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È difficile nascondere la frustrazione di un lavoro associativo stretto in una tenaglia tra difficoltà economiche e instabilità politica. Il crollo delle vendite, come si ricorderà, è iniziato nel settembre 2011. Era al governo Silvio Berlusconi, con Giancarlo Galan ministro dei Beni culturali – nominato dopo un lungo vuoto di potere causato dal «ritiro» di Sandro Bondi –, e Mariastella Gelmini al Ministero dell’istruzione. Poi abbiamo avuto Mario Monti, con Lorenzo Ornaghi e Alessandro Profumo. Poi Enrico Letta, con Massimo Bray e Maria Chiara Carrozza. Ora Matteo Renzi, con Dario Franceschini e Stefania Giannini. Quattro governi in tre anni di crisi del settore. Come si lavora in queste condizioni? Un po’ di cronaca dell’ultimo anno ci aiuterà a capire. Quando nel giugno 2013 abbiamo tenuto la nostra annuale assemblea si era appena insediato il governo Letta e il presidente del consiglio aveva annunciato, nel discorso programmatico alle Camere, di voler investire su cultura e istruzione. A giugno, alla ricerca di fondi per coprire le agevolazioni alle industrie edili e del bianco, il governo non aveva trovato invece di meglio che rivedere le aliquote Iva sui prodotti allegati o «funzionalmente connessi» a libri e giornali. Pensavamo che fosse arrivato il tempo per affrontare la crisi con misure strutturali e invece siamo stati costretti a tornare sulla difensiva.
 

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