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Editori

Web & social fai da te

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Ottobre 2014

di Andrea Boscaro

Il lancio di Amazon Unlimited – lo Spotify dei libri – dopo i tentativi pionieristici di soggetti come Oyster e 24Symbol dà l’ulteriore misura dell’importanza di osservare i social media, non solo come un canale di comunicazione e di customer care, ma come una leva trasformativa del business model che tutte le case editrici devono affrontare con cautela, attenzione e profondità. I social media – e Facebook in particolare che raggiunge 26 milioni di italiani sul totale di 27 milioni di utenti Internet – sono, infatti, essenzialmente un canale di customer care e, più ancora, di valorizzazione dei contributi, delle opinioni e delle recensioni dei lettori. Facebook è poi una piattaforma di comunicazione pubblicitaria di crescente efficacia grazie all’arricchimento che è riuscita a condurre sul fronte dell’ampiezza del target e soprattutto della profilazione con cui il messaggio può essere costruito: il lettore target può essere definito rispetto a caratteristiche socio-demografiche come età, sesso, località geografica e condizione personale (livello di istruzione, situazione sentimentale e familiare, lingue parlate, ecc.). La profilazione può essere poi approfondita grazie a filtri legati agli interessi (verso la lettura, verso i romanzi gialli, ecc.) che non sono solo quelli esplicitamente espressi dagli utenti all’atto di registrazione al social network, ma derivano dai segnali che questi ultimi lasciano nella loro navigazione e nel loro uso dei pulsanti social dentro e, ancor più, fuori Facebook.

Le mode in cucina

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Settembre 2014

di Elena Vergine

Come si sta muovendo il mercato dei libri di cucina? Quali sono le tendenze emergenti e in che modo la nostra editoria può rispondere ai nuovi bisogni del pubblico? Di questo ed altro abbiamo parlato con Edouard Cointreau, presidente della Paris Cookbook Fair e promotore dei Gourmand World Cookbook Awards che, dal numero di giugno dello scorso anno, è uno dei nostri referenti più autorevoli per quanto riguarda il settore dell’editoria enogastronomica. Come sta cambiando il mercato dei libri di cucina? Il mercato dei libri di cucina sta cambiando drasticamente e – come sta accadendo anche in altri settori dell’editoria – i mercati emergenti sono ora i principali acquirenti di diritti, mentre quelli tradizionali ristagnano. Nel settore dell’editoria enogastronomica, Asia e America latina hanno praticamente raddoppiato la loro quota di mercato rispetto a cinque anni fa. Nel frattempo, il mercato dei diritti in Europa non si è espanso e quello nordamericano, con gli Stati Uniti che rimangono, come sempre, isolati nella loro torre d’avorio, si conferma ancora una volta il più difficile. I mercati emergenti – Cina, Giappone, Corea, Russia, Brasile – sono quindi i principali acquirenti di diritti. Pianificare un viaggio annuale in Oriente sembra un grande investimento agli occhi degli editori europei, mentre per gli orientali è normale spostarsi per l’Asia tre o quattro volte l’anno. La sola Cina, ad esempio, è grande quanto l’Europa ed è consuetudine per un editore cinese programmare ogni mese almeno un viaggio lavorativo all’interno dei confini nazionali. Le categorie di libri che riscuotono il maggior successo sono le opere di consultazione che possono essere utilizzate per l’apprendimento e l’insegnamento. In Cina c’è un’enorme richiesta di titoli dedicati al vino. I libri di ricette stranieri sono sempre più ricercati e rappresentano oltre il 15% delle vendite di titoli a tema enogastronomico nella maggior parte dei mercati asiatici. Bisogna inoltre ricordare che i cookbook sono strettamente legati al turismo: per avere successo queste opere devono offrire più delle semplici ricette, devono riuscire a restituire le emozioni e l’orizzonte culturale in cui tali piatti sono nati.

Libri da divorare!

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Settembre 2014

di Elena Vergine

L’editoria enogastronomica italiana, proprio come la cucina che rappresenta, è ricca di particolarità e differenze, con un denominatore comune: la qualità. Per presidiare con successo questo settore centrale della nostra cultura bisogna avere la mente aperta e cogliere le macrotendenze che lo caratterizzano a livello internazionale – come abbiamo visto nelle interviste precedenti di Edouard Cointreau e Vittorio Castellani –, ma serve anche uno sguardo attento a individuare e valorizzare le peculiarità locali del territorio. Il tema di Expo 2015 (Nutrire il pianeta, energia per la vita) si pone come momento di dialogo tra i protagonisti della comunità internazionale sulle principali sfide dell’umanità sul piano alimentare, un contesto nel quale la produzione enogastronomica italiana può giocare un ruolo determinante. Educare alla nutrizione, al rispetto delle tradizioni, a preservare la biodiversità e alla salvaguardia delle risorse naturali sono solo alcuni degli argomenti che i libri di cucina permettono di affrontare. Libri belli e ben fatti, curati nei minimi dettagli, dalla fotografia alla grafica, dalla scelta dei materiali di stampa a quella dei contenuti. Opere ricercate, pensate e, perchè no, amate fino in fondo da chi le fa e le produce. Perchè l’altro elemento che condividono le realtà che abbiamo scelto per rappresentare questo piccolo scorcio del settore editoriale è proprio la passione per il proprio mestiere. Una dedizione che, da sola, è la più grande garanzia di qualità.

Narrare il cambiamento

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Settembre 2014

di Emilio Sarno

Non è più il fatto che molte delle industrie dei contenuti che operano nel nostro Paese presentino per il terzo anno consecutivo (per qualcuna è il quarto) segni negativi nelle vendite a costituire il filo conduttore di una possibile narrazione del settore. Questo elemento continua ad esserci e a recitare la sua parte, ma in primo piano sulla scena del racconto comincia ad avanzare e rendersi visibile un nuovo attore: il cambiamento. Questo diverso punto di vista rispetto alla narrazione abituale diventa evidente quando si iniziano a mettere uno accanto all’altro i dati delle principali industrie dei contenuti: dai libri alla stampa quotidiana e periodica, dalla musica all’home entertainment.

Copyright e licenze nell'era del Web

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Richard Hooper

Negli ultimi anni le realtà facenti parte del settore creativo, come le case editrici e le aziende che si occupano di tecnologia, si sono fatte la guerra inutilmente. Credo sia giunto il momento di chiudere questa fase e iniziare una proficua collaborazione a beneficio degli utenti, che ormai sono allo stesso tempo consumatori, cittadini e creatori di contenuti (basti pensare alle attività che conducono sui propri profili Facebook o quando caricano video su YouTube). Gli editori oggi – a meno che non rinneghino la realtà digitale globale di cui sono parte, così come i rapidi cambiamenti strutturali operati dal digitale al loro tradizionale mondo analogico – si trovano costretti ad abbracciare la tecnologia, che si tratti di e-book o di Digital object identifiers (Doi). La parola «contenuto» è particolarmente interessante. La utilizziamo per indicare ciò che gli autori producono, ma il suo significato implica delle considerazioni. Implica ad esempio il suo essere racchiusa in qualcos’altro: il contenitore. La sostanza di un prodotto è il contenuto senza il quale il mero contenitore diventa inutile. Allo stesso modo, il contenuto di per sé necessita di un contenitore per essere apprezzato. Senza l’impalcatura di sostegno, gli investimenti, la rete distributiva, i dispositivi di fruizione, il marketing, èdifficile che un contenuto realizzi appieno il proprio valore. È qui che entrano in gioco il copyright e il sistema delle licenze. Molte aziende che si occupano di tecnologia forniscono il (o componenti del) contenitore» – software e hardware, prodotti e servizi – e distribuiscono i contenuti ai consumatori/utenti/autori all’interno di quel mondo globale e convergente in cui tutti viviamo.

E-book o videogiochi?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Elisa Molinari

Quando si parla di videogiochi e del loro rapporto con l’editoria, capita spesso di vedere storcere il naso. Giusto qualche mese fa, Edward Nawotka, editor in chief di «Publishing Perspectives» scriveva sul «Giornale della Libreria» che «oggi i videogiochi, Netflix, i social media sono i veri concorrenti dell’industria libraria e gli sforzi di quest’ultima per avvicinarsi a qualcosa che assomigli al multimediale sono in gran parte fiacchi» («Gdl», 11, novembre 2013). Non esiste una soluzione facile per questa competizione ma non si tratta di qualcosa di inedito: ciclicamente nuovi competitor e nuovi formati si affacciano sul mercato e,nonostante questo, i libri continuano a resistere a cinema e televisione. Qualche decennio fa si diceva appunto che il cinema avrebbe cannibalizzato il mondo del libro eppure l’editoria oggi lavora a stretto contatto con l’industria cinematografica in un gioco di rimandi che giova ad entrambe le parti. Non è un caso che circa la metà degli ultimi premi Oscar siano adattamenti di romanzi e che il vincitore dell’edizione 2014,12 anni schiavo, sia diventato un bestseller dopo aver vinto l’ambita statuetta. E se quindi si iniziassero a considerare anche i videogiochi non tanto dei concorrenti quanto degli alleati? Si può essere spaventati dalla forte influenza che hanno, soprattutto sulle fasce di età più giovani, oppure vederne il potenziale in termini di storytelling e di vendite.

I trend del mercato Usa

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Elena Vergine

Come stanno cambiando i mercati del libro e in che modo fiere ed eventi ad essi dedicati rispecchiano tali cambiamenti? Dopo l’intervista a Ernesto Ferrero (direttore editoriale del Salone del libro di Torino) sul «GdL» di maggio e quella a Juergen Boos (direttore della Fiera del libro di Francoforte) sul numero di giugno, proseguiamo la nostra inchiesta passando dall’Europa agli Stati Uniti con Steven Rosato (direttore di Book Expo America).

Il digitale è nemico delle librerie?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Andrea Boscaro

Come recita la legge di Kranzberg, la tecnologia «non è in sé né buona né cattiva né tanto meno neutrale» rispetto alla realtà su cui interviene. Naturalmente neppure Internet sfugge a questa regola ferrea cambiando il comportamento dei consumatori: in Italia vi sono 1 milione di acquirenti di e-book e poco meno di due milioni di lettori e, più in generale, 16 milioni di persone che fanno e-commerce mutando le proprie abitudini nei confronti dei tradizionali esercizi commerciali quali le librerie (ma le cose sono andate peggio ad altre tipologie di esercenti come le agenzie di viaggio, i negozi di abbigliamento, gli assicuratori sotto casa). Sono numeri che crescono, benché in modo non esplosivo, e che mutano il rapporto fra case editrici, librerie e lettori: il dato presentato da Nielsen al Salone del Libro di Torino in merito al commercio elettronico – che peserebbe il 4,9% delle vendite a volume e il 6,6% delle vendite a valore – sconta l’assenza di dichiarazioni locali di Amazon ed è quindi certamente sottostimato. Cosa può fare dunque una libreria di fronte a questo trend? Semplice: non guardare al digitale come ad un nemico, ma come ad un alleato per rafforzare ancor più il proprio ruolo di soggetto capace di fornire non solo un bene, ma un’assistenza e una relazione al proprio cliente lettore.

Il valore della cultura

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Lorenza Biava

La Federazione degli editori europei (Fep), che raccoglie ventotto associazioni nazionali dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo, tra cui l’Aie, ha recentemente eletto il suo nuovo presidente, Pierre Dutilleul, direttore delle relazioni esterne di Editis, il secondo più grande gruppo editoriale francese. Con lui abbiamo parlato dell’Europa del libro, delle priorità per la Fep e delle azioni concrete che potrà promuovere l’Italia durante il periodo di presidenza della commissione europea.

In altre parole

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Michela Gualtieri

Il traduttore editoriale svolge un ruolo importante per il successo di un’opera straniera e rende possibile l’internazionalizzazione del mercato del libro e l’import-export di titoli tra Paesi di lingua diversa. Una figura per il lettore discreta e sfuggente che però ricopre una funzione culturale di grande rilievo e responsabilità. Ma come lavorano i professionisti del settore? Quali sono le difficoltà e le gratificazioni di questo mestiere? Abbiamo chiesto a quattro note traduttrici di raccontarci la loro esperienza.

Insieme per contare di più

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Marco Polillo

È difficile nascondere la frustrazione di un lavoro associativo stretto in una tenaglia tra difficoltà economiche e instabilità politica. Il crollo delle vendite, come si ricorderà, è iniziato nel settembre 2011. Era al governo Silvio Berlusconi, con Giancarlo Galan ministro dei Beni culturali – nominato dopo un lungo vuoto di potere causato dal «ritiro» di Sandro Bondi –, e Mariastella Gelmini al Ministero dell’istruzione. Poi abbiamo avuto Mario Monti, con Lorenzo Ornaghi e Alessandro Profumo. Poi Enrico Letta, con Massimo Bray e Maria Chiara Carrozza. Ora Matteo Renzi, con Dario Franceschini e Stefania Giannini. Quattro governi in tre anni di crisi del settore. Come si lavora in queste condizioni? Un po’ di cronaca dell’ultimo anno ci aiuterà a capire. Quando nel giugno 2013 abbiamo tenuto la nostra annuale assemblea si era appena insediato il governo Letta e il presidente del consiglio aveva annunciato, nel discorso programmatico alle Camere, di voler investire su cultura e istruzione. A giugno, alla ricerca di fondi per coprire le agevolazioni alle industrie edili e del bianco, il governo non aveva trovato invece di meglio che rivedere le aliquote Iva sui prodotti allegati o «funzionalmente connessi» a libri e giornali. Pensavamo che fosse arrivato il tempo per affrontare la crisi con misure strutturali e invece siamo stati costretti a tornare sulla difensiva.

Islanda, isola di cultura

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Luglio-Agosto 2014

di Elena Refraschini

L’Islanda è un Paese che non smette di affascinare. Sono ormai innumerevoli i libri o gli incontri a essa dedicati: un fascino che deriva anche dalla peculiarità dei suoi paesaggi e della sua storia. Forse non tutti sanno, però, che l’Islanda è anche il paradiso della lettura: secondo indagini condotte dall’Università di Bifröst nel 2013, più del 50% della popolazione legge almeno 8 libri l’anno, e più del 93% ne legge almeno uno. L’islandese è la lingua scandinava più conservatrice in fatto di vocabolario, ortografia e grammatica, e grazie a questa scarsa evoluzione nel tempo anche i bambini di oggi riescono a leggere senza difficoltà le leggendarie saghe antiche. Pare anche che esistano diverse panchine pubbliche corredate da un Qr code che può essere «fotografato» con il cellulare per leggere un racconto mentre si aspetta il bus. Anche per gli amanti della letteratura, insomma, l’Islanda è una destinazione molto interessante. Per saperne di più, abbiamo rivolto qualche domanda a Silvia Cosimini (www.silviacosimini.com), una delle maggiori traduttrici italiane dall’islandese (sue sono le traduzioni, per esempio, dei romanzi di Jón Kalman Stefánsson, usciti presso Iperborea, tra cui l’ultimo, intitolato Il cuore dell’uomo).

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