La rivista5 problemi, 5 soluzioni
di Elena Vergine
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Quali sono state le maggiori criticità per la filiera del libro nel 2013 e quali soluzioni si possono individuare per il 2014? Abbiamo chiesto ai presidenti di Aib, Aie e Ali di individuare cinque problemi (contrassegnati dalla nuvoletta), ordinati dal più al meno importante e di prospettare, per ognuno di essi, altrettante soluzioni (la lampadina). Senza dimenticare di indicarci almeno una cosa positiva per concludere con un po’ di speranza quest’anno di crisi
Al servizio degli editori
di Intervista a cura di E. Vergine
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Torrossa – la piattaforma full text di Casalini inaugurata nel 2011 – è la naturale evoluzione di Casalini Digital Library nata nei primi anni Duemila. Casalini è stato infatti
il primo aggregatore italiano ad aprire una piattaforma digitale sotto la spinta dei partner nordamericani con cui si interfaccia da sempre. La creazione di una Digital Library è stata la prima sperimentazione digitale condotta dall’azienda toscana che, col tempo, ha visto crescere e consolidare l’iniziativa grazie all’incremento dei contenuti elettronici e alla fiducia degli editori aderenti. Il primo prodotto di punta è stato «Eio-Editoria Italiana Online», una collezione multieditoriale e multidisciplinare cresciuta dai primi sei editori ai 120 editori italiani di oggi e altri oltre 180 complessivi. Per far fronte all’aumento di editori e contenuti – sia libri che riviste –, alle nuove esigenze di flessibilità del mercato, e per continuare a fornire servizi di qualità a editori, biblioteche e privati, è stata ripensata l’intera infrastruttura tecnologica. Torrossa nasce con l’obiettivo di acquisire un ruolo importante come piattaforma di lingua romanze: oltre a pubblicazioni italiane include contenuti in lingua spagnola, francese e portoghese. Ne abbiamo parlato con Luisa Gaggini (responsabile area digital di Casalini).
Dateci credito
di Lorenza Biava
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La ricerca di risorse finanziarie da parte delle piccole e medie imprese italiane per finanziare nuovi investimenti rappresenta uno dei temi cruciali per la ripresa dalla congiuntura economica.
Certamente la questione non si esaurirà quest’anno ma si prolungherà nel 2014 e nel 2015. Ma se l’impresa manifatturiera è una casa editrice, magari con una scarsa capitalizzazione e il cui capitale è costituito da «autori», tutto diventa più difficile.
«È assolutamente uno dei temi più caldi in questo momento per i piccoli e medi editori – esordisce Vittorio Anastasia, editore di Ediciclo, che nel direttivo del Gruppo dei piccoli editori di Aie si occupa di questi temi –. All’interno del Gruppo ci stiamo infatti impegnando per individuare possibili convenzioni che agiscano sugli aspetti funzionali dell’attività della casa editrice. Lo scopo è quello di trovare degli accordi che consentano agli associati di ricavarne agevolazioni e benefici.»
Decreto 231: le Linee guida
di Gianmarco Senatore
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231, che mai sarà e cosa centrano gli editori con questa nuova qabbaláh numerica?
Nel 2001 il decreto legislativo 231, appunto, fissava a carico delle aziende (tutte) sanzioni pecuniarie e interdittive (come la sospensione o l’interruzione dell’attività) anche molto pesanti (prevedendone l’applicazione da parte del giudice penale), in occasione dell’accertamento di reati da parte delle persone interessate, graduando la pena e le sanzioni tra un minimo e un massimo in considerazione della gravità dei fatti e del comportamento della società stessa.
Il concetto sul quale ruotava (nel 2001) la nascente disciplina della responsabilità giuridica delle società, delle associazioni e delle altre persone giuridiche rispetto ai reati commessi da propri dipendenti o collaboratori a vantaggio, o comunque nell’interesse, degli enti stessi, sanciva in qualche modo il superamento del principio della personalità della responsabilità penale.
Il legislatore aveva cioè ritenuto di aggiungere alla responsabilità personale degli autori materiali dei reati – e alle conseguenti sanzioni già previste dalle norme penali – anche quella delle aziende o degli enti (tutti) che possono avere tratto giovamento, dalla commissione di tali illeciti.
Editori over the top
di Lorenza Biava
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Realizzata sulla base dei dati 2012 dalla Rudiger Wischenbart Content and Consulting, la settima classifica dell’edizione mondiale condotta da «Livre Hebdo» restituisce, complessivamente, l’immagine di un settore in cui sembra essersi realizzata una sorta di tregua rispetto alla crisi imperante, almeno per quanto riguarda gli «over the top» della galassia editoriale.
Il giro d’affari complessivo dei 50 principali gruppi editoriali (quest’anno il numero degli editori che hanno fatturato più di 150 milioni di euro, e che sono quindi entrati di diritto nel classement, è salito a 84) è infatti tornato ad assestarsi su valori che, se non possono dirsi pre-crisi, se non altro sono in crescita rispetto all’anno precedente.
Il fatturato di questi gruppi – considerato, lo ricordiamo, in base al giro d’affari al netto di tasse indicato sul bilancio di esercizio 2012 e comprendente, almeno nelle dichiarazioni, le sole voci riconducibili alle attività editoriali librarie vere e proprie, i club e alcune attività e prodotti connessi come la distribuzione o le banche dati (non sono comprese la stampa quotidiana e periodica) – raggiunge nel 2012 quota 54,8 milioni di euro e torna ad assestarsi su valori vicini a quelli del 2010 quando si aggirava sui 54,0 milioni di euro. Si tratta di un valore complessivo che torna a salire dopo la tragica caduta dello scorso anno quando, per effetto della crisi, il fatturato dei Top 50 si era fermato a quota 52,7 milioni di euro.
Gli europei in America
di Edward Nawotka
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Da assiduo frequentatore della Fiera del Libro di Francoforte, mi capita spesso di imbattermi in editori italiani che mi domandano «Perché gli editori americani non traducono più libri? Perché i lettori americani non leggono più libri tradotti? Sono xenofobi?» Sono domande lecite, che meritano di essere approfondite.
Per prima cosa, un po’ di informazioni. Open Letter Books dell’Università di Rochester, un editore di narrativa straniera, ha una banca dati aggiornata annualmente che tiene traccia del numero di opere letterarie tradotte (narrativa e poesia) pubblicate negli Usa ogni anno. A settembre – alla fine del terzo trimestre dell’anno – erano una trentina i libri pubblicati tradotti dall’italiano, da titoli di saggistica alta come Storia della mia gente di Edoardo Nesi, vincitore del Premio Strega, fino a letture più leggere come Andrea Camilleri. L’italiano è tra le cinque lingue più tradotte negli Usa, in genere insieme a spagnolo, francese e tedesco. In un’annata normale, in America i titoli tradotti e pubblicati sono meno di cinquecento. È un numero irrisorio, soprattutto considerando che, compresi i titoli del self publishing, ogni anno negli Usa le pubblicazioni di libri superano il milione.
Ma, come sempre quando si parla degli Usa, bisogna considerare le proporzioni. Gli abitanti sono circa 330 milioni, distribuiti su un’area che, a pari estensione sul territorio europeo, andrebbe dalla Groenlandia a Mosca. Il cuore dell’Europa starebbe dentro al solo Midwest; lo stato dove vivo, il Texas, è da solo più grande della Francia.
I magnifici 7
di Elisa Molinari
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Non solo la «tempesta è perfetta» ma il massimo depressionario è trasversale a pressoché tutte le editorie con la parziale eccezione della solita Germania e del Regno Unito. La prima contiene in un -0,8% le perdite nel 2012 rispetto al 2011 e il secondo fa addirittura un +4% rispetto all’anno precedente.
C’è però un dato che viene prima di tutti e che è troppo poco messo in evidenza.
Il valore del mercato europeo (almeno dei Paesi maggiori) vale qualcosa come 22,878 miliardi di euro, quando quello nordamericano arriva (anche se il dato è relativo ancora al 2011) a poco più di 20,2. Volendo considerare solo i mercati continentali si arriva a 18,964 miliardi contro i 24,157 di quelli anglofoni. Quello di Amazon (libri e tutto il resto) varrebbe 20,3 miliardi nel 2012.
Detto in altro modo – e considerando solo la platea di questi sei mercati/Paese europei – si può comprendere meglio l’attenzione con cui i big player (i «regni combattenti» come avevamo titolato un e-book del dicembre 2012) guardano al lucroso mercato europeo riuscendo per di più a infilarsi con facilità nelle crepe delle differenti normative fiscali e di regime Iva che l’Unione europea ha consentito si aprissero nel suo territorio.
Anche tenendo conto che i dati dei singoli Paesi non sono mai perfettamente combacianti e confrontabili tra loro, quello che emerge dalle schede curate da Elisa Molinari e contenute nelle pagine successive, è un altro aspetto che dovrebbe sollecitare domande e curiosità. I segni meno non sembrano essere «collegati » con le dimensioni che va assumendo il mercato degli e-book (qualunque cosa poi venga considerato e-book). E considerando poi che quello dell’e-book è ormai un mercato che ha come unità
di misura il «miliardo» e non più il «milione». Anche nel mercato di lingua anglosassone
(Uk +Usa) ci ritroviamo con un segno «+» nel Regno Unito, ma con un segno «-» in quello nordamericano.
Nell’Europa continentale la Germania segna un -0,8%, ma è anche il Paese in cui gli e-book hanno oggi la quota di mercato maggiore. Francia e Spagna avrebbero la stessa quota di mercato digitale, ma andamenti complessivi di fatturato ben diversi.
Il boom del New Adult
di Elena Refraschini
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Con le librerie invase da titoli romance e Young Adult (Ya), era solo una questione di tempo prima che una nuova etichetta facesse il suo ingresso nell’arena: quella del New Adult (Na). Gli editori e gli agenti di tutto il mondo ne parlano, i librai ne parlano (spesso senza troppe lusinghe), i bibliotecari ne parlano. Ma di cosa si tratta?
Innanzitutto, partiamo dalla definizione. Pare che il termine sia stato coniato dalla St. Martin’s Press quando indisse un concorso nel novembre 2009 mirato alla selezione di opere con protagonisti «slightly older than Ya» e con temi che potessero interessare anche gli adulti: «Visto che i ventenni divorano i libri Ya, stiamo cercando opere di fiction simili al genere Young Adult ma che possano anche essere pubblicate e pubblicizzate con in mente un pubblico adulto – un older Ya o new adult» (corsivo nostro).
Per quanto sia difficile descrivere un intero genere, specialmente quando nuovo e in evoluzione come il Na, è possibile trovare alcuni tratti in comune a molti libri pubblicati in questa categoria. I protagonisti hanno di solito tra i 18 e i 25 anni, hanno quindi finito il liceo e sono studenti al college (oppure, hanno appena finito il college e sono alla ricerca del primo impiego). Questa fase della vita è molto simbolica per un giovane statunitense (il fenomeno è nato infatti Oltreoceano): si trova per la prima volta a vivere senza la famiglia, in un luogo a lui sconosciuto, con amici nuovi, sfide nuove, per la prima volta deve prendere scelte importanti dal punto di vista della carriera. Insomma, un’età di prime volte importanti. Naturalmente, la questione che fa più discutere è quella relativa alle prime esperienze sessuali, che di solito sono escluse o quasi nei libri strettamente Ya (ricordiamoci che Bella ed Edward, l’eterna coppia della saga di Twilight, aspettano il matrimonio e più di mille pagine per compiere il grande passo).
Il peso della stampa
di Emilio Sarno
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La produzione sta cambiando. Non ci stiamo riferendo al mix di generi che le case editrici propongono al mercato, e neppure alla crescente integrazione (già nella fase produttiva del processo editoriale) in cui carta e digitale hanno una lavorazione «parallela» per venir distribuite poi su canali di vendita diversi: canali fisici e librerie on line da una parte, store di e-book dall’altra.
Ci riferiamo proprio alle «quantità» di libri prodotti dall’industria editoriale italiana.
I due grafici che corredano l’articolo e che mostrano come sono cambiate le cose in questi anni sono già estremamente eloquenti e considerano i tanti segmenti che compongono la varia adulti (non abbiamo considerato l’editoria educativa soggetta a dinamiche sue proprie né quella destinata a bambini e ragazzi).
L’arco di tempo che abbiamo considerato è abbastanza lungo, così da evitare possibili «effetti best seller» che potrebbero in qualche misura inquinare il dato in un semplice confronto anno su anno (il 2012 sul 2011, ecc.).
L'editoria del mondo arabo
di Elena Refraschini
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Una delle aree d’investimento che si stanno facendo sempre più presenti negli ultimi anni per gli editori occidentali è la «Mena» – quell’area che unisce Medioriente e Nord Africa e che comprende Paesi tanto diversi come l’Egitto, la Tunisia, il Libano, il Marocco, l’Iran, e gli Emirati Arabi Uniti e che, in totale, ospita circa 381 milioni di persone. Mentre l’industria editoriale di alcuni Paesi è stata messa in ginocchio da crisi politiche senza precedenti (in particolare è il caso dell’Egitto o della Tunisia), in altri, ingenti investimenti fanno sì che il settore si sviluppi e attragga anche l’attenzione delle editorie occidentali.
Nonostante il centro dell’attività editoriale dell’area sia sempre stato il Libano (è sua infatti una delle industrie più antiche nonchè la sede di molti editori di lingua araba, tanto che è stato anche coniato il motto «l’Egitto scrive, il Libano pubblica, l’Iraq legge »), è negli Emirati che oggi si concentra un flusso di investimenti tale da attrarre
l’attenzione dell’industria locale e internazionale.
L’Abu Dhabi International Book Fair soprattutto, ma anche la Sharjah International Book Fair stanno, anno dopo anno, diventando appuntamenti imperdibili per i professionisti del settore. Basti pensare che a Sharjah il governo mette a disposizione tre milioni di dollari l’anno per la fiera, mentre oltre sessanta milioni vengono destinati all’implementazione di una solida industria editoriale. Cifre così importanti non possono non far storcere il naso ai più cinici, che vedranno facilmente la connessione tra gli investimenti e il petrol-dollaro. Ma non si tratta solo di questo.
La realtà di Lia
di Rosa Mugavero
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Da sempre dicembre è il mese in cui si tirano le somme sull’anno che sta per concludersi e così anche per Lia-Libri italiani accessibili è il tempo dei bilanci. Avviato nel gennaio 2011, grazie ad un finanziamento del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, sotto il coordinamento di Associazione italiana editori e della sua società controllata Ediser e in stretta collaborazione con Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, lo scorso giugno, come è noto, Lia è diventato un vero e proprio servizio che consente ai lettori non vedenti e ipovedenti di accedere alle ultime novità editoriali negli stessi modi e negli stessi tempi di tutti gli altri lettori (R. Mugavero, Da progetto a servizio, «GdL», 7/8, luglio/agosto, 2013, pp. 42-43). In concomitanza con la presentazione ufficiale del progetto, tenutasi alla Sala delle Colonne di Palazzo Marini a Roma, è stata infatti messa online sul sito www.libriitalianiaccessibili.it la vetrina Lia su cui è disponibile un ampio catalogo di e-book di narrativa e saggistica accessibili anche alle persone con disabilità visive, che possono essere acquistati sulle librerie on line Bookrepublic, UltimaBooks, net-ebook di Mediaworld e Deastore oppure presi in prestito attraverso la piattaforme digitali di MediaLibraryOnline e, dallo scorso ottobre, anche attraverso quella di Rete Indaco.
La Roma del libro
di Paola Sereni
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La ricchissima mappa dei luoghi del libro curata da Più libri ci permette di gettare uno sguardo più approfondito sulle tante realtà che costellano il tessuto urbano di Roma. Abbiamo chiesto ad alcune di queste di raccontarsi e di illustrare quali attività hanno portato avanti tra il 27 novembre e l’8 dicembre durante Più libri più luoghi, il fuori fiera di Più libri che per la prima volta le ha messe in rete in un progetto organico.
Lo scaffale dell'editore
di Serena Baccarin
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Editore e libraio sono figure complementari dello stesso mondo professionale e accade non di rado che i due profili si sovrappongano.
Accanto alle catene dei grandi gruppi editoriali e le librerie show-room dei piccoli editori, molte case editrici indipendenti hanno deciso di aprire o di rilevare una libreria di varia. Come si presentano queste librerie in termini di assortimento e quali sono le opportunità che nascono dall’acquisizione di un canale fisico? Ne abbiamo discusso con Ilaria Rodella (Libreria Corraini ExTemporanea 121+ di Milano), e con tre rappresentanti del circuito librario-editoriale indipendente romano: Vincenzo Gallico (responsabile di Fandango Incontro), Romano Castellani (direttore delle Libreria Fanucci) e con Andrea Esposito (socio della Libreria Minimum Fax).
Nobel vs Strega
di Oddina Pittatore
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Non è una novità che vincere un prestigioso premio letterario possa fare la fortuna dello scrittore, e la gioia dell’editore, moltiplicando le vendite da un giorno all’altro. È meno noto, invece, quanto duri la spinta nel tempo, se gli effetti siano temporanei o duraturi e se incidano in modo differente sui diversi titoli pubblicati dall’autore. La visibilità offerta dal riconoscimento dà carburante a un solo libro o all’intera opera in commercio? Avrà la forza di trainare anche le nuove uscite? Porterà a nuove edizioni, traduzioni, cambi di editore?
Per scoprire le conseguenze meno conosciute dei premi abbiamo messo a confronto i tre Strega più recenti, conferiti a luglio degli ultimi tre anni, (Walter Siti con Resistere non serve a niente, Rizzoli, 2013; Alessandro Piperno con Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi, Mondadori, 2012; Edoardo Nesi con Storia della mia gente, Bompiani, 2011) con gli ultimi tre Nobel assegnati alla letteratura nel mese di ottobre (Alice Munro, 2013, che, alla data della premiazione, ha 10 opere pubblicate con Einaudi e 1 con Mondadori; Mo Yan, che nel 2012 aveva 5 titoli nel catalogo Einaudi e 1 con Nottetempo; Tomas Tranströmer, che nell’ottobre 2011 aveva 1 raccolta con Herrenhaus e 1 con Crocetti).
Se gli editori fanno rete
di Paola Sereni
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Roma è una città di cui tutto si può dire tranne che manchi di cultura. Perché allora, pur essendo culla di moltissimi editori indipendenti, di librerie, di biblioteche e di attivissime associazioni culturali, stenta ad essere percepita come una città «del libro»? Ne abbiamo discusso con Silvia Barbagallo che ha curato Più libri più luoghi, il calendario degli eventi off della fiera di Più libri dal quale quest’anno è nato il progetto della «Roma del libro», una mappa durevole pensata per raccogliere, quartiere per quartiere indirizzi e siti delle principali realtà che operano nel mondo del libro.
Sviluppare un'App
di Giorgio Kutz
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Se per certi versi l’avvento del tablet ha aperto agli editori nuove opportunità di prodotto e di mercato, per altri restano ancora molti nodi da sciogliere, principalmente di conto economico e di processo.
Le illusioni generate dalla vetrina luccicante delle App e dal canale distributivo, che se vogliamo è davvero planetario, mal si concilia coi tempi di ritorno degli investimenti, che sono da metempsicosi. Per quanto si riesca a vendere, l’imposizione di un prezzo unitario molto basso, i fardelli dell’Iva e del costo del canale e le aspettative di autori e fornitori affossano il conto economico sul nascere oppure penalizzano la qualità dell’offerta di prodotto.
Non si può contare su economie di processo fra prestampa e digitale, perché come abbiamo visto più volte in questa rubrica una «buona App» è qualcosa di molto diverso dall’impaginato di un libro. Le economie di scala vanno dunque cercate altrove. Le parole chiave per tornare a una redditività decente sono quattro: skill di dialogo con gli sviluppatori, approccio progettuale, serialità e scalabilità del progetto.
Abbiamo volutamente messo al primo posto la «skill di dialogo con gli sviluppatori» perché questo è indubbiamente il nodo più critico. Il Dna di editoriali e softwaristi è, per entrambi, pericolosamente distante.
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