Il giro del mondo in ottanta giorni è un romanzo di Jules Verne del 1873 in cui il ricco aristocratico londinese Phileas Fogg e l’inseparabile Passepartout tentano di circumnavigare il mondo in 80 giorni. Con una fiducia incondizionata nel progresso e nella velocità (e nell’inventiva del genere umano – impossibile dimenticarsi della slitta a vela usata per arrivare a Chicago!), i due, spinti dall’idea che «l’imprevisto non esiste», riescono a vincere la scommessa con i soci Reform Club e tornare a Londra allo scoccare dell’ottantesimo giorno, dopo essere passati attraverso Egitto, India, Hong Kong, Giappone e Stati Uniti.
C’è chi nel campo dell’editoria digitale cerca di ripetere l’impresa, nonostante un ritmo di marcia meno pressante – dopotutto, Verne era un romanziere – e provare, fuor di metafora, a esportare il proprio modello di business in tutto il mondo. Si tratta di Kobo, il retailer nippo-canadese che ha da poco siglato una partnership con Mondadori grazie alla quale ha portato non solo la propria piattaforma ma anche gli e-reader e i device targati Kobo nel nostro paese.
Per capire con chi si ha a che fare, ecco qualche numero. Si parla di una realtà che può contare, a soli tre anni dalla sua fondazione, su dieci milioni di utenti e tre milioni di titoli disponibili (un milione dei quali gratuiti) in circa 200 paesi.
Nata a Toronto nel 2009 come Shortcovers e ribattezzata solo in seguito come Kobo – anagramma di «Book» – è, ad oggi, nonostante la giovane età (Amazon è maggiorenne, Apple ha ormai 36 anni), una delle realtà con il più elevato tasso di crescita nel campo dell’editoria digitale.