La presenza e diffusione di quelle che per semplicità definiamo «nuove tecnologie» e costituiranno un indicatore importante con cui le case editrici e le industrie dei contenuti dovranno fare i conti. Quasi più dello stesso indice di lettura. Dal più semplice – il numero di persone che utilizzano Internet – a quelli più complessi che prendono in considerazione la
presenza (la dotazione) di tecnologie digitali e informatiche nelle famiglie italiane, le situazioni in cui si accede al Web, si effettuano attività di e-Commerce (magari in mobilità), ci si collega a social network (per quanto tempo e per fare che cosa), si Twitta, ecc. Tutte queste attività obbligano a ridisegnare gli stessi prodotti editoriali.
Ad esempio se guardiamo a come è cambiato – in un arco relativamente ristretto di anni (dal 2005 al 2011) – l’uso di Internet nella popolazione italiana vediamo chiaramente delineato lo scenario futuro con il quale le industrie dei contenuti dovranno confrontarsi. Se nel 2005 era il 31,8% che utilizzava Internet, sei anni dopo questo valore diventa il 51,5%. A questo aspetto
«ottimistico» della questione corrisponde però il fatto che solo il 62% delle famiglie italiane dispone di un accesso Internet da casa. La Spagna è al 64%, la Francia al 76%, la Germania all’83%, il Regno Unito raggiunge l’85%. Per non parlare di Olanda (94%), Svezia (91%), Danimarca (90%).
E non sembri un semplice discorso «tecnologico». Dietro ci sono competenze e abilità che si sono create, abitudini che aiutano a dare distanze e tempi di future (o presenti) evoluzioni. Anche nelle attività di e-commerce o di lettura di e-book.