Un sito per vendere diritti

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Il mercato editoriale italiano, oltre a soffrire di una cronica (e strutturale) carenza di lettori, ha un’altra peculiarità che lo rende diverso da quello degli altri Paesi e di cui poco si parla al di fuori del settore: il nostro mercato linguistico coincide con i confini geografici del nostro Paese. I 59,7 milioni di italiani residenti (e di cui solo il 43% legge dei libri) coincide con l’interezza del nostro mercato, contrariamente a quanto avviene per altre editorie: in primo luogo quelle anglofone e quelle di lingua spagnola ma, sia pure in misura minore, il discorso vale anche per quella francese o per quella tedesca. Cala l’incidenza delle traduzioni da lingue straniere (dal 23-24% del 2002 al 19%-20% di oggi) e cresce, di contro, il numero di titoli i cui diritti gli editori italiani hanno iniziato a vendere all’estero (dai circa 1.800 del 2001 agli attuali quasi 4.300), cosa ancor più evidente in un settore come quello dei libri per bambini che, dalla situazione di saldo negativo del 2010, passa ad una del tutto opposta: vendiamo più di quanto compriamo. Uno sforzo – e un risultato – in buona sostanza portato avanti singolarmente dalle varie aziende editoriali, con le inevitabili penalizzazioni del caso. Penalizzazioni relativamente trasversali alle imprese (non riguardano solo quelle italiane!). Da un lato un’area di difficoltà è rappresentata dal mercato anglofono.
 

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