La rivistaNarrare il cambiamento
di Emilio Sarno
Codice DOI
10.1390/gdl_201409_narrare_cambiamento
Abstract ∨
Non è più il fatto che molte delle industrie dei contenuti che operano nel nostro Paese presentino per il terzo anno consecutivo (per qualcuna è il quarto) segni negativi nelle vendite a costituire il filo conduttore di una possibile narrazione del settore. Questo elemento continua ad esserci e a recitare la sua parte, ma in primo piano sulla scena del racconto comincia ad avanzare e rendersi visibile un nuovo attore: il cambiamento.
Questo diverso punto di vista rispetto alla narrazione abituale diventa evidente quando si iniziano a mettere uno accanto all’altro i dati delle principali industrie dei contenuti: dai libri alla stampa quotidiana e periodica, dalla musica all’home entertainment.
Misurare il mercato
di Lorenza Biava
Codice DOI
10.1390/201409_misurare_mercato
Abstract ∨
Dalle piattaforme di self publishing a quelle di e-commerce, il digitale ha moltiplicato le fonti di dati che descrivono, con vari livelli di dettaglio, il settore. Lungi dal rappresentare un competitor, il moltiplicarsi di dati e fonti ha, di fatto, reso fondamentale la presenza degli istituti di ricerca che, con metodologie certe e panel stabili, restano interlocutori insostituibili.
«Quanto spesso ci si interroga sulla veridicità di dichiarazioni, statistiche e sul contesto in cui i dati sono raccolti?» esordisce Monica Manzotti, client manager Nielsen BookScan. «In un mercato dove nuove tecnologie e tradizionali competitor ci impongono di essere sempre più competitivi, i dati di Nielsen acquistano ancora più valore perché è sempre più importante avere le intuizioni giuste per gestire il business: misurare il successo delle campagne di marketing, poter prendere decisioni corrette per la ristampa, comprendere come si muovono i propri concorrenti e supportare il processo decisionale e strategico».
Università:problemi e prospettive
di Mirka Giacoletto Papas
Abstract ∨
L’editoria universitaria, generalmente identificata come editoria accademico professionale, in quanto dall’elaborazione dei risultati della ricerca e dei contenuti della didattica derivano gran parte dei testi
per le professioni, rappresenta oggi un fatturato di 950 milioni di euro con 7.500 addetti nelle case editrici, che salgono a 22.000 se si considera anche l’indotto. Di questi 950 milioni di euro, solo 300 fanno capo all’editoria universitaria vera e propria, cioè per la didattica e la ricerca.
Perché una somma quasi eguale è il fatturato delle fotocopie illegali, fenomeno storico e in continua crescita, se si considera anche la pirateria digitale. Il che corrisponde a 5.000 posti di lavoro e 500 librerie in meno ,specie nei centri medio-piccoli del Mezzogiorno.
Questi pochi concetti e numeri portano direttamente al cuore dell’editoria universitaria. Che è il più bel mestiere del mondo, perché significa essere fonte e produzione di cultura finalizzata a creare e sviluppare competenze per se stessi, sì, ma in funzione della società e del futuro collettivo, quindi con grande capacità di coinvolgimento e gratificazione. Ma è anche il più sofferto, perché ai problemi generali dell’editoria (distribuzione, marginalizzazione internazionale, comportamenti di lettura, nuove modalità di lavoro imposte dalle tecnologie, conseguenti nuovi modelli di business ecc.) aggiunge problemi propri, legati alla specificità degli interlocutori e del mercato.
La lettura è mobile
di Michela Gualtieri
Abstract ∨
Secondo recenti dati resi pubblici dalle Nazioni Unite, dei 7 miliardi di persone che attualmente popolano il nostro pianeta, ben sei hanno accesso a un telefono cellulare. Poiché ormai anche il modello più economico include le funzionalità di connessione Internet, gli smartphone possono diventare importanti strumenti per l’abbattimento del digital divide a livello globale, molto più dei pc che dipendono da connessioni a rete fissa, assente in vaste aree del mondo.
Per queste ragioni l’Unesco ha identificato nel telefono cellulare il possibile veicolo di alfabetizzazione laddove l’accesso al testo scritto è difficile e dispendioso e, allo scopo di individuare future strategie di diffusione dell’istruzione, ha effettuato un’indagine sulle abitudini di lettura sul cellulare in sette Paesi in via di sviluppo (Etiopia, Ghana, India, Kenya, Nigeria, Pakistan e Zimbabwe), pubblicando i risultati nel rapporto Reading in the mobile era.
Arte, libri e mercato
di Giovanni Peresson
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Nel 2013 sono stati pubblicati 4.179 titoli (novità e nuove edizioni di varia adulti; Fonte: IE). Istat, i cui dati si fermano ancora al 2011 indicava il valore della produzione in 3.259 titoli (ma diversi sono i criteri di classificazione) e in 3,2 milioni le copie stampate e immesse nei canali di vendita in quello stesso anno.
Al di là degli scostamenti nei valori assoluti e soprattutto del fatto che non disponiamo di un dato aggiornato sulla produzione di copie, ciò che appare confermato è il trend complessivo. Si precisa ovvero, la tendenza a una progressiva riduzione della produzione di editoria d’arte.
Nel 2010, tra novità e nuove edizioni, contavamo 4.647 titoli, mentre nel 2013 si sono pubblicati 468 titoli in meno con una flessione del 10,1%. Un andamento in controtendenza – misurato sullo stesso arco di anni – è quello della produzione di varia adulti nel suo complesso che, nonostante la crisi, sorprendentemente fa segnare un +10,7%. Ricordiamo solo – il dato di tendenza è quasi certamente riconfermato – che nel 2000 gli editori presenti in questo segmento stampavano e immettevano nei canali distributivi quasi 8 milioni di pezzi. Nel 2011 sono diventati 3,2 milioni (-60,1%), il tutto in poco più di un decennio.
Ai confini dell'arte
di Elisa Molinari
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Quali sono i principali trend dell’editoria d’arte internazionale? Quali cambiamenti la stanno trasformando e quali sono i player più interessanti di questo mercato? Ce lo racconta Gareth Long, coordinatore della London Art Book Fair (26-28 settembre, Whitechapel Gallery, Londra).
Come prima cosa, come nasce la London Art Book Fair?
Nel 2009 Iwona Blazwick, direttrice della Whitechapel Gallery, e Marcus Campbell, che all’epoca dirigeva la London Artists’ Book Fair, decisero che, nonostante il declino delle case editrici tradizionali, si sarebbe dovuta organizzare una fiera del libro il cui mandato era quello sia di celebrare che di catalizzare i cambiamenti futuri dell’intera editoria d’arte. Il concept consisteva nel presentare un’istantanea del settore nella sua totalità e rappresentarne ogni manifestazione – dai libri d’arte contemporanea ai cataloghi di musei, libri di lusso, libri artistici, pubblicazioni accademiche e riviste – per mostrare, insomma, che l’editoria non si sta ridimensionando, ma solo trasformando. Uno degli scopi principali della London Art Book Fair inoltre, consiste nel diventare sempre più un ambiente che offra l’opportunità di promuovere lo scambio tra le varie case editrici, i professionisti e i collezionisti. I libri che trattano d’arte e quelli artistici in senso stretto hanno la tendenza ad avere modelli di distribuzione completamente differenti rispetto ai libri più mass market e le fiere del libro sono uno dei principali canali in cui queste opere possono essere scoperte e scambiate. Esiste una fiorente comunità di editori indipendenti che ha iniziato a conoscersi tramite i sistemi di distribuzione condivisa che i libri d’arte generano e, in secondo luogo, tramite appuntamenti professionali o fiere di settore come la nostra: penso per esempio a quelle di New York, Los Angeles, Vancouver, Berlino, Londra, Parigi, Amsterdam e Toyko.
Prospettive sul mercato
di Massimo Vitta Zelman
Abstract ∨
L’editoria d’arte è un insieme assai variegato di segmenti e nicchie di mercato – ognuna delle quali con problematiche ideative, produttive e distributive diverse – che, per quanto differenti, negli ultimi anni sono stati accumunati da alcuni elementi.
Il primo, e il più preoccupante, è rappresentato dal fatto che i titoli di quella che chiamiamo editoria d’arte hanno perso gran parte della loro visibilità nei canali trade tradizionali, fin quasi a scomparire. In questo, che storicamente era il canale elettivo attraverso cui le case editrici del settore proponevano la loro produzione al pubblico, è venuta meno soprattutto quella parte di produzione maggiormente curata dal punto di vista scientifico, negli apparati iconografici e nella cura nella confezione. Il risultato è stata la sua progressiva, ma costante, emarginazione dal circuito librario, tranne che per la parte più corrente e pratica, spesso legata a fenomeni della moda o dell’attualità.
Le carte dell'Italia
di Chiara Medioli
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La produzione della carta è storicamente legata a doppio filo al nostro Paese e proprio dalla Penisola, dopo l’introduzione del supporto a Fabriano nel XII secolo, si è diffusa nel resto d’Europa.
Le tracce di questo passato d’eccellenza sono ancora ben visibili nell’attuale panorama delle cartiere italiane che sono in grado di fornire supporti di altissima qualità sia per gli usi editoriali, fra i quali sicuramente l’editoria d’arte rappresenta un’ulteriore nicchia di eccellenza, che per il packaging e la cartotecnica.
Secondo i dati di Assocarta, il comparto grafico conta oggi 13 imprese, per un totale di 27 unità produttive, che rappresentano pertanto il 10% del totale delle imprese cartarie nazionali (122 nel 2013) e il 17% del totale stabilimenti (156).
Negli ultimi anni le trasformazioni che hanno colpito le case editrici e, più in generale, la diminuzione delle tirature, hanno influito anche sulla vita delle cartiere italiane: processi di consolidamento con passaggi di proprietà, chiusure e ridimensionamenti, ma anche processi di specializzazione e differenziazione come nel caso del Gruppo Fedrigoni, sono state alcune delle risposte che il settore ha saputo dare alla crisi.
Ecosistema ePub
di Cristina Mussinelli
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La diffusione dello standard ePub e l’evoluzione in atto mettono a disposizione degli editori un ecosistema aperto e interoperabile, che può diventare una valida alternativa ai vari sistemi chiusi e proprietari attualmente presenti sul mercato.
EPub non vuole più dire solo libri di narrativa e saggistica ma, con l’ePub3, anche libri illustrati o con impaginati complessi, come libri scolastici, manuali tecnici o professionali, libri interattivi e multimediali, come quelli per bambini, i manga e i comics o i cataloghi d’arte.
Le specifiche tecniche del formato si sono, nell’ultimo anno, arricchite: a giugno è stata pubblicata l’ultima versione dell’ePub3 e all’ePub l’Idpf ha affiancato l’eduPub, un formato le cui caratteristiche sono particolarmente adatte per la realizzazione di prodotti editoriali per il mondo educativo e le cui specifiche sono state pubblicate a maggio grazie alla collaborazione e alla partecipazione ai gruppi di lavoro di alcune delle principali case editrici che operano nel settore educativo, che hanno portato le loro esigenze, al supporto dell’Ims per poter garantire l’interoperabilità del formato con le principali piattaforme di e-learning e con gli standard Lms e Qti.
Software per e-book
di Gregorio Pellegrino
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La carta non è più l’unico output del prodotto «libro» e questo cambiamento comporta una profonda trasformazione del modo con cui gli editori gestiscono i loro contenuti. Il punto chiave sta nella lavorazione, per quanto possibile, di un unico file che possa essere reso in diversi formati: si tratta quindi di affiancare alla logica ormai consolidata del Pdf per la stampa, nuovi formati multimediali e interattivi che permettano di realizzare prodotti digitali.
Si stanno affacciando sul mercato diversi software di authoring, nuovi rispetto a quelli utilizzati per la realizzazione dei prodotti cartacei, che da una parte cercano di ottimizzare i processi produttivi, dall’altra permettono di sfruttare appieno le possibilità del digitale con elementi interattivi e multimediali. Non esiste quindi, al momento, una soluzione unica per la realizzazione di e-book, ma bisogna scegliere lo strumento giusto per realizzare il prodotto digitale desiderato.
Nel settore del desktop publishing il software ormai affermato è InDesign (che ha superato Xpress con un migliore e più rapido approccio all’editoria digitale), per questo quasi tutti gli strumenti di Authoring sono integrati sul software Adobe o ne permettono l’importazione dei file. Il cambiamento più radicale in realtà non è visibile all’utente finale, ma sta nel codice alla base del prodotto digitale.
Se nel campo del cartaceo l’importante è che il prodotto risulti gradevole alla vista, indipendentemente da come è stato creato (software di impaginazione, stampa, ecc.), nel digitale è fondamentale che il codice sia pulito e ordinato: questo, infatti, permette agli utenti esperti di intervenirci manualmente oppure, in caso di migrazione ad un nuovo formato digitale, di impostare azioni automatizzate di conversione dei file. Risulta quindi molto importante un approccio semantico al contenuto con l’utilizzo di stili di paragrafo, l’ancoraggio delle immagini e seguendo le linee guida per la realizzazione dei prodotti digitali. Lavorando bene si otterrà un file buono anche in funzione dell’accessibilità per persone non vedenti o ipovedenti.
Cercheremo ora di mappare i principali software di authoring per pubblicazioni digitali disponibili sul mercato, evidenziandone i punti di forza e quelli di debolezza; è tuttavia importante sottolineare che il panorama sta cambiando velocemente e che nel giro di qualche mese gli equilibri muteranno ulteriormente. Quella che proporremo è quindi una fotografia dello stato attuale.
Libri on line: come trovarli?
di Andrea Boscaro
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Il rapporto tra una casa editrice e una libreria on line è un molto delicato perché, da un lato, la libreria on line deve essere trattata alla stregua di un vero e proprio retailer, dall’altro uno store digitale, in qualche misura, è anche un concorrente sul fronte di quella risorsa scarsa che è l’attenzione del lettore su Internet: ecco perché occorre saper gestire correttamente le leve che presiedono alla collaborazione fra queste due controparti, entrambe imprescindibili per lo sviluppo dell’e-commerce di libri ed e-book.
È opportuno cominciare a sottolineare come uno store on line sia una vera e propria libreria che però segue regole e dinamiche proprie della rete: per esempio, mentre in un punto vendita fisico i dorsi dei libri sono decisori importanti, in una libreria digitale sono altri gli elementi che debbono essere considerati e valorizzati nel momento in cui promuoviamo il nostro prodotto.
A portata di stampa
di Ester Draghi
Abstract ∨
Sempre più editori oggi sono in cerca di soluzioni di stampa digitale che siano economiche e veloci, senza per questo dover veder penalizzata la qualità dei propri stampati. Ne abbiamo parlato con Riccardo Porro, Project and Marketing Manager Commercial Print Channel di Canon Italia.
Quali sono i problemi che risolve la stampa digitale?
La tecnologia digitale permette una migliore gestione del catalogo perché, grazie ai suoi bassissimi costi di avviamento, non occorre stabilire una soglia di tiratura minima per ammortizzare la stampa, agevolando così prime edizioni e ristampe. Infatti, nel caso di autori esordienti e quindi ad alto potenziale di rischio, la stampa digitale permette, ad esempio, di fare delle tirature di test o di commercializzare i titoli in questione con tirature non eccessive. Inoltre la stampa digitale consente di adattare la produzione di un’opera a quella che sarà poi l’effettiva domanda del mercato. Un altro vantaggio sta nel tempo: produrre un libro in stampa digitale è molto più veloce rispetto alla stampa tradizionale e quindi riduce il time-to-market permettendo, ad esempio, di rifornire velocemente librerie e distributori. Infine grazie all’impiego della stampa digitale diminuisce anche il problema dei resi perché consente di tarare meglio le quantità di libri effettivamente prodotti e poi distribuiti alle librerie
Le mode in cucina
di Elena Vergine
Abstract ∨
Come si sta muovendo il mercato dei libri di cucina? Quali sono le tendenze emergenti e in che modo la nostra editoria può rispondere ai nuovi bisogni del pubblico? Di questo ed altro abbiamo parlato con Edouard Cointreau, presidente della Paris Cookbook Fair e promotore dei Gourmand World Cookbook Awards che, dal numero di giugno dello scorso anno, è uno dei nostri referenti più autorevoli per quanto riguarda il settore dell’editoria enogastronomica.
Come sta cambiando il mercato dei libri di cucina?
Il mercato dei libri di cucina sta cambiando drasticamente e – come sta accadendo anche in altri settori dell’editoria – i mercati emergenti sono ora i principali acquirenti di diritti, mentre quelli tradizionali ristagnano. Nel settore dell’editoria enogastronomica, Asia e America latina hanno praticamente raddoppiato la loro quota di mercato rispetto a cinque anni fa. Nel frattempo, il mercato dei diritti in Europa non si è espanso e quello nordamericano, con gli Stati Uniti che rimangono, come sempre, isolati nella loro torre d’avorio, si conferma ancora una volta il più difficile. I mercati emergenti – Cina, Giappone, Corea, Russia, Brasile – sono quindi i principali acquirenti di diritti. Pianificare un viaggio annuale in Oriente sembra un grande investimento agli occhi degli editori europei, mentre per gli orientali è normale spostarsi per l’Asia tre o quattro volte l’anno. La sola Cina, ad esempio, è grande quanto l’Europa ed è consuetudine per un editore cinese programmare ogni mese almeno un viaggio lavorativo all’interno dei confini nazionali. Le categorie di libri che riscuotono il maggior successo sono le opere di consultazione che possono essere utilizzate per l’apprendimento e l’insegnamento. In Cina c’è un’enorme richiesta di titoli dedicati al vino. I libri di ricette stranieri sono sempre più ricercati e rappresentano oltre il 15% delle vendite di titoli a tema enogastronomico nella maggior parte dei mercati asiatici. Bisogna inoltre ricordare che i cookbook sono strettamente legati al turismo: per avere successo queste opere devono offrire più delle semplici ricette, devono riuscire a restituire le emozioni e l’orizzonte culturale in cui tali piatti sono nati.
La versione di Gud: tutti in cucina
di Redazione
Abstract ∨
Per molti italiani ormai la cucina è diventata una vera e propria ossessione: trasmissioni Tv, blog che imperversano sul Web e libri per ogni tipo di aspirante cuoco. Sul numero di settembre del «Giornale della Libreria» Gud ci racconta il suo personale punto di vista.
Gastronomadi per caso
di Lorenza Biava
Abstract ∨
Vittorio Castellani, aka chef Kumalé, è un vero poliedrico della gastronomia, nonchè «gastronomade» per vocazione: giornalista, organizzatore di eventi, docente tra le altre, anche per la Scuola Holden. A lui abbiamo chiesto di fare un bilancio della cultura culinaria nel nostro Paese e di spiegarci in quale direzione stanno andando i comportamenti alimentari dei nostri connazionali.
Quando ha iniziato a formarsi nel nostro Paese una sensibilità verso il tema del food?
Sicuramente dalla metà degli anni ’90, quando Slow Food ha organizzato la prima edizione del Salone del gusto a Torino, ad oggi, la sensibilità degli italiani rispetto al tema del cibo e della qualità è cresciuta in maniera esponenziale. Negli ultimi anni la parabola di questa colonizzazione mediatica ha toccato il suo apice e, con 34 trasmissioni televisive dedicate al cibo nei soli canali generalisti, non è mancato chi, come lo stesso Carlin Petrini, ha iniziato a parlare di «pornografia alimentare». Il fatto che si parli molto di cibo non va, infatti, di pari passo con il fatto che se ne faccia cultura: Internet, i blogger, le trasmissioni televisive di show coking e così via, non fanno che alimentare un approccio estetico, completamente staccato dalla qualità e dalla stessa «cultura» del cibo.
Libri da divorare!
di Elena Vergine
Abstract ∨
L’editoria enogastronomica italiana, proprio come la cucina che rappresenta, è ricca di particolarità e differenze, con un denominatore comune: la qualità.
Per presidiare con successo questo settore centrale della nostra cultura bisogna avere la mente aperta e cogliere le macrotendenze che lo caratterizzano a livello internazionale – come abbiamo visto nelle interviste precedenti di Edouard Cointreau e Vittorio Castellani –, ma serve anche uno sguardo attento a individuare e valorizzare le peculiarità locali del territorio.
Il tema di Expo 2015 (Nutrire il pianeta, energia per la vita) si pone come momento di dialogo tra i protagonisti della comunità internazionale sulle principali sfide dell’umanità sul piano alimentare, un contesto nel quale la produzione enogastronomica italiana può giocare un ruolo determinante. Educare alla nutrizione, al rispetto delle tradizioni, a preservare la biodiversità e alla salvaguardia delle risorse naturali sono solo alcuni degli argomenti che i libri di cucina permettono di affrontare.
Libri belli e ben fatti, curati nei minimi dettagli, dalla fotografia alla grafica, dalla scelta dei materiali di stampa a quella dei contenuti. Opere ricercate, pensate e, perchè no, amate fino in fondo da chi le fa e le produce. Perchè l’altro elemento che condividono le realtà che abbiamo scelto per rappresentare questo piccolo scorcio del settore editoriale è proprio la passione per il proprio mestiere. Una dedizione che, da sola, è la più grande garanzia di qualità.
Il libro è servito
di Serena Baccarin
Abstract ∨
Dalla Prova del cuoco, agli spietati giudizi di Bastianich, passando per Cotto e mangiato, i programmi televisivi dedicati alla cucina sono stati un importante traino per l’editoria di settore e per le vendite in libreria. Tuttavia, ben prima dell’esplosione mediatica, alcune librerie avevano già investito nell’arte culinaria e nel legame con il territorio, coniugando cucina e prodotti locali con la tradizione libraria. I librai hanno aperto ristoranti, caffè, e veri e propri negozi che propongono prodotti tipici e libri. Una di queste realtà è Liberrima, nel cuore di Lecce, forse la prima libreria che ha saputo integrare in un percorso di vendita libri e food. La responsabile, Augusta Epifani, ci racconta come si sono evoluti i comportamenti d’acquisto e i gusti dei lettori.
Molto più di una semplice libreria. Cosa si incontra entrando da Liberrima?
Liberrima è un sistema di luoghi nel cuore del centro storico di Lecce, formato da due librerie e un ristorante-caffè, sviluppatisi attorno alla prima libreria, quella centrale, nata nel 1993. Il titolare, Maurizio Guagnano, decise allora di scommettere sulla cultura, in una zona centrale della città, ma inesplorata, dove permaneva un vuoto commerciale. Sin dalla scelta del nome, un superlativo assoluto d’invenzione, si coglie la volontà progettuale di porsi come una libreria libera, ambiziosa e innovativa rispetto a quelli che erano i sistemi tradizionali. Uno spazio ampio, privo di bancone e autonomamente fruibile dal pubblico. Il nostro è un catalogo di letterature pensato insieme ai salentini, la nostra forza risiede nell’aver raccolto le esigenze del pubblico e nell’aver investito nella solidità del legame con il territorio. Cresciamo quindi con il ristorante, che subito si annette alla libreria, e poi con Gusto Liberrima, e LiberrimaKids, uno spazio interamente dedicato ai ragazzi.
Cibo come cultura
di Serena Baccarin
Abstract ∨
Cibo e libri sono un’accoppiata vincente. L’hanno capito da tempo i librai indipendenti e di catena, che da anni accanto allo scaffale tradizionale offrono una proposta di caffetteria, ristorazione e vendita di prodotti confezionati. L’obiettivo è certamente aumentare i margini di fatturato, ma anche creare un’atmosfera, fare della libreria un luogo di incontro e convivialità.
Con la cucina il libro ha in comune una filosofia della fruizione, un diffuso concetto di tempo di qualità da dedicare a se stessi. Va da sé che uno dei più importanti interpreti di questo modello, per il settore della ristorazione, sia Eataly, consulente strategico di Slow Food, e catena, che con 11 punti vendita in Italia e 5 nel mondo, che diffonde la cultura e la tradizione della cucina italiana, insistendo sulla qualità della vita del consumatore stesso. Da Eataly si trovano i migliori prodotti della tradizione, a prezzi convenienti e sostenibili, ma non solo. «Eataly segna la propria diversità anche attraverso i libri» spiega il fondatore Oscar Farinetti, «li vende, li promuove, li mette a disposizione, li scrive. La libreria diventa sempre più il punto di sosta e di incontro, l’agorà dei clienti di Eataly. Il nostro target è particolarmente vicino al mondo dei libri».
Dal 2012, infatti, è Librerie.coop a progettare e gestire lo spazio libreria all’interno delle strutture Eataly. «Abbiamo affidato l’area libri a Librerie.coop prima di tutto perché è specializzata, ma anche perché ci conosce bene, dunque sa creare la migliore offerta possibile per il nostro pubblico. Siamo molto soddisfatti della nostra scelta» conclude Farinetti. Come è nato questo sodalizio e come si combinano le due strategie aziendali? Quali sono i vantaggi di questa collaborazione tra settore librario e ristorazione? Lo abbiamo chiesto a Domenico Pellicanò, presidente di Librerie.coop.
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