La rivistaLa sfida del mercato
di Giovanni Peresson
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Anche nel 2013 il settore ha fatto registrare molti segni meno. Nelle vendite, nel numero di titoli pubblicati, nelle copie vendute, nei prezzi di copertina e in quello medio del venduto. Segni meno nel numero di lettori, che indicano poi le dimensione del «mercato potenziale» per editori e librerie. Segni meno anche nelle disponibilità economiche di chi i libri li compra e li legge. Andamenti non diversi da quelli delle altre maggiori editorie continentali se non per una maggiore fragilità del nostro ecosistema editoriale, di Paese e di governo.
Un 2013 con spostamenti verso l’e-commerce per il libro fisico e quello digitale, anche se meno di quanto ci si attendeva.
Così che «i problemi che il nostro settore dovrà affrontare in questo 2014 – esordisce in questa intervista Marco Polillo, presidente dell’Associazione italiana editori – non saranno molto diversi da quelli che si sono presentati lo scorso anno o nel 2012. Certo, aggravati dal fatto che questo è il terzo anno in cui ci troveremo di fronte a un calo delle copie vendute, dei fatturati, del numero di librerie, della possibilità di spesa di individui e famiglie. E aggiungiamoci anche le difficoltà di accedere al credito per le imprese soprattutto per quelle più piccole».
L'erba del vicino
di Lorenza Biava
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Si obietta spesso, anche nel nostro settore, che l’«erba del vicino è sempre più verde», ma guardando agli scenari che emergono dalle interviste a cinque delle principali associazioni di editori europee – quella tedesca, spagnola, francese, svedese e olandese – sembra che tutte, chi più chi meno, siano afflitte dagli stessi problemi. L’equiparazione dell’Iva per i libri digitali, la tutela del copyright e la lotta alla pirateria sono infatti linee di intervento comuni, alle quali si aggiungono temi più squisitamente nazionali come la difesa delle librerie indipendenti in Francia o l’individuazione di un business model vantaggioso per il prestito digitale in Svezia.
Abbiamo chiesto ai responsabili delle diverse associazioni di spiegarci quali sono i principali trend in atto nel loro mercato e di indicare gli argomenti più caldi per i loro associati.
La volontà supera le montagne
di Giovanni Peresson
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Ci sono occasioni che talvolta sembrano assumere significati che vanno al di là della semplice cronaca, com’è, ad esempio, il contesto in cui questa intervista è stata fatta. Siamo a soli sei giorni dopo l’annuncio della nomina di Romano Montroni a nuovo presidente del Centro per il libro e la lettura. Ci troviamo a Milano, poco prima dell’inizio di un corso della Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri dedicato alla libreria per ragazzi, uno degli snodi al contempo più delicati e importanti di qualunque politica di promozione della lettura e di allargamento del mercato del libro nel nostro Paese.
«Mi chiede che idea mi sono fatto a sei giorni dalla nomina? Che l’impegno per allargare la base dei lettori in Italia venga come difficoltà subito dopo il mantenimento del disavanzo al di sotto del 3% del Pil! Anche, non me lo nascondo, per la mole di risorse che sarebbero necessarie per un’attività di questo genere. Ho letto cifre importanti indicate nel progetto di legge di cui si inizierà a discutere nelle prossime audizioni della Commissione cultura. Conoscendo un po’ quella che è stata la storia, recente
e meno recente, del Centro e dei provvedimenti in favore della defiscalizzazione degli acquisti di libri qualche cautela mi permetto, per ora, di conservarla».
Più libri Circus
di Antonio Monaco
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Ogni anno in Italia vengono pubblicati circa 60 mila titoli. Di questi il 25%, cioè un libro su quattro, è pubblicato da un piccolo e medio editore ma difficilmente riesce a superare i tanti ostacoli che affollano
la strada che lo separa dal magazzino editoriale alle vetrine delle librerie.
Più libri più liberi è nato per questa ragione. Per garantire ai piccoli e medi editori italiani la vetrina che meritano. E oggi, dopo 11 edizioni di Più libri Più liberi a Roma, il più importante evento italiano della piccola e media editoria indipendente parte per un tour nelle piazze italiane e diventa Più libri Circus. Va aggiunto che la fiera Più libri Più liberi non è solo un evento nazionale che valorizza la piccola
editoria italiana. È diventato anche un marchio prestigioso che evoca immediatamente una vetrina editoriale di qualità, innovativa e di ricerca.
Ma Più libri Circus non è una semplice fiera libraria che si aggiunge alle centinaia già presenti in Italia. In una fase di difficoltà del mercato vuole offrire un preciso contributo alla filiera editoriale e una risposta alla crisi delle vendite. Gli editori e i loro libri cercano i lettori «per la strada», nei diversi territori italiani, coinvolgendo direttamente tutti gli operatori (librai, bibliotecari, grossisti, insegnanti,
animatori della lettura).
Il problema dell’editoria oggi non è solo di mercato ma di identità e legittimità.
Non basta riaffermare l’identità e il ruolo professionale dell’editore: la sua funzione valutativa e selettiva degli autori da una parte e di qualificazione delle opere dall’altra. Dobbiamo andare a ricostituire il patto etico che ci lega ai lettori.
Vent’anni fa si è consumato il mito della «piccola editoria», oggi dobbiamo riaffermare il valore dell’indipendenza e della qualità. Più la situazione è difficile e più crescono le aspettative. Ma unirsi
quando le forze sono esaurite è inutile, bisogna farlo prima, quando abbiamo ancora qualcosa da dare, da dire e da fare.
Un maggio di libri
di Gabriele Pepi
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Gli auspici per la crescita e il consolidamento della lettura in Italia con cui si apriva l’ultimo Salone del libro di Torino sono purtroppo stati disattesi dagli ultimi dati Istat che, come scrive Alessandro Zaccuri su «Avvenire», hanno ratificato nel Paese della lettura «la perdita di una città di quasi due milioni di persone».
Perché si possa tornare a parlare di crescita il libro deve essere, anche fisicamente, più diffuso di quanto non sia oggi: deve essere presente negli ambienti frequentati dai ragazzi, deve arrivare dove di solito è assente (luoghi di incontro, centri commerciali e così via), deve diventare un oggetto familiare fin dalla prima infanzia (per fortuna esiste un progetto come Nati per leggere!) e soprattutto dobbiamo imparare a parlarne in modo non noioso.
Per fortuna da quattro anni a questa parte il Maggio dei libri, la campagna nazionale di promozione della lettura promossa dal Centro per il libro e la lettura del Ministero per i beni e le attività culturali in collaborazione con l’attiva partecipazione dell’Associazione italiana editori, ha diffuso un approccio creativo e inclusivo al mondo del libro. L’iniziativa, che quest’anno si svolgerà dal 23 aprile fino a fine maggio, può contare su tantissimi eventi in programma – lo scorso anno si è raggiunta quota 3.000 – e anche l’Associazione italiana editori sostiene il Maggio con alcune campagne dedicate ai giovani e non solo.
Le novità del Salone
di Intervista a cura di E. Vergine
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Il Salone internazionale del Libro di Torino è un appuntamento imprescindibile per il mondo culturale italiano, una manifestazione di grande successo in un contesto nazionale depresso, nel quale le statistiche parlano di un calo del 7% annuo dei consumi culturali. Lo scorso anno anche il numero dei visitatori del Salone aveva segnato un 7%, ma questa volta di segno positivo, una tendenza che speriamo si confermi anche in questo 2014 che si preannuncia più ricco che mai di novità.
Ne abbiamo parlato con Ernesto Ferrero, direttore editoriale del Salone.
La versione di Gud
di Redazione
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Maggio è il mese del Salone Internazionale del libro di Torino. Per tutti i visitatori che affolleranno il Lingotto Gud mette a disposizione una sua piccola guida con le essenziali regole di sopravvivenza per attraversare indenni il "paese delle meraviglie" della lettura.
Di Salone in Fiera
di Edward Nawotka
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Nel momento in cui scrivo questo editoriale si è appena conclusa la Fiera di Londra che, per quanto mi riguarda, resta un appuntamento unico nel panorama fieristico internazionale.
Perché proprio Londra? Londra è una capitale multietnica dove nel giro di un singolo isolato si possono sentire parlare non meno di una dozzina di lingue diverse, per non parlare dei diversi accenti inglesi. A Londra persino le etichette nei negozi hanno iniziato a parlare almeno tra lingue diverse: sterline, euro e rubli.
Come amante dei libri trovo affascinante questa ricchezza che si riverbera anche nella cultura delle librerie londinesi: non è raro che in un singolo quartiere trovino spazio una Foyles, una Waterston, una libreria indipendente e una libreria di antiquariato.
A Chelsea, dove abitualmente alloggio durante la fiera, mi sono imbattuto in una libreria Daunt dove sono stato sorpreso di trovare in vetrina tre volumi di Karl Ove Knausgård del ciclo Min Kamp [in Italia tradotto da Ponte alle Grazie con il titolo La mia lotta], cui facevano compagnia, sul tavolo all’ingresso, una selezione dei volumi della Pushkin Press, uno degli editori più attenti al design e alla resa grafica dei propri volumi che ci siano sul mercato: si tratta di una selezione che non mi sarei mai aspetto di trovare in quella che di fatto è una libreria di catena.
Credete nelle librerie!
di Alberto Galla
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La settantesima assemblea dell’Associazione librai italiani (Ali) programmata il 10 maggio a Torino è un’occasione importante per parlare di librerie e mettere le loro problematicità sotto i riflettori. Abbiamo chiesto ad Alberto Galla (presidente dell’Ali) di darci qualche aggiornamento sulla situazione delle librerie italiane, con uno sguardo sempre attento alle novità che vengono dall’estero.
La rivoluzione Waterstone
di Elisa Molinari
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Messa in vendita nel 2010, con la quasi matematica certezza che le attività sarebbero cessate da lì a poco, Waterstones, la più importante catena di librerie inglesi, è stata acquisita dall’investitore russo Alexander Mamut nel giugno 2011. Nonostante le perdite siano continuate anche negli anni successivi per un valore pari a circa 92,7 milioni di sterline tra il 2011 e il 2013, col tempo i segni meno sono stati compensati da altrettanti più. Merito del radicale cambiamento gestito da James Daunt, managing director di Waterstones dal 2011, e della nuova cultura cui ha improntato Waterstones.
Le librerie di Londra
di Elena Refraschini
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James Daunt, prima di diventare il managing director di Waterstone che abbiamo incontrato nelle pagine precedenti, era un semplice librario. Lavorava per JP Morgan a New York negli anni Ottanta, quando decise di cambiare vita e tornare nel nativo Regno Unito per seguire le passioni di sempre, la lettura e i viaggi. Nasce così nel 1990 la prima Daunt Books, libreria specializzata in viaggi che suddivide l’assortimento non per genere ma per Paese, offrendo guide ma anche titoli di saggistica e narrativa. Daunt Books conta oggi sei sedi, la più suggestiva, che occupa regolarmente uno dei dieci posti nelle classifiche delle librerie più belle al mondo, è quella di Marylebone. In un anno in cui nel Regno Unito 67 librerie indipendenti hanno chiuso e solo 26 sono state aperte, il risultato di Daunt è confortante. Gli ingredienti del successo? Personale specializzato e preparato, e particolare attenzione alle vetrine che mettono in mostra solo uno o due titoli insieme a diverse recensioni. Con questo sistema, un titolo vende anche 40-60 copie in un giorno nel singolo punto vendita. Abbiamo parlato con Brett Wolstencroft, manager della catena, per saperne di più.
L'alleanza tra software e librai
di Elena Vergine
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Le librerie indipendenti italiane (ma non solo) sono messe a dura prova dalla crisi che si declina non solo in una diminuzione della spesa degli italiani in libri, ma anche in una sempre più ardua competizione con gli store on line e con la crescita dell’e-commerce. Eppure, come sottolineato in questo stesso numero da Alberto Galla (presidente dell’Associazione librai italiani) le librerie «stanno
dimostrando una straordinaria capacità di resilienza» a riprova del fatto che i librai hanno più di un asso nella manica. Tra questi vi sono i software gestionali. «Il gestionale in libreria ci sta come i libri e gli scaffali. È lo strumento di lavoro principale di cui il libraio oggi non può fare a meno, – afferma Francesco Bova (Decalibro) –. D’altro canto, a petto della crisi presente, il gestionale di miracoli non ne fa, non abbassa gli affitti dei locali, non smuove le politiche commerciali degli editori, non batte gli sconti
della grande distribuzione e molte altre cose non fa. La differenza la fanno il libraio e la specializzazione della libreria: è solo su questa base che poi anche il gestionale può dare il meglio di sé».
In Sudafrica preferiscono la carta
di Elena Refraschini
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Nel nostro ciclo dedicato alle editorie emergenti è venuto il momento del Sudafrica, un Paese di cui non si sa molto anche se gli ultimi dati presentati dalla Frankfurt Book Fair (che è partner nell’organizzazione annuale della Fiera di Cape Town) ci aiutano nell’inquadrare meglio la situazione del Paese: il Sudafrica possiede un’industria ben sviluppata e solida dal punto di vista finanziario, con un buon sistema di trasporti e telecomunicazioni. Secondo la Costituzione post-Apartheid del 1996, sono undici le lingue ufficiali, il che fa immaginare un mercato editoriale vivace. Dal 2009 al 2013 l’uso di Internet nel Paese è più che raddoppiato, e indagini Cisco prevedono che il traffico quadruplicherà entro il 2017 (di contro, la lettura di giornali cartacei cala del 5% ogni anno). Ci sono 45 milioni di utenti di telefoni cellulari, 13 milioni di bambini in età scolare, 650.000 studenti. Nonostante queste buone premesse, i dati che ci interessano più da vicino sono allarmanti: l’analfabetismo è al 13,6%, i lettori regolari sono circa 500.000 (l’1% della popolazione) mentre il 51% della popolazione non possiede nemmeno un libro in casa. Nel 2008 il volume d’affari generato dall’editoria era stato di 370 milioni di euro (pari allo 0,15% del Pil), sceso però a 143 nel 2009 e 167 nel 2010. Per quanto riguarda le vendite dei libri trade, il 70% avviene in librerie di catena nazionali, il 9% nelle librerie indipendenti, il 5% tramite bookclub e il 3% nella Gdo. I libri scolastici vengono venduti soltanto da librerie indipendenti o da centri di distribuzione pubblici. E se per quanto riguarda la produzione generale abbiamo un 33% di produzione locale e un 67% di importazioni (soprattutto da Uk e Usa), le cifre sono solo leggermente diverse per quanto riguarda i libri trade: soltanto il 36,7% è prodotto localmente (per un 39,5% di fiction per adulti e un 60% di non fiction), mentre il 62,9% è importato.
Di carta o di pixel?
di Emilio Sarno
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Lo scorso anno avevamo presentato su queste stesse pagine i risultati di una indagine Istat relativa alla lettura dei bambini tra 0 e 5 anni. Era un’indagine «pilota» che conteneva però numerose indicazioni relativamente a quanto stava (o sta) accadendo all’interno delle «nuove» famiglie italiane.
Lo ricordiamo perché costituisce un buon punto di partenza per collocare la ricerca promossa da Aie, Fattore mamma, Mamamò, Natidigitali in collaborazione con Aib e Filastrocche.it. e presentata nel marzo scorso alla Fiera del libro di Bologna.
Cosa diceva l’indagine Istat? Tre cose essenziali che è utile ricordare: il 63,3% dei bambini di 2-5 anni «leggeva, colorava, sfogliava libri o albi illustrati tutti i giorni al di fuori dell’orario scolastico»; tra i 2-5 anni la diffusione della lettura era maggioritaria rispetto a tutte le altre classi di età, infantili e Ya (da cui deriva che le vere agenzie che si occupano di promozione della lettura sono diventate le famiglie italiane); nel 2011 il 17,4% dei bambini di 2-5 anni «usava il pc», valore che nel 2013 è salito al 23,3%.
In assenza di ricerche si considerava la fascia infantile e quella della pre-infanzia come un universo protetto rispetto all’uso dei nuovi device digitali. In realtà, come vediamo, non è affatto così.
Una precisazione, però. Qui non si tratta di ragionare in termini di contrapposizione (carta vs digitale) bensì in termini di complementarietà: i nuovi genitori svolgono un ruolo attivo rispetto alle proposte editoriali e al mix di storie di carta o di pixel che propongono ai loro figli. Questa è appunto l’evidenza che emerge dall’indagine Natidigitali 2014 dedicata alla lettura di libri digitali nelle famiglie italiane con bambini in età 0-14 anni, ricordando che con «libri digitali» si intendono applicazioni ma anche fiabe e storie lette su e-reader, tablet, smartphone.
Esplosione Cambriana 2.0
di Michael Bhaskar
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Circa 520 milioni di anni fa un evento rivoluzionò il mondo. Fino a quel punto le forme di vita erano state semplici e relativamente limitate, così come la biodiversità. All’improvviso, in un breve arco temporale, ci fu una rivoluzione nella vita stessa: la maggior parte delle specie di animali che oggi diamo per scontate trovarono una forma e l’evoluzione accelerò trasformando il mondo così come era sempre stato.
Secondo l’«Economist» si sta verificando qualcosa di molto simile oggi, con le aziende al posto delle forme di vita. Ecco a voi «l’esplosione cambriana 2.0».
Le start-up editoriali oggi stanno crescendo e trasformando il settore. Le radici di questo cambiamento risalgono al boom delle dotcom, quando si è fatta avantiuna nuova onda di imprenditori, programmatori, hacker e blogger. In quello stesso periodo un servizio come Napster stava facendo capire quanto tutto fosse vulnerabile. Creato dall’allora diciottenne Shawn Fanning, il meccanismo peer-to-peer di Napster da solo sovvertì l’intera industria multimiliardaria della musica.
Nel corso della fine degli anni Novanta le start-up del Web che si erano diffuse nella Bay Area (e altrove) stavano scrivendo la storia. Poi ci fu il crollo delle dotcom. Oggi, con il senno di poi, possiamo vedere quel crollo per quello che era: un contrattempo. Il boom è tornato ed è guidato dalla tecnologia. Quando una start-up (Whatsapp) può essere comprata da un’altra (Facebook) per 19 miliardi di dollari, quella start-up ha meno di cento impiegati e una vita di quattro anni, è il caso di prenderne nota. La verità è che siamo di fronte all’apoteosi del boom delle dotcom che, in realtà, non sono mai scomparse.
Azienda del mese: codeMantra
di Redazione
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codeMantra, da oltre 15 anni protagonista nel mercato globale dell’editoria, incorpora al suo interno strutture di eccellenza proponendo agli editori servizi di qualità, che spaziano dalla composizione alla prestampa, dalle conversioni agli asset management, dai metadata alla distribuzione.
La mission è quella di fornire a qualsiasi editore, prescindendo dalla materia trattata o dal mercato di appartenenza, gli strumenti e i servizi necessari per sviluppare una strategia di pubblicazione in formato tradizionale e/o digitale coerente ed efficiente, riducendo i costi ma rispettando i work flow di produzione.
Creata nel 2002 con sede a Boston (MA), codeMantra può oggi vantare 1.500 dipendenti e varie sedi negli Stati Uniti, in India e in Europa con una presenza globale in un mercato così diversificato e dinamico. Nonostante l’apparente complessità strutturale derivante dalla vocazione globale dell’azienda, uno dei suoi punti di forza è la capacità di sostenere gli editori nelle loro esigenze, fornendo con tempestività le soluzioni richieste ed attuandole nel modo più semplice e funzionale.
Come ripensare i siti Web
di Andrea Boscaro
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Il mese di marzo si è chiuso con la notizia che le vendite di e-book in Gran Bretagna sono cresciute del 20% dimostrando come questo sia un mercato device-driven. Con l’esplosione di smartphone e tablet, anche in Italia stiamo assistendo all’evoluzione del mercato editoriale sotto il profilo del marketing, della comunicazione e del prodotto.
Il digitale cambia il marketing delle case editrici perché l’e-commerce è giunto a pesare, come canale, l’11% del totale, a cui si debbono aggiungere i ricavi dei libri digitali: non stupiscono pertanto segni quali l’espansione sempre più sostenuta di Amazon in Italia e la crescente attenzione delle case editrici che stanno comprendendo che «nuove librerie» richiedono «nuove copertine», o come l’indicizzazione sui motori di ricerca e l’attenzione alle opinioni dei lettori.
Mentre negli Stati Uniti i siti degli editori non hanno potuto far altro che rimandare i lettori verso il colosso di Amazon, la partita, qui in Italia, è ancora aperta come dimostra l’acquisizione della community di lettori Anobii da parte di Mondadori. Come Goodreads, di proprietà di Amazon, anche Anobii ha infatti in sè l’ingrediente più importante del mondo digitale per l’editoria: i dati.
I dati sono il sale dell’uso della rete: ciò che per un utente è un atto non significativo come un «like» è, invece, per la casa editrice che lo guardi in aggregato una preziosa informazione per comprendere le tendenze, individuare gli ostacoli e costruire una relazione più personale e fedele con i lettori.
Innovazione e scuola
di Ester Draghi
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Progettare libri scolastici in formato e-book non è una sfida semplice per l’editoria scolastica. Le pubblicazioni digitali esistenti oggi troppo spesso sono ancorate a dei modelli di consultazione vincolati alle edizioni cartacee che mal si prestano a una trasposizione letterale su computer e su dispositivi mobile. Il progetto iSLe (www.progettoisle.it) nasce proprio con l’obiettivo di immaginare come tecnologie quali motori inferenziali, strumenti di ontology learning, text mining, annotazione semantica dei contenuti e tecniche di intelligenza artificiale possano essere utilizzate per creare una nuova generazione di liquid book per l’editoria scolastica e professionale. iSLe è un progetto di GruppoMeta in collaborazione con l’Istituto di linguistica computazionale del Cnr di Pisa, 01S, Space e Viditrust finanziato dalla Regione Toscana nell’ambito del Por Creo 2007-2013. Ne abbiamo parlato con Paolo Ongaro Ceo di Meta Srl.
Di calcio e di libri
di Fabio Ferrero
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Quello formato da calcio e letteratura è sempre stato un binomio difficile. Molti giornalisti, scrittori e persino poeti, in tutto il mondo, ne hanno raccontato eventi, numeri e personaggi ma, per qualche motivo, una parte consistente del mondo creativo ha sempre guardato con una certa diffidenza al calcio, e forse allo sport in generale.
In Italia, il più grande scrittore di calcio è stato probabilmente Gianni Brera che, con uno stile narrativo unico, acuto e tagliente, ha rivoluzionato completamente il modo di raccontare lo sport, coniando tra l’altro neologismi entrati oggi nel comune linguaggio calcistico.
Grazie ad una eccezionale e potente vena produttiva, agli articoli giornalistici Brera seppe unire numerosi libri di assoluto valore come Il mestiere del calciatore (Booktime, 2008; prima edizione Mondadori 1972), o I campioni vi insegnano il calcio (Booktime, 2012; prima edizione Longanesi, 1965), in cui al semplice racconto dell’evento sportivo si affiancava, forse per la prima volta, l’approfondimento storico e il piacere della creazione linguistica.
Ma anche in anni più recenti, numerosi sono i giornalisti italiani che hanno saputo parlare ad appassionati e non: da Darwin Pastorin con Tempi supplementari (Feltrinelli, 2002), L’ultima parata di Moacyr Barbosa (Mondadori, 2005) e il più recente La mia Juve (Priuli e Verlucca, 2012) a Gianni Minà, che proprio insieme a Pastorin scrisse l’intenso Storie e miti dei mondiali (Franco Cosimo Panini, 1998), passando per Cesare Fiume, inviato speciale del «Corriere della Sera» e autore di Storie esemplari di piccoli eroi (Dalai Editore, 2011) e Giorgio Tosatti, grande firma del giornalismo sportivo con Tu chiamale se vuoi emozioni (Mondadori, 2005) e Se questo è sport (Mondadori, 2008).
Non solo calcio
di Intervista a cura di E. Vergine
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Se l’Italia è da sempre il Paese del calcio, da una decina di anni a questa parte anche altri sport – dal basket al rugby, dal tennis al ciclismo, dall’automobilismo al motociclismo – si sono aperti un varco nel cuore del grande pubblico: in parte grazie allo spazio maggiore riservatogli su quotidiani e sui palinsesti televisivi, in parte grazie al carisma di alcuni campioni e alla passione di giornalisti ed esperti che hanno saputo rendere grandi le loro parabole, in parte grazie ai libri. Ne abbiamo parlato con Paolo Frascolla, titolare della Libreria dello Sport di Milano, al quale abbiamo chiesto anche di individuare i titoli che non possono mancare sullo scaffale degli appassionati e quindi nella selezione dei librai.
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