L’industria dei contenuti è un settore chiave in tutti i Paesi avanzati: rappresenta il 5% del PIL in Europa, e registra i maggiori tassi di sviluppo in termini di valore aggiunto prodotto e di occupazione. Al suo interno l’industria del libro ha la quota di mercato più alta sulle spese dei consumatori, e ha un ruolo moltiplicativo sugli altri segmenti produttivi.
Il nostro è un settore sempre più complesso, i cui confini non sono più definiti dal «libro» come prodotto fisico, ma dal suo contenuto culturale, che oggi può essere veicolato anche attraverso altri mezzi. Gli editori producono libri ma anche risorse elettroniche (scientifiche, educative, di intrattenimento), learning object, banche dati professionali, ecc. Continuiamo a parlare di «libro», quindi, avendo però in mente un’accezione molto più ampia. Il ruolo dell’industria del libro nella crescita culturale è da tutti riconosciuto, ma ciò ha spesso oscurato la sua funzione economica. Nuovi studi dimostrano come i tassi di lettura influenzino direttamente lo sviluppo economico di lungo periodo. Il che è persino ovvio, se si condivide l’idea che nei Paesi avanzati la crescita dipende dalla qualità del capitale umano.
Una politica del libro è dunque necessaria. Ma la sua definizione è esercizio complesso, perché deve considerare in un contesto unitario fattori molteplici: l’immaterialità dei contenuti e la materialità dei prodotti; le molteplici funzioni d’uso dei libri – svago, informazione, approfondimento, educazione, aggiornamento professionale, ecc. –; le esigenze di innovazione tecnologica ed editoriale, e così via. Abbiamo ritenuto utile cercare di fare un punto, proponendo linee strategiche e coerenti a partire da una corretta analisi delle condizioni strutturali di partenza. Le proponiamo ai diversi interlocutori politici che vorranno ascoltarle, nella consapevolezza della necessaria complementarità delle competenze ma anche dei rischi della sovrapposizione tra componenti diversi del Governo (la Cultura, lo Sviluppo Economico, Il Commercio estero, la Politica estera, l’Istruzione, l’Università e ricerca, l’Innovazione, ecc.), delle Regioni e degli Enti locali, così come della Commissione europea. Ma abbiamo voluto proporle innanzi tutto a noi stessi, perché il nostro discorso è in primis fondato su un’assunzione di responsabilità, sull’orgogliosa rivendicazione del nostro ruolo.