È da poco uscito per Bompiani l’ultimo romanzo di Petros Markaris, La lunga estate calda del commissario Charitos. I molti estimatori dello scrittore greco non avranno delusioni, essendo una delle opere meglio riuscite del giallista levantino (ricordiamo, già tradotte in italiano, Ultime della notte, 2000; Difesa a zona, 2001; Si è suicidato il Che, 2004). Su di lui, nello strillo di copertina, si riporta non a caso una frase di Andrea Camilleri: «C’è la Marsiglia di Jean-Claude Izzo, c’è il mio Montalbano e c’è la Grecia di Markaris. Questo è stato il grosso passo in avanti fatto fare al romanzo giallo». Con Camilleri, Markaris ha anche un altro aspetto in comune, in qualche modo determinante nel nascere della scrittura: come lo scrittore siciliano ha lavorato per decenni in Rai, per il cinema e per il Centro sperimentale di cinematografia di Roma, così il più giovane Petros Markaris, nato nel 1937 a Istanbul, ha collaborato con Theo Anghelopoulos per molte sceneggiature dei suoi film (tra cui L’eternità è un giorno, Palma d’oro a Cannes 1998) e nello scavo dolente del passato da parte di questo maestro del cinema, apparso per la prima volta fuori di Grecia nello sconvolgente La recita.