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Ediser

Il senso del cibo

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Giovanni Peresson

Quelle che erano le pratiche alimentari e conviviali del passato, anche quelle di tutti i giorni, erano inserite in un rigido palinsesto, ricco di codici. Codici sia individuali (l’osservazione della preparazione del cibo, la scrittura del «ricettario di casa», ecc.) sia sociali (dal pranzo domenicale, al pic-nic negli anni Sessanta, ecc.). La stagionalità a sua volta segnava il calendario e i ritmi dei piatti domestici, come la geografia – ancor più della «letteratura italiana» come Ezio Raimondi ci ha insegnato (Storia e geografia dell’Italia letteraria) – dei piatti e degli ingredienti e della loro variantistica territoriale, anche quella micro-geografica. Così come il preparare la tavola «per assenza» finiva per trovare sintesi iconiche che – dal piatto di pastasciutta di Un americano a Roma (1954) alla pasta e fagioli de I soliti ignoti (1958) – racchiudevano, ancora alle soglie del boom economico, la pratica quotidiana se non della «fame» (atavica per sua natura) quantomeno della scarsità, della parsimonia, del riutilizzo nel piatto del giorno dopo. Piatti che narravano di storie di famiglia (oltre a geografie interne al Paese, di migrazioni anche secolari), dichiaravano il censo di appartenenza di chi li cucinava e serviva, marcavano il territorio di provenienza, il grado di appartenenza religiosa e di fede politica. I cibi della festa, il consumo collettivo, le evocazioni territoriali erano storie dal forte impatto formativo. Formativo non solo nell’apparecchiamento del piatto, ma formativo nei gusti e nei sapori, negli ingredienti e nella nominazione dei prodotti.

L'importanza di leggere

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Giovanni Peresson

I dati sulla lettura si possono anche guardare a rovescio. Se nel 2012 leggeva (almeno un libro) il 46,0% degli italiani, significa che il 54,0% non aveva letto alcun libro. Quando si parla di lettura si ragiona sul secondo numero dopo la virgola. Anche se, a ragion del vero, dal 41,9% del 1998 si è passati al 46,0% di oggi. Sono 3,2 milioni di lettori in più. Tradotti in crescita su 14 anni raggiungono un valore importante (+13,9%), ma che è pari a uno 0,99% di crescita media annua (229 mila lettori in più all’anno), un po’ pochi. Una crescita avvenuta più per adeguamenti della struttura imprenditoriale e della filiera che per ragioni e politiche istituzionali. Rinnovamento dell’offerta, riorganizzazione dei canali di vendita e del layout, del servizio ai clienti, articolazione diversa delle politiche editoriali e di prezzo. Possiamo accontentarci? Certo che no. Perché queste attività delle imprese devono potersi sostanziare su basi che si chiamano «politiche culturali» e «politiche per la lettura».

La notte dei libri

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Intervista a cura di E. Vergine

Lo scorso anno, il 21 giugno, si è tenuta la prima edizione di Letti di Notte, la manifestazione di promozione della lettura ideata da Marco Zapparoli (Marcos y Marcos) e Patrizio Zurru (Libreria Piazza Repubblica di Cagliari). L’iniziativa ha coinvolto migliaia di lettori che hanno partecipato alle attività organizzate dalle e nelle librerie, molte delle quali collegate tra loro via Skype, per celebrare insieme il piacere della lettura: spaghettate in libreria, tornei letterari, laboratori di scrittura per bambini, maratone di lettura, passeggiate sotto le stelle in compagnia di librai ed editori, questi eventi (e tanti altri ancora) hanno illuminato la prima notte bianca delle librerie italiane. A fare quadrato attorno al libro nel 2012 sono state 50 librerie – molte delle quali hanno registrato delle vendite «da Natale» – e 12 editori. Quest’anno gli editori sono triplicati, mentre librerie e biblioteche salgono a 100, alcune delle quali all’estero. Abbiamo chiesto a Marco Zapparoli di raccontarci la genesi di Letti di Notte, la sua particolarità, i punti di forza.

Lettura trendy

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Marianna Albini

Per quei lettori che finiscono un romanzo e si guardano attorno stupiti e disorientati all’idea di non avere nessuno con cui commentarne il finale, è in arrivo una buona notizia: i gruppi di lettura. È un fenomeno sempre più attuale: cresce il numero dei lettori che si appassionano a questa nuova forma di lettura condivisa e decidono di trovarsi regolarmente per discutere e mettere a nudo opinioni, impressioni ed emozioni nate con un libro tra le mani. Il gruppo di lettura non è una novità, ma finora l’idea che il grande pubblico ne aveva era quella di una tradizione del mondo anglosassone, invece i gruppi di lettura in Italia – volendo considerare solo quelli censiti – sono 450, e in continuo aumento. Ma che cosa sono esattamente e come funzionano? L’idea dei gruppi di lettura viene effettivamente dal nord Europa, dove negli ultimi venticinque anni hanno avuto una grande diffusione: ci si ritrova una volta al mese, si mangia insieme, si passano un paio d’ore a discutere di un libro o un autore letto nel mese precedente, si sceglie un nuovo libro per il prossimo incontro. Spesso riunioni private tra colleghi e amici, in Italia si trasformano, soprattutto per quello che riguarda la tendenza dei gruppi che nascono ora, in un appuntamento più pubblico, senz’altro più aperto perché spesso nato con il supporto o per iniziativa di librerie o biblioteche, e dove il valore aggiunto sono le persone che il gruppo di lettura coordinano o animano.

Libraie doc

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Serena Baccarin

Le donne ad oggi rappresentano il 72% del personale librario (Ufficio Studi Aie, marzo 2012) e il loro peso cresce anche nei ruoli direttivi. Dal rapporto con gli editori alla clientela, ci siamo interrogati sulla natura e sul valore aggiunto della gestione femminile nelle librerie. Ne abbiamo discusso con Pieranna Margaroli, che gestisce con la sorella la Libreria Margaroli di Verbania; Tamara Guazzini, presidente della Libreria Rinascita di Empoli; Lorenza Manfrotto, titolare con le sorelle Veronica e Lavinia della Libreria Palazzo Roberti di Bassano Del Grappa; Sabina Borri, a capo di Borribooks di Roma e con Daniela Bonanzinga dell’omonima libreria messinese.

Libro e non libro

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Ester Draghi e Paola Sereni

Che il non-book abbia assunto un peso preponderante nei fatturati delle librerie indipendenti e soprattutto di catena è ormai uno scenario attuale. Quaderni, taccuini, penne e oggettistica varia e collaterale rispetto al prodotto libro trovano sempre più spesso posto vicino alla cassa o su tavoli dedicati, un modo semplice e redditizio per non sacrificare spazio ai libri e garantirsi al contempo margini che questi ultimi non permettono. Ne parliamo con i responsabili degli assortimenti non-book di alcune catene italiane.

Non solo gadget

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Ester Draghi

Quanto pesa in media il non-book sul fatturato delle librerie? Una domanda apparentemente semplice la cui risposta non è scontata né univoca. A giudicare da quanto emerge dalle testimonianze, raccolte nelle pagine successive, dei librai (indipendenti e di catena), dei produttori di non-book (italiani e stranieri), e dai distributori, possiamo ragionevolmente affermare che il peso delle merceologie sul fatturato è aumentato, sta aumentando. Tradotto in termini percentuali si può dire che oscilla dal 6 al 20%: le variabili sono molteplici e dunque i numeri cambiano molto a seconda, per esempio, se si considerano anche musica e cinema o se si fanno i calcoli al netto Iva. Ma l’aumento del peso della merceologia non-book sul fatturato non è l’unico fenomeno che caratterizza la libreria italiana nel 2013 perché il trait d’union che collega le interviste che seguono si può riassumere in un’unica parola chiave: «qualità». Qualità dei prodotti, qualità del servizio, qualità dell’offerta. Perché nelle migliori librerie non si deve trovare di tutto. Si deve trovare il meglio. Dunque il non-book non va inteso come un «plus» ma come un «must», una risorsa che – parafrasando le parole di Achille Mauri – se sfruttata con «spregiudicatezza» può diventare un elemento distintivo e un fattore di marginalità. E allora l’obiettivo del libraio deve essere quello di imporre a questo settore un cambio di ruolo, trasformandolo da acquisto d’impulso a «destination».

Non-book a scaffale

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Serena Baccarin

A fronte di un mercato sempre più in sofferenza, che ha registrato una flessione del 4,4% nei primi quattro mesi del 2013 (fonte Nielsen), le librerie muovono in altre direzioni nel tentativo di tamponare l’emorragia generata dal libro fisico e trovando nel non-book una delle possibili fonti di fatturato sostitutivo. L’introduzione di fasce merceologiche diverse dal libro diventa sempre più strutturata, grazie anche ai grandi gruppi editoriali che nel corso dell’ultimo anno ne hanno organizzato la distribuzione, commercializzando brand di non-book nei canali trade. Tuttavia in corrispondenza di più invitanti margini di guadagno, il prodotto extra editoriale è spesso sinonimo di indici di rotazione molto elevati e di rimanenze a magazzino. Nell’abbracciare questo fenomeno le librerie si confrontano con temi che superano la selezione dell’assortimento, quali la scelta del layout e la necessità di acquisire nuove mentalità e competenze. Ne abbiamo discusso con quattro librai che da qualche tempo hanno deciso di dedicare spazio al non-book all’interno delle loro librerie: Alberto Galla (Gruppo Galla 1880, Vicenza), Paola Fioretti (Libreria Scuola e Cultura, Roma), Alessandra De Alessandri (Libreria Mercurio, Torino) ed Enrico Fassi (Libreria Articolo 21, Bergamo.)

Produrre sogni

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Elena Vergine

Dai giochi educativi alle scatole colorate, dal vino ai cofanetti regalo, dagli accessori tecnologici alle magliette letterarie fino alle classiche agende: tutto questo (e non solo) è non-book. Merceologie originali che, soprattutto in tempi di crisi, possono aiutare le librerie a distinguersi, a diventare luoghi multifunzione, ma senza perdere di vista il loro tradizionale core business. Gli esempi che vi proponiamo in questo articolo dello speciale non-book dedicato ai produttori sono sette realtà virtuose, molto attente ai cambiamenti di tendenza del mercato in generale e del loro target di riferimento in particolare. I loro sono prodotti attrattivi, talvolta inusuali, accomunati dalla qualità, con innumerevoli punti di contatto con il classico assortimento librario in quanto veri e propri prodotti culturali che vedono nelle librerie il loro canale naturale. Dunque è proprio per questo che diventa necessario, per i librai, sviluppare una loro cultura del non-book. «In negozi in cui per il lettore medio tutto è uguale e tanti libri insieme, anche se diversi, fanno una sola libreria, non tante librerie diverse, queste merceologie (se scelte con garbo e intelligenza) diventano elementi distintivi, e fattori di marginalità.», (intervista ad Achille Mauri, «Gdl», 1, 2013, Portatrice di futuro, di G. Peresson, pp. 26-27).

Professioni in cucina

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Elena Vergine

Che tipo di lavorazione editoriale richiede un libro di cucina? Quando si sfogliano le pagine di un «cook book», per riprendere la definizione che di queste pubblicazioni si è data durante il Salone del Libro di Torino che quest’anno ha dedicato al fenomeno un apposito spazio, spesso non ci si interroga sulle professionalità impiegate per la loro realizzazione. Eppure i professionisti coinvolti per la messa a punto di un’opera editoriale dedicata all’enogastronomia – sia essa una guida, un ricettario o un romanzo – sono le più svariate e il loro lavoro si articola in fasi complesse. Siamo andati a curiosare dietro le quinte di alcune realtà che si occupano di cucina per farci rivelare dai diretti interessati i segreti del mestiere.

Smartphone in cucina

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Lorenza Biava

L’appetito vien twittando. Almeno così è capitato a noi quando abbiamo partecipato al contest che il mensile «La Cucina Italiana» ha realizzato nell’ambito dell’ultima Milano Social Media Week. Uso mirato dei social network (da Twitter a Foursquare passando per Facebook), tanta creatività e una ponderata esperienza nell’uso della rete e della comunicazione Web sono stati gli ingredienti di una riuscita caccia al tesoro a sfondo culinario che ha impegnato per una mattinata 16 «cuochi» agguerriti. Lo scopo di «Insegui la ricetta» era relativamente semplice: individuare quattro ingredienti segreti e precipitarsi nella sede milanese del mensile. Lo svolgimento, vi assicuriamo, al cardiopalma. Sempre connessi tramite smartphone, i concorrenti hanno ricevuto via Twitter, ogni 40 minuti, gli indizi che dovevano guidarli alla scoperta di altrettanti ingredienti alla base di un piatto. Pane pugliese (l’indizio era: «in tavola non deve mai mancare... ma quale tipo?»), burrata («al suo interno trovi un gusto di gelato»), carciofo («punge anche se gli fai la barba») e gambero rosso («concorrenza a parte (per noi) è buono, pregiato e cammina all’indietro») andavano acquistati rigorosamente in negozi di quartiere dove, concluso l’acquisto, era necessario fare il check-in su Foursquare, fotografarli e inviare lo scatto via Twitter o Facebook al profilo di «La Cucina Italiana» (@Cucina_Italiana). Una volta riempito il proprio paniere, via di corsa verso Piazza Aspromonte per sperare di entrare nei primi sedici e, abbandonato per un attimo lo smartphone, prendere mestolo e tagliere per provare a cucinare la ricetta segreta: una Vellutata di burrata, carciofi all’olio, timo, limone e gambero rosso al vapore...

Ti racconto una storia

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Giugno 2013

di Elisa Molinari

Il pubblico è sempre più immerso nelle storie, sempre più protagonista e desideroso di collaborare alla loro realizzazione. L’ultima riprova? La recente mossa di Amazon, Kindle Worlds, capace, di intercettare un fenomeno fino a poco fa considerato di scarso valore (fino a E.L. James almeno) e portarlo prepotentemente alla ribalta. Si tratterà di una piattaforma commerciale che permetterà a tutti gli scrittori di fan fiction di riscrivere nell’ecosistema di Jeff Bezos le storie preferite e monetizzare il proprio lavoro. Il tutto grazie alla stipulazione di specifici accordi di licenza, tra cui quello con Alloy Entertainment che detiene i diritti delle fortunate serie tv Gossip Girl, Pretty Liars e Vampire Diares. Insomma: storie, storie, storie. Storie che coinvolgono i lettori e li rendono protagonisti, storie che esplodono universi immaginativi inesplorati, storie che allargano le barriere della narrazione. In una parola: storytelling. Si tratta senza dubbio di uno dei temi più discussi in tutti in tutti gli appuntamenti internazionali dedicati al mondo dei media ma, tutto sommato, sono davvero in pochi a conoscerne meccanismi e potenzialità. Di cosa si tratta dunque? E, soprattutto, che rilevanza ha per il settore editoriale? Ne abbiamo parlato con Max Giovagnoli, scrittore e transmedia storyteller, definito negli Usa «una delle trenta voci che stanno cambiando il modo di raccontare storie in tutto il mondo» e che parlerà ad Editech, la conferenza internazionale organizzata da Aie sui temi caldi dell’editoria digitale in programma a Palazzo Reale (Milano) il 20 giugno.

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