«Una pubblicazione a stampa non periodica di almeno 49 pagine, copertine escluse, pubblicata in un determinato paese e resa disponibile al pubblico». Questa la definizione di libro formulata dall’Unesco nel 1950. Ma oggi questa definizione è ancora applicabile? O, forse, oggi è più sensato parlare di narrazioni, storie, contenuti? Theodore Levitt, uno dei principali economisti statunitensi, già nel 1975 parlava di marketing myopia per l’«Harvard Business Review»: «Le ferrovie non hanno smesso di crescere perché i viaggiatori non ne avevano più bisogno. Le ferrovie oggi non sono nei guai perché quella richiesta è stata intercettata da altri (macchine, camion, aerei e anche telefoni) ma perché quel bisogno non è stato intercettato dalle stesse ferrovie. Hanno lasciato che gli altri prendessero i loro clienti perché pensavano di essere nel business delle ferrovie, non in quello dei trasporti».
Viene da chiedersi se non valga lo stesso discorso anche per il mondo del libro. Quali sono gli «altri» che stanno intercettando i clienti? Quali sono quei prodotti che stanno erodendo il tempo dedicato alla lettura? E, soprattutto, anche questi sono libri?