Tempi di meltin'pot

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Tempi di meltin'pot
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Camminando lungo le vie delle città capita sempre più spesso di imbattersi in inusuali e sorprendenti formule di negozio. Non stiamo parlando di grandi negozi e catene di abbigliamento, moda, articoli per la casa o il tempo libero. Parliamo proprio dei cosiddetti esercizi a «conduzione familiare», i punti vendita indipendenti. Travolti dalla trasformazione del commercio (e urbanistica: leggi costo dell’affitto), delle modificazioni dei tradizionali poli urbani legati alla trasformazione (e speculazione immobiliare) delle ex aree industriali: Milano che tra anni Novanta e primo decennio del XIX secolo, da città «monocentrica» (Piazza Duomo e dintorni) diventa policentrica e diffusa. Travolti dalla trasformazione del commercio ma anche (ben più importante) da quella dei comportamenti e dei bisogni del cliente iniziano a nascere e a intravvedersi nuove «formule» di commercio al dettaglio su piccole e medio piccole superfici. Nuovi concept di negozio che (ri) propongono prodotti/servizi tradizionali (dal cibo al tempo libero, ecc.), ma i cui «valori aggiunti» costituiscono un elemento di innovazione a cui la libreria – quella a conduzione familiare – sembra restare largamente ai margini. Sul numero di marzo del «GdL» avevamo fatto vedere come bambine e bambini di 8-10 anni immaginano, disegnando la loro libreria dei sogni, basandosi su modelli e approcci completamente diversi rispetto a quelli tradizionali: ambienti immersivi, ricchi di servizi ludico-tecnologici, contaminata tra luna-park e biblioteca. Sarà il cliente e lettore del futuro: di librai ed editori. Non è che questa visione innovativa non abbia mai percorso il mondo della libreria. Ma quando lo è stata – e lo è stata – si è mossa lungo successivi binari morti.
 

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