«Resta di stucco, è un barbatrucco!». Difficile dire se c’è un altro neologismo nella
storia della letteratura per ragazzi più fortunatodi quello ripreso dal fumetto di Annette Tyson e Talus Taylor, i genitori della serie Barbapapà.
Quello che è certo è che dopo il boom neglianni Settanta (nel 1970 il primo titolo Barbapapà e nel 1974 la messa in onda del primo episodio del cartone animato tratto dalla serie) il fenomeno Barbapapà sembra sia tornato a vivere una seconda giovinezza e non solo in Italia. Almeno questa è l’impressione che si ha a giudicare dall’invasione di peluches, figurine, giochi, merchandising vario (si va dai capi di abbigliamento ai prodotti per la scuola fino alle biciclette e al set di tegamini giocattolo e tutto rigorosamente «barbamorfo») che, anche in questo periodo post-natalizio, continuano ad andare per la maggiore nelle preferenze dei bambini
tra i due e i sei anni.
Dieci albi a fumetti, sei illustrati e i nove titoli della collana La petite bibliothèque de Barbapapa costituiscono il nucleo fondamentale del Barbapapà pensiero.