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Libertà d'espressione

Come le politiche di Trump stanno ridisegnando il mercato del libro canadese

di Alessandra Rotondo notizia del 9 ottobre 2025

Nel 2025, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha riportato al centro del dibattito pubblico la questione dei confini: non solo quelli fisici, ma anche quelli economici e culturali. Le nuove tariffe commerciali, le dichiarazioni aggressive nei confronti del Canada e il rilancio di politiche protezioniste hanno avuto ripercussioni in molti settori, compreso quello editoriale. In un mercato tradizionalmente aperto e interdipendente come quello nordamericano, in cui libri, autrici e autori, lettrici e lettori circolano con facilità tra i due Paesi, le conseguenze si stanno facendo sentire su più livelli.
 
L’editoria canadese, che ha sempre mantenuto un rapporto stretto con quella statunitense per la distribuzione, la promozione e la vendita di diritti, si ritrova oggi a gestire un doppio effetto. Da un lato l’impatto economico dei dazi e delle tensioni commerciali, dall’altro il peso crescente della censura e delle chiusure ideologiche negli Stati Uniti (per quanto, sul tema, anche il Canada abbia fatto parlare di sé recentemente). Ne emerge un panorama complesso, in cui la reazione del mondo del libro canadese oscilla tra la riscoperta di una propria identità editoriale e la necessità di difendere spazi di libertà e dialogo in un contesto politico sempre più divisivo.
 
Il confine come laboratorio
Nelle città che si affacciano sul confine con gli Stati Uniti, le librerie canadesi vivono un periodo inaspettatamente intenso. A Victoria, nella Columbia Britannica, Munro’s Books registra una crescita a doppia cifra, come racconta la proprietaria Jessica Walker a Publishers Weekly: «L’orgoglio canadese si è rafforzato e molte persone preferiscono acquistare localmente piuttosto che attraversare la frontiera».
A Windsor, che si trova in un’area fortemente dipendente dall’industria automobilistica – dall’altro lato del confine c’è Detroit – le tariffe imposte dagli Stati Uniti hanno provocato un calo dell’occupazione e una riduzione del potere d’acquisto locale, con effetti negativi anche sulle vendite di libri. Proprio lì, la libreria Biblioasis ha creato una sezione di titoli #ProudlyCanadian per valorizzare l’autorialità locale cavalcando il senso di appartenenza, anche come leva di marketing.
D’altronde, molte più persone canadesi – rinunciando ai viaggi negli Stati Uniti per ragioni ideologiche e/o economiche – si trovano in questo periodo a visitare le località interne del Paese. A Victoria o a Niagara Falls le librerie accolgono visitatrici e visitatori provenienti da altre regioni, spesso attratte anche da piccoli oggetti simbolici da poter portare via come souvenir, come spille e adesivi con lo slogan Back off, eh!. Un’espressione ironica e orgogliosamente canadese, diventata una sorta di risposta alle dichiarazioni di Donald Trump, che aveva provocatoriamente minacciato di trasformare il Canada nel 51esimo stato americano.
 
Tra solidarietà e tensioni
Anche tra il pubblico statunitense le reazioni sono diverse. Alcune persone scelgono di attraversare il confine proprio per esprimere solidarietà alle librerie canadesi, e per sentirsi da loro accolte: alla River Bookshop di Amherstburg, sempre vicino a Detroit, la libraia Meghan Desjardins racconta che si vedono «più americane e americani del solito, molti alla loro prima visita in Canada», e che diversi dichiarano di voler sostenere attivamente le realtà indipendenti canadesi.
Altre situazioni, però, sono più tese. Laura McFadden dell’Old Niagara Bookshop, in Ontario, spiega che, pur avendo registrato ottime vendite, la stagione è stata «la più spiacevole di sempre»: accanto alle clienti e ai clienti abituali, sono arrivati nuovi visitatori dagli Stati Uniti «risentiti, esigenti e sgradevoli», segnati dal clima politico interno.
Nel Québec, la libraia Lucy Hoblyn della Brome Lake Books di Knowlton descrive quella appena trascorsa come «un’estate folle», grazie anche al caffè inaugurato a giugno dall’autrice canadese Louise Penny al piano inferiore della libreria. Quando Hillary Clinton è passata in visita in città, alcune persone del suo entourage indossavano magliette con scuse in più lingue, a simboleggiare la distanza dalle posizioni trumpiane. «Molte persone vengono per prendersi una pausa dal clima politico di casa», racconta Hoblyn.
E non mancano i gesti di collaborazione. Brome Lake Books e la statunitense Phoenix Books di Burlington (Vermont) organizzeranno insieme un incontro con Louise Penny alla Haskell Free Library, l’edificio che sorge esattamente sul confine tra i due Paesi: la prima venderà l’edizione canadese del nuovo romanzo, la seconda quella americana.
 
La frontiera della censura…
Se per le librerie le conseguenze delle politiche trumpiane si stanno rivelando piuttosto eterogenee, le case editrici canadesi si trovano invece a fronteggiare un ostacolo più diretto: la crescente censura negli Stati Uniti. Andrew Wooldridge, direttore della canadese Orca Book Publishers, ha raccontato a Publishers Weekly come alcuni titoli del suo catalogo per bambini e bambine, ragazzi e ragazze siano entrati nelle liste di libri banditi dalle scuole americane.
Negli ultimi mesi, il Dipartimento della Difesa statunitense ha rimosso quasi seicento titoli dalle proprie biblioteche scolastiche (nell’intero 2024 i tentativi di censura erano stati più di 800), in gran parte opere con contenuti antirazzisti o LGBTQ+. Tra questi figurano anche Baby Drag Queen di C.A. Tanaka, The Antiracist Kitchen di Nadia L. Hohn e Pride: The Celebration and the Struggle, tutte pubblicate da Orca. «È un duro colpo – afferma Wooldridge – soprattutto in un mercato già fragile. Distribuiamo anche venti altre case editrici canadesi negli Stati Uniti: l’impatto è enorme».
La perdita non riguarda solo Orca. Più della metà delle vendite di Arsenal Pulp Press avviene sul mercato statunitense; per Kids Can Press la quota arriva fino al 75%. «È comune per molte case editrici di libri per ragazze e ragazzi – spiega la direttrice Naseem Hrab –, perché il mercato americano è molto più ampio». Hrab cita come esempio di distorsione culturale la rimozione del titolo This Is Your Brain on Stereotypes, che spiega a bambine e bambini il funzionamento dei pregiudizi dal punto di vista neuroscientifico: «È sconfortante vedere un libro che invita a riflettere sull’effetto degli stereotipi finire in una lista di censura».
 
… e quella dell’autocensura preventiva
Per Andrew Wooldridge, di Orca Book Publishers, il danno più grave non riguarda soltanto le perdite economiche ma il clima di paura che si sta diffondendo nell’intero ecosistema del libro: «Ci sono libri che vengono evitati anche se non sono stati apertamente contestati, solo per timore di proteste». Non si tratta quindi di singoli episodi di censura, ma di un effetto più ampio: una forma di autocensura preventiva che spinge scuole, biblioteche e librerie a non maneggiare titoli percepiti come «sensibili», anche quando nessuno li ha ancora messi in discussione con richieste censorie.
Lo stesso fenomeno è segnalato da Curtis Campbell, autore del romanzo young adult Dragging Mason County, pubblicato da Annick Press e anch’esso bandito dalle biblioteche gestite dal Dipartimento della Difesa statunitense. Campbell denuncia l’ipocrisia delle motivazioni addotte: «Se davvero tenessero al benessere delle ragazze e dei ragazzi, si preoccuperebbero del fatto che ci sono giovani queer e trans ai quali viene detto che non esistono».
Khodi Dill, autore di Stay Up. Racism, Resistance and Reclaiming Black Freedom, pubblicato sempre da Annick Press, interpreta la stretta censoria come un segno di fragilità da parte di chi esercita il potere: «Chi censura ha paura del potenziale delle nuove generazioni, della loro capacità di cambiare il mondo e di mettere in discussione i sistemi che concentrano il potere in poche mani». In questo senso, le sue parole rovesciano la narrazione dominante: la censura diventa non tanto un segno di forza, quanto il sintomo di un sistema impaurito dalla libertà di pensiero che il libro continua a rappresentare.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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