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Mercato

Spagna letteraria

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2012

di Gaia Weiss

L’esule e l’esilio sono certamente un’invenzione romantica, proprio per lo stretto rapporto che stabilivano tra individuo e identità nazionale. Se quest’ultima non esisteva se non in fieri o da conquistare con dura lotta, ne nasceva di conseguenza una doppia fisionomia culturale. Questa duplicità si è riproposta in molti modi nel ‘900, in stretta relazione con l’esistenza – e la violenza – delle dittature che si sono abbattute con particolare ferocia, come inevitabile, sui ceti intellettuali, su artisti, poeti, scrittori; in fondo, sempre le vere voci della «nazione» o dell’anima profonda di popoli calpestati. Non ha fatto eccezione la Spagna nello scorso secolo, specialmente dai «Giorni del ‘36»; è inutile chiederselo, eppure è suggestivo domandarsi che cosa sarebbe successo se la repubblica fosse riuscita a resistere sei mesi ancora: la Spagna sarebbe entrata in guerra a fianco degli alleati, contro i nazifascismi e certo la sua storia – e quella dell’Europa – sarebbe stata diversa… È certo comunque che dal 1939 al 1973, quando esce Si te dicen que caí di Juan Marsé del 1973, l’ultimo romanzo spagnolo che dovette essere pubblicato all’estero per ragioni di censura la letteratura maggiore spagnola è quella dell’esilio; con una singolare inversione: quando finalmente gli spagnoli ebbero libertà di parola, avevano già cominciato ad accogliere altri esuli della stessa area linguistica, i profughi delle tante dittature e disastri latino-americani.

Spagna... me gusta leer

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2012

di Ilaria Barbisan

È uscita a gennaio di quest’anno l’ultima versione dell’inchiesta annuale sulle abitudini di lettura e di acquisto di libri in Spagna (Hábitos de lectura y compras de libros 2011). Con alcune modifiche rispetto agli anni precedenti – che riguardano ad esempio il calcolo della lettura digitale piuttosto che la distinzione tra lettura nel tempo libero e lettura per motivi scolastici o lavorativi – lo studio mira ad offrire una panoramica quanto più esaustiva possibile su tutti gli aspetti riguardanti la lettura degli spagnoli. Ma cosa emerge da quest’ultima edizione? Niente di nuovo rispetto agli anni precedenti. La lettura di libri continua a crescere, a piccoli punti percentuali, e si attesta nel 2011 al 61,4% (rispetto al 60,3% del 2010). Le donne leggono in misura maggiore rispetto agli uomini, registrando 7,4 punti percentuali in più e confermando un dato in comune a tutti gli altri Paesi europei per cui la lettura può essere definita «rosa», specialmente quella effettuata per puro piacere e non per motivi di studio o di lavoro. Sono i giovani (soprattutto gli studenti) a presentare gli indici di lettura più alti, ma la percentuale si abbassa progressivamente man mano che si va avanti con l’età fino ad arrivare al 36,7% tra le persone oltre i 65 anni. Per quanto riguarda invece il titolo di studio, la lettura è più diffusa tra gli universitari (85,3%) e cala con livelli di educazione più bassi, come dimostrano i 48,3 punti percentuali di differenza tra i lettori di libri che hanno una formazione primaria e coloro i quali hanno fatto gli studi universitari. Un’altra conferma di quanto emerso negli anni precendenti è la concentrazione della lettura nelle aree metropolitane dove ci sono più infrastrutture, più benessere, più offerta culturale.

Stampare in digitale

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2012

di Elisa Molinari

L’abbassamento del numero delle tirature (quella media è di 2.7oo copie; nel 1990 di 5.000), la richiesta di una qualità di stampa elevata, interfacce facili da usare: queste alcune delle nuove esigenze che stanno emergendo in campo editoriale. Una delle soluzioni più interessanti è rappresentata dalla stampa digitale, tecnologia che negli ultimi anni ha conosciuto una crescita esponenziale sia a livello quantitativo che qualitativo. I vantaggi? L’abbattimento dei costi di magazzino e dell’invenduto, la riduzione del time to market e l’apertura a nuovi canali di vendita e nuove nicchie di mercato. Ne abbiamo parlato con i fornitori di tecnologia e stampatori per conoscere caratteristiche e punti di forza di questo settore.

Tempi di meltin'pot

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Maggio 2012

di Elena Vergine

Camminando lungo le vie delle città capita sempre più spesso di imbattersi in inusuali e sorprendenti formule di negozio. Non stiamo parlando di grandi negozi e catene di abbigliamento, moda, articoli per la casa o il tempo libero. Parliamo proprio dei cosiddetti esercizi a «conduzione familiare», i punti vendita indipendenti. Travolti dalla trasformazione del commercio (e urbanistica: leggi costo dell’affitto), delle modificazioni dei tradizionali poli urbani legati alla trasformazione (e speculazione immobiliare) delle ex aree industriali: Milano che tra anni Novanta e primo decennio del XIX secolo, da città «monocentrica» (Piazza Duomo e dintorni) diventa policentrica e diffusa. Travolti dalla trasformazione del commercio ma anche (ben più importante) da quella dei comportamenti e dei bisogni del cliente iniziano a nascere e a intravvedersi nuove «formule» di commercio al dettaglio su piccole e medio piccole superfici. Nuovi concept di negozio che (ri) propongono prodotti/servizi tradizionali (dal cibo al tempo libero, ecc.), ma i cui «valori aggiunti» costituiscono un elemento di innovazione a cui la libreria – quella a conduzione familiare – sembra restare largamente ai margini. Sul numero di marzo del «GdL» avevamo fatto vedere come bambine e bambini di 8-10 anni immaginano, disegnando la loro libreria dei sogni, basandosi su modelli e approcci completamente diversi rispetto a quelli tradizionali: ambienti immersivi, ricchi di servizi ludico-tecnologici, contaminata tra luna-park e biblioteca. Sarà il cliente e lettore del futuro: di librai ed editori. Non è che questa visione innovativa non abbia mai percorso il mondo della libreria. Ma quando lo è stata – e lo è stata – si è mossa lungo successivi binari morti.

Creare la magia

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2012

di Lorenza Biava

«Se tornassi indietro la rifarei uguale, la Feltrinelli di piazza Piemonte ha funzionato perfettamente». Così esordisce Miguel Sal, architetto di origini argentine, ormai italiano d’adozione, cui Feltrinelli si è affidata per il concept dei suoi punti vendita d’insegna. L’occasione è il decennale della storica libreria meneghina che, nata nel 2002 in una zona di Milano bella ma poco vissuta dai milanesi, ha vinto la sua scommessa con la città trasformando i 1835 mq della libreria in un luogo di ritrovo da vivere. In Piazza Piemonte passano ogni giorno almeno 3.000 visitatori e nei suoi 3.600 giorni di apertura la Feltrinelli di Piazza Piemonte ha realizzato un fatturato complessivo di circa 113 milioni di euro, realizzato vendendo quasi 6 milioni di libri e più di 2 milioni di dischi (oltre alle altre merceologie), per più di mille chilometri di scontrini stampati. «I libri, insieme alla musica e al video sono i contenuti attorno a cui è cresciuto il progetto ma quello che abbiamo cercato di difendere più di tutto era, ed è, l’affetto del cliente». Non è ovviamente una cosa semplice. Si tratta di creare un’atmosfera, un insieme di elementi che, proprio come in un libro particolarmente riuscito, si mescolano e si fondono facendoci desiderare di tornare con la mente (in questo caso con i piedi) in quello che gli psicologi chiamerebbero «un luogo terzo» che ci faccia sentire felici e appagati. «Il punto più importante nella creazione di una libreria è la funzionalità: bisogna trovare un equilibrio e sapere cosa si vuol raccontare nel proprio progetto di libreria. Perché una libreria è luogo in cui si va per molti motivi (non solo per acquistare un libro), ma c’è un motivo per cui se piove scelgo di entrare in una Feltrinelli e non, per esempio, in una Mondadori».

Donne in classifica

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2012

di Gaia Weiss

Come si collocano le donne nelle classifiche dei più venduti? Cosa è cambiato nei generi, nelle letterature di provenienza, nel numero di posizioni occupate? Detto che il raffronto lo possiamo fare solo su un arco di anni limitato (appena sei) perché solo dal 2005 IE (che ha proceduto all’estrazione del dato) dispone di un consolidato di classifiche, abbiamo preso in considerazione due annate, il 2005 e il 2011, e osservando i top 100 della narrativa italiana e straniera, abbiamo analizzato chi sono le fortunate ad essere ai primi posti di una classifica che comunque conta alcune migliaia di titoli. Prima di tutto, a distanza di cinque anni, sono pochi i nomi di autrici che si «ripetono»: Banana Yoshimoto; Isabel Allende; Sophie Kinsella; Fred Vargas; Simonetta Agnello Horby, unica italiana a bissare la classifica. Comunque sia, nei primi 100 erano il 23% nel 2005. Sei anni dopo sono il 26%. Le scrittrici italiane presenti nel 2005 sono 10, le straniere sono 13. Tre sono le scrittrici che figurano con due titoli: la prima è Isabel Allende che esce sempre da Feltrinelli, con Zorro. L’inizio della leggenda e con La foresta dei pigmei; Matilde Asensi, spagnola, autrice di romanzi storici ben documentati e nello stesso tempo sfrenatamente leggendari con L’ultimo Catone e con Jacobus; la terza è Tracy Chevalier con La ragazza con l’orecchino di perla, la vita di Vermeer vista con gli occhi della servetta-modella e con La Vergine azzurra (e prima dello straordinario successo di Strane creature).

E il romanzo?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2012

di Lorenza Biava e Elena Vergine

Uno sguardo all’ultimo rapporto Uelci riassunto nelle pagine precedenti (ma si vedano anche, in questo numero, i dati nelle pagine dedicate ai Numeri della produzione) basta per far capire che l’editoria religiosa italiana gode di discreta salute. Centinaia di case editrici tutelano la bibliodiversità delle varie confessioni religiose – non solo cristiane – ma, se l’area riflessiva e quella divulgativa continuano a crescere, la varia sta attraversando un periodo di contrazione. Un fatto questo in controtendenza rispetto al mercato dell’editoria laica dove la varia realizza volumi importanti sia in termini di produzione (la narrativa conteporanea rappresenta, secondo l’ultimo rapporto Nielsen, il 15% del totale) che da quello delle copie distribuite (il 29% secondo i dati Istat). Cosa è successo dunque al romanzo religioso? Per capire quali sono le dinamiche in atto nell’editoria religiosa ne abbiamo parlato con Don Giacomo Perego (direttore editoriale San Paolo), Andrea Menetti (coordinatore editoriale Consorzio per l’editoria cattolica-Rebecca Libri) ed Enzo Pagani (titolare della libreria Buona Stampa di Bergamo).

Editech 2012

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2012

di Elisa Molinari

L'editoria è un settore produttivo antico, che per circa cinque secoli ha subito pochissimi cambiamenti. Il percorso che portava il testo dall’autore al lettore è sempre stato lineare e definito con l’editore a giocare la parte di intermediario, in tutte le sue sfaccettature. Certo, col passare del tempo altre figure professionali – agenti letterari, rivenditori, distributori – si sono aggiunte al processo ma senza alterarne in maniera sostanziale gli equilibri. L’avvento di Internet e del digitale è riuscito, nell’arco di pochi anni, a scardinarne struttura produttiva, filiera distributiva, produzione. Come afferma Sara Lloyd nel Manifesto dell’Editore del XXI secolo: «Detto ancor più provocatoriamente, ha introdotto la reale possibilità di togliere di mezzo l'editore, più o meno rimuovendo l'ostacolo costituito dal fin qui unico asset critico proprio dell'editore: la distribuzione. Dovremo imparare a pensare molto meno ai prodotti, e molto di più ai contenuti; dovremo pensare il libro come struttura nucleare, di base, dai confini molto più permeabili di quanto sia stato fino ad oggi».  

Google e i librai

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2012

di Elena Refraschini

Nel dicembre 2010 Google annuncia un accordo con l’Aba (American Bookseller Association, che rappresenta circa 1.500 librerie) per consentire alle librerie indipendenti americane di entrare nel mercato della vendita di e-book. L’accordo prevedeva che dal sito Indie-Commerce della libreria «fisica» il cliente possa avere accesso al motore di ricerca e alla libreria virtuale Google eBookstore. «Il cliente della libreria non deve scegliere tra la lettura digitale e il sostegno alla propria libreria indipendente preferita», come si legge sul sito dell’organizzazione Indiebound che raccoglie e riunisce librai, lettori, negozianti e organizzazioni di commercio «local». Si tratta di un approccio estremamente innovativo nel confronto in atto oggi nel florido mercato digitale americano. Tra l’altro con la domanda che sorge spontanea: ma perché da noi queste formule e queste culture imprenditoriali non si sviluppano? E il massimo delle forme di cooperazione è impiantare uno stand in una fiera (per risparmiare) o un tendone in una piazza? E non sempre senza polemiche provinciali?

Il costo del prezzo

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2012

di Giovanni Peresson

I prezzi di copertina dei libri più venduti (al netto degli sconti e delle promozioni praticate) nei sei maggiori mercati del libro europei non sono affatto uguali, anzi. Se limitiamo il confronto alla narrativa, tra il prezzo più basso e quello più alto, dal luglio dello scorso anno a febbraio questo differenziale è compreso tra i 4 e i 7 euro; per la saggistica tra i 10-11 euro. Non è poco! Tanto più, e il dato sorprende – pur tenendo conto dell’empiricità della rilevazione che non considera il prezzo medio di copertina di tutto (o di larga parte) del venduto ma solo dei 10 o 30 titoli più venduti nel mese – è il fatto che l’Italia si posiziona, in tutti e sette i mesi, nella parte più bassa dei prezzi tra i cinque grandi mercati dell’Unione europea. In ogni caso, se i numeri su cui si è effettuata l’analisi sono oggettivamente piccoli, è pur vero che la tendenza si configura molto evidente. Se mai, per approfondire ancora di più la questione, servirebbero basi campionarie comuni a tutti e sei i Paesi dell’Unione e che siano più solide di quelle sulle quali si è lavorato finora. Se per il Regno Unito è comprensibile (dato che poi si applicano sconti promozionali ben più significativi del 15% italiano) per il nostro Paese rappresenta una sorpresa non facile da interpretare.

Il gigante cinese

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2012

di Elena Refraschini

Quando parliamo di librerie, di layout o servizio lo facciamo dimenticandoci dello «sguardo» occidentale con cui le osserviamo e prima ancora le progettiamo. Ma se usciamo da quest’ambito geografico (che è anche culturale, di modi di concepire gli spazi di vendita, di funzione del libro e della lettura nella società) le forme che assumono le librerie, gli scaffali, l’esposizione, la segnaletica, i servizi, le collocazioni stesse nel paesaggio urbano appaiono radicalmente diverse. Nella scala dimensionale (superficie e numero di punti vendita) ad esempio come in Cina. Ma anche come vedremo ad esempio nei Paesi Arabi per una tendenza a collocarsi in zone, vie ed aree ben definite della città. Ricordando in questo la disposizione delle botteghe artigiane nei suq. La Xinhua, che ha varie sedi a Pechino e 14.000 in tutto il Paese, è la più grande catena libraria cinese (e forse del mondo).

In nome del libro

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Aprile 2012

di Giorgio Raccis

Lo stato di salute: l’interesse per il libro religioso cresce ancora in modo deciso. La nascita dell’Osservatorio dell’editoria religiosa italiana – iniziativa promossa dall’Unione Editori e Librai Italiani (Uelci) in collaborazione con il Consorzio per l’editoria cattolica (Cec) ed Ediser e sviluppato in collaborazione all’Ufficio studi di Aie – è l’origine dell’Indagine che annualmente analizza i dati provenienti dalle banche dati di Informazioni Editoriali, Arianna e Istat, con l’obiettivo di fornire alle case editrici e alle librerie gli strumenti conoscitivi indispensabili per fondare le scelte editoriali e commerciali su una base analitica e non solo esperienziale, per comprendere le dinamiche evolutive del settore in cui operano, per utilizzare lo strumento del benchmarking, ossia del confronto con il proprio mercato di riferimento.

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