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Novembre 2013

digitalDevice
Novembre 2013
Fascicolo digitale

La rivista

Ben fatti e accessibili
di Rosa Mugavero
 
Abstract
Con la diffusione delle nuove tecnologie e l’evoluzione dei formati di produzione, l’accessibilità dei contenuti editoriali non è più una questione di nicchia che riguarda esclusivamente la cosiddetta editoria speciale. L’ingresso del digitale all’interno del mondo editoriale, oltre a migliorare notevolmente la possibilità da parte di persone con disabilità visiva di accedere alle informazioni, ha offerto agli editori l’opportunità di pubblicare contenuti digitali più accessibili. Un contenuto digitale è per definizione un contenuto flessibile e versatile e dunque accessibile perché fruibile in diversi modi. Lo scorso ottobre, a Francoforte nell’ambito di Contec 13, all’interno della sessione «Building a more accessible book market» il segretario generale di Ipa-International Publishers Association, Jens Bammel, ha definito il concetto di accessibilità come «hyperflexibility», insistendo molto sul fatto che gli editori che oggi sono in grado di soddisfare le esigenze dei lettori con disabilità visiva in futuro avranno maggiori chance rispetto a quelli che non lo faranno. Del resto un e-book accessibile è un e-book strutturato semanticamente e che quindi può essere facilmente interpretato indipendentemente dalla piattaforma di visualizzazione (sia essa un browser, un ereader, un tablet). Inoltre un e-book strutturato semanticamente è più facilmente gestibile in modo automatico in previsione di eventuali ulteriori conversioni verso nuovi o altri formati.
Copertine da esplorare
di Elisa Molinari
 
Abstract
La grafica della casa editrice barese racconta come offrire ai lettori esperienze di lettura ricercate e multisensoriali. Come cambia la grafica delle copertine se i lettori comprano sempre meno in libreria? Noi cerchiamo di suggestionare il lettore con delicatezza, offrendogli un’esperienza di lettura e di manipolazione del libro che somigli più a un’esplorazione, a una lenta scoperta di dettagli inaspettati: una sensazione tattile piacevole; un titolo di copertina che si espande fino a invadere quarta e alette; un frontespizio che viene svelato attraverso una copertina forata; un’immagine, un’illustrazione o un gioco grafico che accompagna lo sfogliare delle pagine scandendo il ritmo della suddivisione in capitoli, il tutto in un costante gioco di equilibri e richiami tra interni e copertina, progettato a partire dal contenuto di ciascun titolo. In un momento di crisi, quanto si punta sulla creatività e sulla sperimentazione? Nella maggior parte dei casi, vista spesso la scarsa disponibilità di mezzi, si cerca di fare dell’economia un punto di forza: è un lavoro di squadra, riuscire a realizzare con cura dei dettagli libri belli e fatti bene, cercando di «contenere» e incanalare le spinte creative. Si ha, però, piena libertà d’azione nelle questioni prettamente grafiche. In fondo, se in qualche modo si parla di Caratteri-Mobili, è anche per la bellezza dei dettagli, e questo attrae i lettori.
Cover digitali
di Lorenza Biava
 
Abstract
Secondo l’ultimo Rapporto sullo stato dell’editoria, dei 21.300 e-book pubblicati nel nostro Paese nel 2012 il 66% è uscito in contemporanea all’edizione cartacea. Sebbene la maggioranza degli e-book rappresenti quindi la riproposizione, in formato digitale, dell’omonimo titolo cartaceo, possiamo con una qualche sicurezza affermare che non è piccolo il numero dei titoli digitali che lo scorso anno è stato progettato esclusivamente per tablet ed ereader. Cosa comporta questo per la grafica delle copertine? Ridotte a thumbnail e costrette a convivere in spazi digitali dominati da logiche di interazione diverse rispetto a quelle che si giocano nel mondo fisico, quali espedienti si devono mettere in atto per entrare in sintonia col lettore? Ne abbiamo parlato con i grafici di due esperienze digitali diverse ed ugualmente interessanti: Emma Books, la sigla editoriale lanciata nel 2011 da BookRepublic con la collaborazione con Grandi & Associati che è interamente dedicata alla letteratura femminile e che consta oggi di nuove collane, e gli e-book di IoScrittore, il concorso di GeMS rivolto agli esordienti giunto nel 2013 alla quinta edizione, che nel tempo ha portato alla pubblicazione di una settantina di volumi in formato «digital only».
Cultura «con»
di Ginevra Vassi
 
Abstract
A un tiro di schioppo dalla mecca del cinema, uno dei più riusciti esempi del made in Hollywood si chiama Con, San Diego Comic Con International, la più grande convention legata al mondo dei fumetti. Definita oggi come il «Super Bowl della cultura nerd», l’evento nasce come fiera del fumetto nel 1970 grazie ad un gruppo di appassionati del settore, oltre che di film e letteratura fantasy e science fiction. La convention negli anni è cresciuta a dismisura, fino a diventare una celebrazione delle arti popolari al punto che colossi cinematografici, televisivi ed editoriali l’hanno trasformata in uno degli eventi cruciali per la promozione della stagione a venire. Guai però a pensare che si tratti di un raduno di allampanati trekker e cosplayer: l’evento californiano (ma non sono quello) è ormai diventato uno degli appuntamenti imperdibili per intravedere tendenze future nel campo non solo della nona arte ma, a 360 gradi, dell’intrattenimento. Se l’appuntamento californiano è forse il più noto, nel Nord America si è assistito negli ultimi anni a una proliferazione di con: da New York a Seattle, da Vancouver a Denver, da Baltimora e Anaheim. I numeri? Oggi il San Diego Comic Con vanta circa 130 mila ingressi l’anno, New York 116 mila e Toronto ben 91 mila. A giocare un ruolo fondamentale spesso sono proprio la città ospitanti, capaci di creare delle vere e proprie sinergie con gli eventi. Come? Basta chiedere a camerieri di fastfood obbligati a travestirsi da tartarughe ninja e osservare fermate dell’autobus con indicazioni scritte in lingua dothraki. Come si spiega? Fa tutto parte della diffusione della cultura nerd, spiega Charles Brownstein, executive director del Comic book legal defense fund. «I con sono un riflesso di quello che sta succedendo nel più ampio mondo dell’intrattenimento». Difficile identificare in maniera definitiva i motivi dello sdoganamento del genere. C’è chi dice che sia dovuto al fortissimo senso di community degli appassionati, c’è chi sostiene che questa spettacolarizzazione sia un riflesso degli effetti speciali del cinema. I nostalgici si dicono sicuri che la passione per questo genere sia il retaggio dalle generazioni precedenti, amplificata – fanno eco i blogger – da internet. Chissà allora cosa direbbe oggi Will Eisner, leggendario fumettista statunitense a cui è dedicato l’ambitissimo Eisner Award (conferito proprio durante il SDCC) che ebbe a dire: «Sogno un mondo in cui i fumetti siano apprezzati come medium per tutti i generi di storytelling, non solo per i supereroi».
Dagli annunci ai fatti
di Marco Polillo
 
Abstract
Lo scorso anno dicevamo che una politica per il libro era urgente. Ora dobbiamo dire, con amarezza ma con forza, che è tardi. Molti danni nel frattempo sono stati prodotti. In due anni il fatturato è calato del 14%. Siamo nel pieno di una crisi occupazionale e il ricorso alla cassa integrazione non è stato mai così intenso. L’intera filiera soffre: ogni giorno abbiamo notizie di librerie che chiudono e il fenomeno ha effetti ben oltre la congiuntura perchè ricostruire un tessuto di librerie è molto difficile e i danni di oggi si protrarranno nel tempo. La crisi di liquidità si aggrava: colpisce prima le librerie ma, a catena, la distribuzione e gli editori. Anche l’export cala, dopo anni con un preoccupante -10%. Enrico Letta ha detto che «istruzione e cultura sono al centro dello sviluppo economico e sociale». Gli accordiamo fiducia, ma vorremmo anche sapere quale ritiene sia il ruolo del libro nella realizzazione di questi obiettivi. Si tratta di costruire, senza polemiche ma nemmeno senza fare sconti, una politica per il futuro. E costruirla su temi concreti.
Dall'evento al libro
di Gabriele Pepi
 
Abstract
Ci sono periodi in cui le notizie scarseggiano e ce ne sono altri, invece, come gli undici mesi appena trascorsi, dove i grandi eventi mediatici – che si tratti delle ultime elezioni politiche nazionali (ne abbiamo parlato diffusamente in uno speciale uscito sul «Giornale della Libreria» di aprile), delle rivolte in Medio Oriente, dell’elezione di un nuovo Papa o di fatti di costume come la nascita del Royal Baby – sembrano susseguirsi a distanza più ravvicinata del solito, scardinando la consueta routine dell'informazione e portando con sé l'immancabile effetto a catena sul mondo del libro. Un effetto che, per alcuni di questi eventi mediatici, raggiunge una scala globale, come nei casi, diametralmente opposti, dell’elezione di papa Bergoglio e della nascita dell’erede al trono inglese, letteralmente spolpati dall’industria editoriale in una miriade di pubblicazioni, più o meno ufficiali, tra le quale perdersi non è affatto difficile. Partiamo dall'elezione papale che ha visto salire al soglio di Pietro Jorge Mario Bergoglio, uno dei papi più mediatici degli ultimi anni e sicuramente dotato di un carisma e di una capacità naturale di entrare in sintonia con i fedeli che non può che far correre il pensiero a papa Wojtyla, a sua volta grande comunicatore (e, per quanto ci riguarda apprezzato autore). La produzione di libri legati all’elezione del nuovo papa Francesco negli ultimi mesi ha subito quindi una prevedibile accelerazione. Per accorgersene basta dare un’occhiata alle classifiche che mensilmente riportiamo nelle prime pagine del «GdL»: i titoli dedicati agli scritti di Bergoglio o ai suoi insegnamenti sono cresciuti esponenzialmente e spesso si sono ritrovati ad occupare la vetta della classifica.
Fumetti digitali
di Giorgio Kutz
 
Abstract
Abbiamo già segnalato su queste pagine come lo schermo retroilluminato del tablet e le sue potenzialità interattive offrano al mondo degli illustrati una resa eccellente e opportunità inedite di evoluzione. Questo assioma vale anche per il mondo del fumetto e della graphic novel, non senza qualche se e ma…perché anche qui (soprattutto qui, ci vien da dire) gli editori si trovano davanti al problema di dover investire in nuove forme di libro, arricchito di interattività e multimedialità, mentre la pirateria erode il loro business tradizionale. Vediamo in breve che cosa s’è mosso, a partire dal 2010, in Italia, in Francia e negli Usa, e cerchiamo di fare il punto su come si sta configurando l’offerta, dato per scontato che la domanda, come avviene per il resto dell’editoria digitale, è più che debole. Il modo apparentemente più immediato per accedere ai fumetti italiani è il portale per tablet Comics Store Ad che al momento predica bene ma razzola abbastanza male. Dal portale si accede in teoria ai titoli di numerosi editori, da Panini a Bonelli a Mondadori a Flashbook, e ai generi più disparati, inclusi i manga giapponesi. Non siamo però riusciti a trovare un motore di ricerca in vetrina, la scelta è affidata allo scroll col dito, cliccando su una cover si accede al motore di e-commerce del distributore, i titoli sono disponibili (a volte) a stampa. Molte cover rimandano a un presunto «aggiornamento del database in corso». Ma perché aprire una vetrina in queste condizioni? Quanto alle «firme» editoriali italiane, citiamo il capostipite Diabolik della Mondadori, che con un’App introduttiva (0,89 euro) ci conduce in un ambiente fortemente interattivo, in stile bubble viewer, gradevole ed efficace, molto ricco di punti sensibili che si illuminano al tocco, con l’aggiunta di qualche effetto speciale – delizioso il filmatino sulle sorelle Giussani, le «mamme» del personaggio. Infine la stanza di Diabolik ti porta all’acquisto dei singoli albi (1,78 euro) – per chi soffre di mal di testa a navigare nel bubble consigliamo di cliccare, sul menù old style, la dicitura «fumetti».
Graphic novel a scaffale
di Emanuele di Giorgi
 
Abstract
Tunué Editori dell’immaginario è una casa editrice di Latina, molto attiva nell’ambito del graphic novel e delle iniziative ad esso legate. Quest’anno Tunué ha condotto un’indagine relativa all’esposizione di fumetti e graphic novel nelle librerie di varia per individuare le criticità da risolvere e le buone norme da imitare. Abbiamo chiesto a Emanuele Di Giorgi, amministratore del marchio di parlarci di quanto emerso nell’indagine per evidenziare le possibili alternative che si prospettano ai librai. Quali sono le problematiche esistenti oggi nel mondo della distribuzione dei graphic novel? Quali sono le cause e quali le possibili soluzioni? Il mondo della distribuzione dei graphic novel e dei fumetti in generale ricalca in maniera sostanziale la situazione delle librerie di varia. Anche qui le più importanti case editrici, tra le quali la Panini spicca su tutte, si sono strutturate nel tempo operando un’integrazione verticale, che le ha portate a creare prima, a monte, una propria società di distribuzione e, a valle, all’apertura di punti vendita a proprio marchio. Sicuramente la parte più riuscita dell’integrazione è quella a monte con la creazione di tre grossi distributori: Pan distribuzione, che distribuisce principalmente Panini, quindi supereroi Marvel (X-men, Avengers, Spider-man…), manga, ma anche fumetti da edicola, come Sergio Bonelli Editore, Topolino, ma solo dopo un certo periodo dall’uscita per non andare contro la distribuzione in edicola, quasi per niente si occupa di graphic novel. Alastor che distribuisce supereroi DC (Superman, Batman…) ma anche manga e una schiera di altri editori di fumetti, graphic novel compresi. Star Comics in buona sostanza si occupa di distribuire propri titoli e, in piccola parte, quelli di altri editori. A questi tre distributori, che hanno a loro volta case editrici, si è aggiunto dal 2011 Meli Comics, diramazione commerciale di Messaggerie Libri e primo referente indipendente nel settore. Come casa editrice abbiamo avuto notevole giovamento dalla nascita di Meli Comics, perché ha ci permesso di approdare con forza in libreria e ha riunito diversi marchi editoriali che pubblicano questo genere di libri e sono molto affini tra loro.
Graphic novel e mercato
di Elena Vergine
 
Abstract
Novembre, andiamo, è tempo di migrare... a Lucca. Per gli appassionati di fumetti, ma anche di giochi e videogiochi, il Lucca Comics & Games è un evento imperdibile. Dal 1966 ad oggi la fiera di Lucca ha cambiato volto diverse volte, ma è rimasta la principale manifestazione dedicata ai fumetti in Italia e, per dimensioni, è una delle più importanti in Europa e nel mondo. Lucca è anche l’occasione per gli editori che popolano questo mercato, di fare il punto della situazione: «Da sempre il Lucca Comics è un termometro che consente di misurare lo stato di salute del mercato e di capire quali saranno le tendenze che riusciranno ad affermarsi nei mesi successivi – spiega Giovanni Russo (coordinatore dell’area Comics a Lucca) –. Alla manifestazione partecipano tutte le realtà italiane che si occupano di fumetti, dagli editori ai distributori, dai librai ai collezionisti, quindi tutta la filiera è ben rappresentata». Negli ultimi anni il Lucca Comics ha registrato un aumento vertiginoso delle presenze passando dai circa 50-60 mila biglietti staccati nel 2006 agli oltre 180 mila dello scorso anno «Quest’anno speriamo di fare ancora meglio anche perché le iniziative sono aumentate, abbiamo un parco mostre qualitativamente (oltre che quantitativamente) molto ricco e, solo in area Comics, possiamo contare su sei sale incontri che funzionano tutto il giorno, senza contare la sala proiezioni dedicata alle anteprime cinematografiche di opere che gravitano attorno a questo mondo – aggiunge Russo –. Il panorama di proposte è talmente variegato che abbiamo dovuto organizzare la manifestazione in aree e sotto aree. Un esempio è il Japan Palace, interamente dedicato al Giappone e alla sua cultura di fumetti e anime, un’area con un suo programma autonomo che prevede eventi di tutti i tipi, dalle sfilate di cosplayer a workshop dedicati ad attività culturali tipiche del Sol Levante: dalla cucina all’arte della calligrafia».
L'ultimo stampatore
di Intervista a cura di E. Vergine
 
Abstract
Nell’era della smaterializzazione della forma del codex e della digitalizzazione dei contenuti vi è, in Piemonte ad Alpignano, l’ultimo avamposto di un’arte ormai perduta: la composizione a mano. Si tratta della casa editrice Tallone, fondata nel 1938 da Alberto Tallone e oggi guidata dal figlio Enrico, l’unica in Europa a pubblicare libri composti a mano. Una tradizione che affonda le sue radici alle origini della stampa e che la famiglia Tallone porta avanti per amore del bello e del ben fatto, dando vita a volumi dall’estetica senza pari e che li hanno resi celebri in tutto il mondo. «Bisogna ricordare che mio padre Alberto (1898-1968), fondatore della casa editrice, giunse all’editoria dal tirocinio presso le Messaggerie italiane di Milano come promotore del bel libro negli anni Venti, e successivamente attraverso l’esperienza di libraio antiquario sotto l’insegna della propria “Maison rustique” in via Borgonuovo 8, nell’ex Convento di S. Erasmo (sede poi distrutta in un pesante bombardamento alleato nel ‘43) – racconta Enrico Tallone –. Si era allora in pieno macchinismo. La velocità nella produzione degli stampati era ormai acquisita da cent’anni, poiché la rotativa tipografica (40.000 copie all’ora) fu messa a punto in Nord America già nella prima metà dell’Ottocento. La passione per il libro, per sua natura affascinante dato che ha un corpo fisico ma contiene pensiero (dunque materia e spirito), lo portò all’età di 31 anni all’apprendistato presso il maestro Maurice Darantiere, il quale aveva pubblicato, tra gli altri, qualche anno prima, l’Ulisse di James Joyce in prima edizione a spese di Silvia Beach».
La scommessa religiosa
di Giovanni Peresson
 
Abstract
Il fatto che nella classifica dei venti titoli più venduti nelle librerie nel mese di settembre compaiano tre titoli di carattere religioso, non è certo una novità. Tre titoli che diventano nove (sui 15 considerati) nel settore della saggistica. Piuttosto, la rappresentazione visibile di un processo che ha preso l’avvio diversi anni fa (tra 2003 e 2005) e che lentamente è andato a imporsi nelle classifiche di vendita, nelle quote di mercato tra i generi (e all’interno di essi) all’attenzione (e all’interesse) del pubblico ma anche dei diversi competitors. Lo conferma l’annuale edizione dell’Osservatorio sull’editoria cattolica che Aie cura (da quattro anni) per conto di Uelci (Unione editori e librai cattolici) e il Cec (Centro per l’editoria cattolica). Osservatorio che rielabora i dati di vendita di Arianna secondo criteri di analisi meglio rispondenti alle esigenze conoscitive del settore, a partire innanzitutto da criteri di classificazione bibliografica più analitici di quelli correnti. In estrema sintesi il settore rappresenta oggi il 6,0% del mercato e (nel 2012) il 20,5% della produzione di titoli (novità) pubblicate. Il maggior peso (il consistente maggior peso) dei titoli sul venduto generato si spiega facilmente là dove si consideri come una parte importante della produzione posta in commercio comprenda libri con prezzi di copertina significativamente più bassi rispetto alla media del mercato (del 22% nel 2012, del 26% l’anno prima). Comunque nel 2012 l’andamento dell’editoria religiosa è stato sì negativo (-3,8% nei canali trade) ma molto meno negativo rispetto alla media fatta registrare da tutto il settore: -7,8%. Risultato: cresce (di poco, ma cresce) il peso che questo settore ha sul mercato trade.
Librai in viaggio
di Serena Baccarin
 
Abstract
Sono trascorsi cinque secoli da quando i primi librai partirono da Pontremoli con le gerle colme di libri da vendere in tutta Europa. Una tradizione antica che in un periodo avverso suggerisce ai librai indipendenti un modello di business percorribile. Una formula che costituisce non soltanto un’autentica possibilità di sopravvivenza, ma soprattutto un’opportunità di rintracciare nuovi segmenti di mercato. A bordo di un furgone d’epoca o di un Ape Piaggio, quattro librai itineranti accomunati dall’intento di promuovere la lettura e dalla proposta di un consumo culturale che sia improntato allo «slow-book», ci raccontano i percorsi che li hanno portati ad abbattere le pareti e a mettersi in viaggio alla ricerca di nuovi lettori nei luoghi in cui l’offerta culturale è assente. Librai itineranti che – usando le parole di Achille Mauri (GdL, 1,2013, pp. 26-27) – «reinventano ciò che manca. Presidiare ciò che manca, avendo nella gerla, come i vecchi pontremolesi, il libro che è la nostra passione». Esempi di come, di fronte alla crisi si possa riorganizzare il proprio business e raggiungere nuovi potenziali mercati.
Libri&fede, quo vadis?
di Redazione
 
Abstract
Forse le cifre non saranno più quelle di una volta quando non erano rari i casi editoriali da centinaia di migliaia di copie movimentate, ma l’editoria religiosa sembra possedere la ricetta per «tamponare» l’effetto crisi che, dal 2008 ad oggi ha fatto perdere milioni di euro di fatturato all’intero comparto editoriale ma che, di contro, ha avuto ripercussioni meno pesanti sul segmento della produzione religiosa. Le criticità non mancano (dalla diaspora di best seller verso i cataloghi degli editori generalisti, alla perdita di quote delle librerie specializzate) ma neppure gli spunti e stimoli per ripensare paradigmi consolidati. Ne parliamo con Enzo Pagani, vice presidente Uelci (Unione editori e librai cattolici italiani) e libraio presso la catena di librerie Ancora.
Meta-cover
di Giovanni Peresson
 
Abstract
«Le copertine sono morte!» grida Craig Mod dal suo e-book Reinventare le copertine (Apogeo, 2013). Sono morte «perché il modo in cui noi tocchiamo il libro digitale è differente dal modo in cui tocchiamo il libro fisico». Affermazione difficile da confutare. Così come difficile è anche evadere la domanda: quale «funzione mantengono le copertine digitali dopo l’acquisto, ma soprattutto prima»? Sottotraccia – ma neppure tanto – il peccato di cui le copertine (e i grafici che le hanno disegnate) si sarebbero macchiati: «nei libri, il design delle copertine si è evoluto massicciamente in uno strumento di marketing». Quello che mi pare certo è che le copertine dei libri sono cambiate in rapporto a due elementi: le trasformazioni che sono avvenute nei canali di vendita e i cambiamenti nel comportamento d’acquistodei lettori. Sono cambiate qualche volta in meglio, altre volte in peggio. Ma questa è solo una questione di sensibilitàgrafica e di sensibilità editoriale. Con la trasformazione della libreria in una libreria a libero servizio (per le librerie Feltrinelli, parliamo ad esempio degli anni ’60), le copertine aniconiche della vecchia Bur o della PBE Einaudi hanno iniziato ad avere sempre minor ragione d’essere perché l’acquisto nel 54% delle vendite stava diventando d’impulso. Le librerie a loro volta iniziavano ad essere alle prese con la crescita dell’offerta (da 8 mila si passa a oltre 30 mila novità) e a un’esposizione dell’assortimento da editore ad argomenti che disintegra la linea grafica della collana. In librerie sempre più grandi, poi, la copertina – oltre a costituire uno strumento di merchandising per il punto vendita, contribuendo ad «arredarlo» – è chiamata a svolgere un ruolo ancor più determinante nell’arrestare davanti a sé il cliente. E allora, siamo nel decennio scorso, è tutto uno spuntare di visi (femminili) e di occhi che ci guardano. Come per le riviste di moda o le pubblicità cercano di sedurci incontrando i nostri sguardi di clienti distratti.
Profondo rosso
di Elisa Molinari
 
Abstract
L’ultima fiera del libro che si è svolta lo scorso ottobre a Francoforte l’ha confermato: il 2012, che fa fatto segnare un -7,8% di fatturato nei canali trade, è stato uno degli anni più difficili per il mercato editoriale nostrano tanto che, per la prima volta, la stessa presenza del nostro Paese alla Buchmesse ha visto un calo del 7% nel numero degli espositori italiani. Ma il dato più allarmante è l’emorragia che dall’inizio della crisi ha fatto perdere in due anni il 14% del fatturato, per non parlare di un altrettanto preoccupante calo dell’export e delle difficoltà che hanno registrato anche quest’anno le librerie fisiche (quelle indipendenti passano dal 35% al 32% a fronte di una crescita dell’on line dal 8,9% all’11%). Proprio queste ultime costituiscono uno sbocco d’elezione per fare conoscere ai lettori la proposta editoriale dei piccoli e medi editori che, più dei grandi, beneficiano del lavoro attento del libraio per incrementare le possibilità di incontrare il proprio pubblico. Ma le difficoltà per gli editori indipendenti sono anche altre: dall’impatto delle rese all’allungamento dei tempi di pagamento fino agli oneri finanziari sui bilanci. Ne parliamo con Fabio Del Giudice, direttore di Più libri più liberi.
Publishing's Front Lines
di Edward Nawotka
 
Abstract
Negli ultimi dieci anni si è combattuta una sorta di guerra civile nel nostro settore. La linea del fronte è stata perlopiù facilmente identificabile: stampa contro digitale. I tradizionalisti sostengono che la stampa, da millenni a fondamento del settore, rivesta tuttora un ruolo cruciale e che continuerà a trainare il fatturato nell’immediato futuro. I paladini del digitale ritengono che sia giunta l’ora di «innovare» e far leva sulle più recenti tecnologie editoriali per sviluppare nuovi modi di creare e fornire storie ai lettori. La guerra non è finita e i combattimenti sono in una fase di stallo. Nei mercati digitali ormai maturi, la crescita si è in gran parte livellata, e la produzione a stampa si è dimostrata sorprendentemente resiliente. In realtà l’editoria non è in guerra con se stessa. Il vero fronte è contro la miriade di distrazioni digitali che hanno spostato l’attenzione dei consumatori dai libri. Leggi: i videogiochi. Quando il videogioco Grand Theft Auto V è uscito sul mercato lo scorso 17 settembre, ha venduto un numero strabiliante di copie, 11,2 milioni, nelle prime ventiquattro ore, e nei primi tre giorni ha ottenuto vendite per un miliardo di dollari. Il Guinness dei Primati segnala che le sue vendite hanno frantumato sei record mondiali, compreso quello per il maggior fatturato realizzato da un prodotto per l'intrattenimento in ventiquattro ore.
Rassicurare per stupire
di Elisa Molinari
 
Abstract
L’art director di Newton Compton, Sebastiano Barcaroli, racconta come progettare copertine accattivanti, giocando con tradizione e creatività. Come cambia la grafica delle copertine in un contesto in cui le librerie sono sempre di meno? Paradossalmente si passa attraverso la rassicurazione per arrivare allo stupore. Logico, ci sono regole – più o meno scritte – che bisogna tenere a mente ogni volta che si affronta una nuova copertina, titoli leggibili, armonia nella composizione, una strizzata d’occhio ad una comprensione immediata di tutti gli elementi contenuti in pochi centimetri quadrati. A quel punto si cerca il modo di rendere l’insieme nuovo e accattivante. In qualche modo è un’opera di continuo rinnovamento, sia all’interno della casa editrice che del mestiere specifico di art director. In un momento di crisi, quanto si punta sulla creatività e sulla sperimentazione? Di nuovo è l’equilibrio tra i due modi di pensare il lavoro creativo a essere fondamentale. La sperimentazione senza una base solida di studio e consapevolezza, di coscienza «storica» se vogliamo, diventa maniera, quando va bene, altrimenti è solo confusione. La creatività, a dispetto di quanto si possa pensare, deve essere educata e quotidianamente indirizzata con metodo. La crisi impone la continua invenzione di modi creativi per spiccare su scaffali rigonfi di proposte, la Newton Compton ha dalla sua una storia fatta di grandi idee, nuove sì, ma che non dimenticano mai la  tradizione.
Riorganizzare per crescere
di Intervista a cura di E. Vergine
 
Abstract
Il digitale e le nuove tecnologie hanno reso necessari dei cambiamenti a tutti i livelli della filiera editoriale, ma il processo di ripensamento e innovazione dei processi produttivi non è certo cosa da poco. Abbiamo cercato di individuare nel panorama editoriale italiano e internazionale un esempio riuscito di riorganizzazione aziendale per capire quali difficoltà si devono superare e quali passaggi bisogna affrontare per trasformare una casa editrice tradizionale in una realtà a prova di futuro. La United Nation Publications è il dipartimento editoriale delle Nazioni Unite a New York. Fino al 2010 si trattava di un’azienda tradizionale, in cui non esisteva alcuna divisione digitale. La persona che ha trasformato radicalmente il profilo della United Nation Publication è Valentina Kalk, oggi direttrice della Brookings Institution Press di Washington DC.
Scuola di copertine
di Interviste a cura di P. Sereni
 
Abstract
Quando pensiamo alle copertine e agli sviluppi grafici della produzione editoriale, il primo settore a saltare alla mente, di solito, è la varia. Eppure anche la scolastica, con i suoi impaginati complessi e l’evoluzione obbligata verso il digitale, è un laboratorio al quale guardare con attenzione per scorgere in nuce le tendenze in atto nel settore. Ne abbiamo parlato con il direttore editoriale di Zanichelli, Giuseppe Ferrari e con Miguel Sal, grafico, che si sono occupati del restyling dell’identità aziendale dell’editore bolognese.

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