stanno i cambiamenti nei comportamenti dei lettori e la concorrenza che all’interno della dimensione «tempo»/mobilità portano smartphone e tablet.

La chiave di volta

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Serena Baccarin

Dai palazzi dei centri storici cittadini alle stazioni, architettura, arredamento e design d’interni, sono da sempre elementi qualificanti fondamentali per le librerie. Numerosi sono gli esempi di catene e di librai indipendenti, che hanno saputo valorizzare gli elementi storico-artistici degli edifici ospitanti, trasformandoli nello scenario ideale per l’esperienza d’acquisto. Tuttavia l’ampliarsi dell’assortimento e dei servizi hanno spinto a rivedere l’impianto della libreria. Ne abbiamo discusso con Giovanni Galla, architetto del Gruppo Galla 1880, e con Miguel Sal, progettista e brand consultant per le Librerie Feltrinelli.

Le storie infinite

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Elisa Molinari

Indagare il rapporto tra libri e film non può essere più solo l’esame dei flussi di film che hanno avuto, come si dice, il libro come primo anello della catena del valore. Dai numeri emerge – anche per il mercato italiano – una tendenza chiara che ci deve far interrogare sul bisogno che lo spettatore o il lettore (spesso sono la stessa persona, che può non aver visto il film ma solo il trailer o solo ascoltato l’autore del romanzo in una trasmissione televisiva) ha oggi di nuove forme di narratività, su come le consuma, su come entra dentro le storie e sulle domande che pone a chi le storie le crea e le distribuisce. Vediamo, innanzitutto, le principali evidenze che scaturiscono dall’aggiornamento dell’indagine (quella precedente e relativa agli anni 2005-2008 è consultabile su www.giornaledellalibreria.it alla sezione Convegni).

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