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Storie dell'editoria

Al servizio del libro

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2013

di Elena Refraschini

In un contesto in cui le tecnologie, le risorse, le esigenze e i prodotti cambiano di continuo, anche l’agente letterario è costretto a ripensare e dunque rinnovare il proprio ruolo, pena la perdita di rilevanza. Se rispetto all’industria editoriale quella «intermedia» dell’agente potrebbe sembrare una posizione relativamente nuova, le ricerche storiche smentiscono questa tesi. Gli agenti letterari – anche se sotto diverse definizioni – sono nati infatti contemporaneamente all’editoria moderna e legati, almeno in principio, al mondo della carta stampata periodica (i primi annunci di agenti «amatoriali» nelle sezioni pubblicitarie delle riviste e dei quotidiani inglesi risalgono al 1850). Più o meno nello stesso periodo, anche negli Stati Uniti emerge la figura dell’agente come intermediario neiì rapporti tra editori e autori. Uno dei primi è Paul Revere Reynolds, che aveva iniziato a lavorare per l’editore Lothrop a Boston e dal 1891 lavora a New York (già centro dell’editoria libraria statunitense) come agente per l’editore inglese Cassell: inizia cercando dunque editori americani per gli autori inglesi rappresentati, ma sposterà presto la sua attenzione sugli autori, cercando gli americani che volevano essere pubblicati nel Regno Unito (lavorando al 10% di commissione).

I 20 titoli più venduti dell'anno

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2013

di Giovanni Peresson

Se lo scorso anno era stato Fabio Volo (con Le prime luci del mattino, Mondadori), nel 2012 – qualcuno aveva dei dubbi? – sono le Cinquanta sfumature di grigio di E.L. James a essere il titolo più venduto nelle librerie italiane che fanno parte del circuito Arianna (1.605 librerie, di cui il 64% di catena e il 36% indipendenti). Ovvia poi la presenza degli altri due colori della trilogia nei primi posti della classifica (rispettivamente al terzo e al quarto). Solo nei primi tre mesi di uscita le Cinquanta sfumature, avevano venduto 2.400.000 copie e raggiunto il record di oltre 90.000 download in versione e-book. Da sole le Sfumature fanno quasi il 2% delle 106 milioni di copie che sono state vendute nei canali trade nel 2012 (p11). Nell’anno in cui più forti sono stati gli effetti della crisi delle vendite, piaccia o meno, senza E. L. James il risultato finale dell’anno, la crisi della libreria e delle vendite sarebbero stati ben più pesanti. Se mai dobbiamo interrogarci sulle dimensioni editoriali della crisi. Tra i Top 10, solo due titoli (quello di Gramellini, e quello di Ervas) erano usciti nella prima parte dell’anno. Tutti gli altri da giugno in poi. Sui Top 20 si sale ad otto usciti nella prima parte dell’anno. Quasi che il mercato fosse ormai fatto solo dei mesi che vanno da giugno a dicembre. La domanda che si pone è analoga a quella che ci ponevamo lo scorso anno. Quanto conta ormai il fatto di concentrare le uscite più importanti nella seconda metà dell’anno (tra i Top 10 ce ne sono addirittura quattro usciti tra settembre e dicembre 2012) nel determinare i risultati complessivi dei canali o del mercato?

Librerie... ancora ieri

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2013

di Laura Novati

Alberto Vigevani (Milano 1918-1999), editore de Il Polifilo, curatore per Raffaele Mattioli, il banchiere mecenate della allora Banca Commerciale, della Ricciardi trasferita da Napoli a Milano – la più imponente e insuperata casa editrice di testi della letteratura e cultura italiana – redattore, libraio antiquario, critico e scrittore si ripresenta in questo libretto postumo di Sellerio: Milano ancora ieri – Luoghi, persone, ricordi di una città che è diventata metropoli, uscito a ridosso delle feste, quale cantore di una città in buona misura scomparsa, ma tanto più civile, in cui dominano a pieno titolo le «botteghe» rivisitate in antitesi alle fredde luci delle tante boutique di effimera vita di oggi, a cui Vigevani dedica un nostalgico omaggio. In questo quadro non potevano mancare le case editrici e si duole l’autore di non aver tempra e forza all’impresa di scrivere la storia di questa industria cardine milanese; ne dà comunque brevi e rapidi cenni, per passare poi al capitolo immediatamente connesso e dedicato a Quelle antiche librerie: «Se Bonvesin de la Riva enumera a Milano sin dal Trecento nei De Magnalibus Urbis Mediolani, quaranta amanuensi (contro quattrocento macellai, e credo che la preponderanza dei macellai si sia accresciuta, nei secoli), non si può parlare di librai in senso moderno fino all’ultimo quarto del Quattrocento, quando, con l’introduzione della stampa a caratteri mobili, si fondarono le prime botteghe».

Se il cinema è on demand

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2013

di Intervista a cura di E. Vergine

Anica On Demand è l’ambizioso progetto sviluppato dall’Associazione nazionale delle industrie cinematografiche e audiovisive multimediali che si propone di diventare il «portale italiano del cinema nel mondo». Un’iniziativa che nasce con l’obiettivo primario di contrastare la pirateria riempiendo, con tutta l’autorevolezza del nome di Anica, il vuoto costituito dall’assenza di un’offerta legale e riconoscibile di film in rete. «Sono tre anni che lavoriamo per rendere operativo questo progetto – spiega Francesca Medolago Albani (responsabile studi, sviluppo e relazioni associative Anica) –. Inizialmente l’ipotesi era costruire un’offerta on line che riunisse sotto un unico marchio i diversi prodotti editoriali dell’industria culturale. Ben presto però la cosa si è rivelata infattibile proprio a causa delle eccessive differenze tra i settori culturali e della disuguaglianza nei loro tempi di reazione alla digitalizzazione. Realizzarlo ha richiesto tempo così come definire e ricalibrare gli obiettivi del progetto e le sue potenzialità, strettamente legate alla nostra natura associativa».

Titoli da bestseller

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2013

di Elisa Molinari

«Se ti arrendi sul titolo del numero uno sarò particolarmente felice e soddisfatto. Anch’io ci ho riflettuto molto durante l’estate, ma Uomini che odiano le donne è davvero un buon titolo. Ho chiesto a diversi conoscenti cosa ne pensavano e dicono tutti che è un titolo che si guarda due volte». Così Stieg Larsson alla sua editrice, Eva Gedin. Uomini che odiano le donne sarebbe diventato il best-seller che è anche con un altro titolo? Che cos’è allora un titolo? Che ruolo svolge? Umberto Eco nelle celebri Postille a Il nome della rosa scrive: «Un titolo è purtroppo già una chiave interpretativa. Non ci si può sottrarre alle suggestioni generate da Il rosso e il nero o da Guerra e pace. I titoli più rispettosi del lettore sono quelli che si riducono al nome dell’eroe eponimo, come David Copperfield o Robinson Crusoe, ma anche il riferimento all’eponimo può costituire una indebita ingerenza da parte dell’autore. […] Forse bisognerebbe essere onestamente disonesti come Dumas, poiché è chiaro che I tre moschettieri è in verità la storia del quarto». E ancora, parlando de Il nome della rosa: «Il mio romanzo aveva un altro titolo di lavoro, che era l’Abbazia del delitto. L’ho scartato perché fissa l’attenzione del lettore sulla sola trama poliziesca e poteva illecitamente indurre sfortunati acquirenti, in caccia di storie tutte azione, a buttarsi su un libro che li avrebbe delusi. Il mio sogno era di intitolare il libro Adso da Melk. Titolo molto neutro, perché Adso era pur sempre la voce narrante. Ma da noi gli editori non amano i nomi propri, persino Fermo e Lucia è stato riciclato in altra forma, e per il resto ci sono pochi esempi, come Lemmonio Boreo, Rubé o Metello… Pochissimi, rispetto alle legioni di cugine Bette, di Barry Lyndon, di Armance e di Tom Jones che popolano altre letterature[...]. Un titolo deve confondere le idee, non irreggimentarle».

Giudicare dalla cover

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Interviste a cura di Lorenza Biava

«La copertina di un libro è un manifesto e la sua missione è quella di comunicare a chi la osserva che c’è qualcosa di interessante per lui in quel libro». Così scriveva Bruno Munari facendo riferimento al suo lavoro con le collane e le copertine Einaudi. Una frase che ben descrive il lavoro del grafico, nonostante il modo in cui il digitale e l’e-commerce stiano cambiando le modalità in cui il lettore entra in contatto con il libro. Ne abbiamo parlato con Alice Beniero, art director ISBN edizioni, e Riccardo Falcinelli, book designer di numerose collane da minimum fax a Einaudi, da Carocci a Laterza.

Gli archivi crescono

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Laura Novati

Il Centro Apice (Archivi della parola dell’immagine e della comunicazione editoriale) dell’Università degli Studi di Milano ha compiuto dieci anni e l’ha ricordato con una serata nella Sala Napoleonica di via Sant’Antonio; con un primo incontro con Giorgio Lucini, Gian Piero Piretto, Stefano Salis e Antonello Negri, coordinatore Andrea Kerbaker per presentare una scatola- cartella nel consueto stile elegante e sofisticato proposto dall’officina d’arte grafica Lucini. Il giorno dopo si è passati a discutere sugli «Archivi editoriali tra memoria e storia»: una giornata dedicata a discutere fra esperti italiani e stranieri; nella prima sessione, coordinata da Enrico Decleva, già rettore dell’Università e che a lungo si è impegnato in prima persona per la realizzazione del Centro Apice, Jean-Yves Mollier (Université de Versailles-Saint- Quentin-en-Yvelines), Lodovica Braida, Antonello Negri, Alberto Cadioli, Brigitte Ouvry-Vial (Université du Maine, Le Mans) e Albert Dichy (Abbaye d’Ardenne) hanno in certo modo e da punti di vista differenti ripercorso la storia degli archivi editoriali per come si sono costituiti e organizzati per arrivare non solo alla salvaguardia della cultura scritta, ma di quella particolare forma di cultura scritta che è la cultura editoriale, tutto ciò che sta prima e dopo la nascita di un libro o di un catalogo.

Il futuro adesso

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Intervista a cura di E. Vergine

Il passaggio al digitale e le nuove tecnologie stanno cambiando la filiera editoriale a tutti i livelli. Le professionalità tradizionali si stanno modificando o stanno correggendo il tiro per essere al passo coi tempi. Quello dell’ufficio stampa è tra i mestieri che sta affrontando i cambiamenti maggiori eppure quali siano le nuove competenze necessarie e cosa vada mantenuto della «vecchia scuola» non è ancora del tutto chiaro. Una delle caratteristiche più salienti che in questo momento contraddistinguono il lavoro dell’ufficio stampa nelle case editrici è senza dubbio l’ambiguità che si è venuta a creare tra quello che era il compito primario di questo comparto della filiera – ossia la gestione dei rapporti con i media tradizionali – e il lavoro del marketing. Ne abbiamo parlato con Adolfo Frediani (consulente editoriale e responsabile media della fondazione Ahref).

Il futuro è libreria?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Giovanni Peresson

«Anche questa è una libreria!» si potrebbe dire parafrasando la pubblicità di quest’anno di Più libri più liberi («Anche questo è un libro!») I casi (italiani e internazionali) che il lettore del «GdL» incontrerà nelle pagine successive, e quelli che ha potuto leggere nei numeri del 2012 (e un’occhiata andrà buttata anche alle notizie sul sito della rivista) iniziano a delineare le nature e le anime diverse in cui la libreria ha scelto di posizionarsi in questi anni. La stessa intervista ad Achille Mauri in questo stesso numero del «GdL» (pp. 26-27) aggiunge nuova materia alla riflessione. La contrazione dei consumi delle famiglie (all’interno del più generale impoverimento della classe media, si veda il Quarantaseiesimo rapporto Censis) che negli ultimi due anni ha investito libri e librerie è solo il reagente che sta accelerando dei processi che affondano le loro radici ben più lontano, collocandoli se mai nel quadro di un oggettivo contesto di difficoltà economiche e di natura finanziaria. Che rende le cose meno facili da affrontare. Dietro stanno i big player con i loro ecosistemi di distribuzione dei contenuti digitali e i loro modelli di business (oltre che di scelta dei Paesi da cui operare con la minor imposizione fiscale). Stanno i cambiamenti nei comportamenti dei lettori e la concorrenza che all’interno della dimensione «tempo»/mobilità portano smartphone e tablet.

La chiave di volta

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Serena Baccarin

Dai palazzi dei centri storici cittadini alle stazioni, architettura, arredamento e design d’interni, sono da sempre elementi qualificanti fondamentali per le librerie. Numerosi sono gli esempi di catene e di librai indipendenti, che hanno saputo valorizzare gli elementi storico-artistici degli edifici ospitanti, trasformandoli nello scenario ideale per l’esperienza d’acquisto. Tuttavia l’ampliarsi dell’assortimento e dei servizi hanno spinto a rivedere l’impianto della libreria. Ne abbiamo discusso con Giovanni Galla, architetto del Gruppo Galla 1880, e con Miguel Sal, progettista e brand consultant per le Librerie Feltrinelli.

Le storie infinite

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Elisa Molinari

Indagare il rapporto tra libri e film non può essere più solo l’esame dei flussi di film che hanno avuto, come si dice, il libro come primo anello della catena del valore. Dai numeri emerge – anche per il mercato italiano – una tendenza chiara che ci deve far interrogare sul bisogno che lo spettatore o il lettore (spesso sono la stessa persona, che può non aver visto il film ma solo il trailer o solo ascoltato l’autore del romanzo in una trasmissione televisiva) ha oggi di nuove forme di narratività, su come le consuma, su come entra dentro le storie e sulle domande che pone a chi le storie le crea e le distribuisce. Vediamo, innanzitutto, le principali evidenze che scaturiscono dall’aggiornamento dell’indagine (quella precedente e relativa agli anni 2005-2008 è consultabile su www.giornaledellalibreria.it alla sezione Convegni).

Librerie di quartiere

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Gennaio 2013

di Gabriele Pepi

Chi l’avrebbe mai detto che questo annus horribilis ci avrebbe portato anche qualche buona notizia? Nonostante la crisi dei consumi e le difficoltà finanziarie, ci sono ancora persone che decidono di aprire una libreria indipendente o senza ricorrere a formule di franchising. Ri-immaginare spazi fisici (non grandissimi) con una loro marginalità economica, pensare a luoghi di incontro, affrontare la sfida del digitale e della concorrenza degli store on line ma anche – più prosaicamente – avere a che fare con distributori, editori, promotori e, non ultimi, clienti sempre più interconnessi da tablet e smartphone e di conseguenza sempre meno pazienti, è la sfida che le tre neonate librerie presentate in queste pagine hanno raccolto nel corso dell’ultimo anno. Si tratta di librerie di varia accomunate da una dimensione rionale e un’aspirazione di servizio in due città, Milano e Roma, che ancora per certi versi conservano la dimensione intima del quartiere.

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