Si conclude con la Cina il nostro viaggio alla scoperta delle editorie dei Paesi emergenti cominciata lo scorso dicembre con l’editoria del mondo arabo per poi passare a indagare i mercati di Turchia, Russia, Brasile, India e Sudafrica.
Il mercato editoriale cinese ha subito enormi cambiamenti negli ultimi vent’anni. Se, infatti, negli anni ’80 e ’90 l’industria era completamente controllata dallo stato, di recente sono state allargate le maglie dei controlli sulle iniziative private anche in questo settore: sappiamo quindi che esistono 580 case editrici statali, ma non abbiamo numeri ufficiali per quanto riguarda il lato privato del business, che dimostra peraltro una professionalità e una consapevolezza delle regole del mercato di altissimo livello (come dimostra il fatto che spesso accade che un grande editore statale decida di comprare un
indipendente di qualità, come nel caso di Boji Tianjuan, entrato a far parte del China South Publishing).
Circa il 40% delle imprese editoriali ha sede a Pechino, il 7% a Shanghai e il resto nei vari centri provinciali (molti editori specializzati hanno sede nei capoluoghi di regione, mentre quelli generalisti
lavorano dalla capitale). Sempre maggiori opportunità si aprono, inoltre, nel campo della cooperazione internazionale, non più solo nella co-produzione di alcuni titoli, ma anche nella possibilità di joint venture (come nel caso di JV Hachette e Phoenix).