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Ediser

Libri in... serial

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Elena Vergine

Le serie sono oggi uno dei format televisivi di maggiore successo, quello cioè che riesce ad aggiudicarsi, sera dopo sera, le più alte percentuali di share anche quando deve competere con i reality o i film in prima visione (Fonte: «Tv key», 291, novembre 2011). Un fenomeno tanto rilevante che anche registi e produttori cinematografici iniziano a guardare con un occhio diverso le potenzialità che la serialità televisiva offre in termini di opportunità narrative. Sempre più di frequente dietro alle fiction più note, statunitensi o europee, – si pensi ad Heimat di Edgar Reitz (1981-2006), The Sopranos (1999-2007) o E.R. (1994-2009) – troviamo un impianto narrativo i cui effetti sul pubblico non sono molto diversi da quelli del romanzo ottocentesco o del classico feuilleton a puntate. Veri e propri cicli narrativi, la cui duttilità e adattamento alle regole narrative e commerciali (la pubblicità) consente di realizzare facilmente delle trasposizioni per la televisione e poi per la vendita nei negozi di home video. Non a caso il segmento «tv series» arriva a circa il 7 % del totale del valore delle vendite e del noleggio di Dvd e Blu Ray (Fonte: Univideo su dati Gfk). Umberto Eco anni fa aveva proposto due modelli di riferimento. Quello della «saga» e quello della «serie». Quest’ultima è caratterizzata dalla presenza di personaggi fissi (l’ispettore Poirot, Miss Marple, ecc.) che ripetono gli stessi eventi (l’indagine) con minime variazioni (le persone coinvolte, il luogo del delitto ecc.). Nella saga, invece, più personaggi si susseguono e sono al centro di una lunga storia che si ripete sempre uguale (Dallas, ecc.). «Chi però studi con attenzione le strutture narrative della saga si accorge che le vicende, se pure accadono a personaggi diversi e in situazioni diverse, possono essere ridotte ad alcune strutture narrative costanti […]. E questo ci dice che di saghe ce ne sono sempre state, e anche il ciclo della Tavola rotonda era una saga, dove poteva accadere a personaggi diversi come Parsifal o sir Galaad di incontrare cavalieri o castelli incantati assai simili tra di loro» (L’innovazione nel seriale, in Sugli specchi, Milano, Bompiani, 1985).

Percorso di cambiamento

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Giovanni Peresson

È il quarto gruppo editoriale italiano. Un «gruppo indipendente, – precisa subito Bruno Mari – perché non capisco proprio l’uso che si fa del termine “editoria indipendente”. Come se di “indipendente” in Italia ci fosse solo la piccola editoria. Il nostro è interamente di proprietà della famiglia Giunti». Un’attività editoriale che nasce nel 1841 con l’idea di formare la classe dirigente della futura Italia unita con un progetto organico di tipo educativo. Al catalogo scolastico si affianca quello di varia con le altre due matrici della casa editrice: la tradizione per ragazzi (Pinocchio, Gian Burrasca) e la manualistica pratica (l’Artusi). Matrici che sono rimaste sempre la costante della casa editrice prima, del gruppo poi, ma che nel contesto competitivo di mercato degli ultimi decenni assumono progressivamente una nuova veste. «L’80% del fatturato Giunti – continua Bruno Mari – proveniva negli anni Ottanta dallo scolastico. Ma in ragione del crollo demografico, iniziò a maturare una riflessione che riguardava la strategia della casa editrice. Un editore che fa l’80% del fatturato nel settore della scuola con una produzione di varia concentrata nel segmento ragazzi come poteva affrontare quel cambiamento? Cosa doveva guidarci in quel processo? La scelta fu quella di sviluppare la costruzione di un catalogo di varia strutturato attorno alla divulgazione su tutti i campi del sapere. Un nuovo progetto, ma fortemente ancorato alla tradizione divulgativa e “popolare” ottocentesca».

Ragazzi a 360 gradi

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Elisa Molinari

Distribuzione capillare, catalogo differenziato e inizative in libreria. Come cambia il settore ragazzi per un gruppo articolato come Giunti? Ne parliamo con Beatrice Fini, direttore editoriale Giunti.

Salaam Europe!

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Laura Novati

Lo scorso novembre a Bruxelles si è tenuta la cerimonia di premiazione dei 12 scrittori che sono stati insigniti del Premio per la letteratura dell’Unione Europea per il 2011 (vedi tabella, i titoli sono riportati nella versione inglese). Il premio è un progetto di cooperazione dell’European Booksellers Federation, della Federation of European Publishers, dell’European Writer’s Council nell’ambito di Literature across frontiers – Passa Porta. In occasione della cerimonia, è stato distribuito anche un libro che raccoglie le biografie degli autori designati e estratti delle opere vincitrici. Come si vede dall’elenco, il premio non è riservato solo a scrittori appartenenti a paesi dell’Unione, ma anche a paesi alle sue frontiere o che sembrano aspirare ad entrarvi, proprio perché la dimensione «frontaliera» è una delle sue caratteristiche costitutive. Questa è la terza edizione del premio, lanciato nel 2009, i cui vincitori provengono da 36 paesi partecipanti al Culture Programme dell’Unione Europea che cofinanzia l’iniziativa. L’assegnazione avviene a rotazione e premia un solo autore per nazione.

Self Amazon o self Apple?

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Raffaele Cardone

Il lancio di iBook Author lo scorso gennaio è stato visto come un nuovo capitolo nella tenzone fra Apple e Amazon per il controllo del self publishing nel mercato del libro digitale. In breve: Amazon presidia il mercato mondiale degli e-book, dei reader e del self publishing; Apple quello dei tablet. Amazon con Kindle Fire è entrato come competitor nel mercato dei tablet, e Apple con iBook Author in quello del self publishing, con l’intento di dare carburante al proprio iBook Store, diffondere l’iPad nelle scuole e quindi affermare se stessa come book retailer e il proprio device come un reader. Sistema iPad contro sistema Kindle. L’equazione è facile, ma non si esaurisce qui perché si apre alle grandi questioni di fondo dell’editoria digitale. Mike Shatzkin, in un post di due anni fa, ci avvisava che «con l’agency model la rottura del modello di business veicolato dall’iPad avrebbe avuto sull’ecosistema del libro elettronico un impatto maggiore del device in sé e per sé». Una giusta profezia. Oggi iBook Author si inserisce perfettamente in questo quadro, ed enfatizza aspetti dell’editoria elettronica, e del publishing nel suo complesso, che sono diventati centrali. Il self publishing è l’espressione più evidente della disintermediazione tra autore e editore. Ma non è, nella sua dimensione digitale, l’apertura di un reale canale diretto tra autore e pubblico. Da un lato è vero che – almeno per i più intraprendenti – per accedere al mercato digitale non c’è più bisogno della mediazione editoriale in sé e per sé; al tempo stesso è evidente che anche nei casi di maggior successo del self publishing, il rapporto diretto tra autore e pubblico in realtà non esiste. Marketing, promozione e distribuzione – per quanto viaggino su altri canali e con altre modalità – sono funzioni al centro del mercato librario digitale, così come lo sono di quello cartaceo. Se quindi non è l’editore a svolgere queste funzioni deve farlo qualcun altro. Ed è episodico che un autore abbia le competenze, i mezzi e le risorse per poter svolgere questo lavoro da solo, o affidarlo ad agenzie extraeditoriali.

Servizio al centro

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Giovanni Peresson

Continua ad essere la principale «idea» di chi, quando vuole aprire una libreria, non ne vuole aprire una generalista. È la libreria per ragazzi che continua a rappresentare – da quando nel 1982 Roberto Denti aprì a Milano la prima libreria specializzata – una formula commerciale che riesce ad affrontare con relativa (ma sempre meno relativa) facilità una competizione crescente tra i canali trade. Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito all’evoluzione della formula: qualitativa e quantitativa. Quantitativa se facciamo riferimento al numero di punti vendita e di superfici dedicate all’interno di librerie generaliste. Qualitativa, non solo perché gli spazi dedicati sono scesi dai soppalchi (o saliti dai seminterrati) e hanno occupato una collocazione centrale (o semi-centrale) nel layout delle librerie generaliste e dei multistore. Non solo perché l’arredo, i materiali, i colori vengono pensati (e non riadattati) per un’utenza diversa. Per la crescita della componente «servizio» all’interno del reparto quali competenze e professionalità sono richieste al libraio che cura il reparto?

Spazio ai bambini

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Lorenza Biava

Anche le catene – e i multistore – in questi ultimi anni si sono preoccupati di sviluppare settori ragazzi in cui coniugare assortimento e servizio. Fabio Brugnoli, direttore acquisti e direttore ufficio marketing di Librerie Feltrinelli, e Patrizia Elena, responsabile del progetto Mobi Mobi – Mondadori Bimbo, spiegano la filosofia che sta dietro ai due progetti.

Tecnologie in cattedra

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Rosa Mugavero

Con oltre 650 espositori e 30.368 visitatori provenienti da tutto il mondo, la 28esima edizione ha fatto registrare un incremento del 3,82% rispetto alle presenze della precedente edizione, riconfermando British Education and Training Technology (Bett) come la più importante manifestazione a livello globale per quanto riguarda le ultime novità della tecnologia in ambito educativo-didattico. Per quattro giorni, dall’11 al 14 gennaio scorso, l’Olympia Exhibition Centre di Londra si è trasformato in un luogo di incontro per moltissimi insegnanti, sviluppatori di hardware e software, consulenti ed esperti del settore provenienti da tutto il mondo, i quali hanno avuto la possibilità di conoscere le più recenti innovazioni tecnologiche applicate alla didattica, approfondendo l’attuale stato dell’arte del settore a livello internazionale. Nel corso degli anni la fiera è infatti diventata il punto di riferimento, oltre che per il mondo educativo inglese, anche per il mercato internazionale, attirando la partecipazione di numerosi visitatori provenienti da paesi stranieri. Tuttavia, l’internazionalità non ha caratterizzato soltanto il pubblico del Bett. Quest’anno infatti, oltre alle principali novità prodotte nel Regno Unito, si è registrata anche la presenza di stand collettivi che hanno raccolto numerosi espositori provenienti da diverse parti del mondo tra cui Francia, Spagna, Ungheria, Danimarca, Polonia, Svezia, Canada, America Latina, India, alcuni paesi asiatici tra cui il Giappone e molti altri ancora.

Titoli e lettura

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Marzo 2012

di Giovanni Peresson

La buona notizia è che i 6-17enni continuano a leggere più dei loro genitori: 56,9% contro il 45,3%. Quella cattiva è che sono tornati a leggere quanto leggevano nel 2008. In una sorta di gioco dell’oca, la lettura infantile/giovanile (young adults, Ya) dopo due anni di crescita è tornata a salire su quelle montagne russe a cui nel decennio precedente ci aveva comunque abituato. Nel 2005 avevamo visto la lettura balzare al 57,4% (circa 250.000 dei 15-17enni erano nuovi lettori che entravano nel mercato) in corrispondenza dell’uscita in libreria di Harry Potter e il principe mezzosangue. Lettori che vi escono nel 2006, per rientrarci nel 2007 in corrispondenza con l’uscita di Harry Potter e i doni della morte. Poi nel 2009 abbiamo l’effetto Twilight di Stephenie Meyer e il sali-scendi si arresta. Tra l’altro nel 2001 e nel 2003 erano usciti i titoli precedenti della Rowling. Ora sono due anni che mancano, in queste fasce di età, fenomeni editoriali analoghi per importanza. Se ci sono stati (e ci sono stati, si pensi alla serie del Diario di una schiappa), si vanno a collocare (in misura maggiore o minore a seconda degli anni) nell’età prescolare che Istat non considera (anche se dovrebbe esser stato avviato un primo monitoraggio di quest’area della «lettura» o della «pre-lettura»).

40 anni fa

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2012

di Giovanni Peresson

La libreria dei ragazzi è stata aperta 40 anni fa da Roberto Denti e Gianna Vitali a Milano in via Tommaso Grossi. Nel 1972, quando venne inaugurata, era la prima libreria specializzata in libri per bambini, e una delle poche che nella specializzazione cercava un modo diverso di rapportarsi con un pubblico nuovo. A 40 anni dalla sua apertura e a 5 dall’avvio della nuova gestione, con l’acquisizione da parte di Editrice Il Castoro, la presidente Renata Gorgani è ottimista: «il bilancio che possiamo trarre è che le librerie per ragazzi continuano ad avere un ruolo. Teniamo sullo sfondo i dettagli dell’evoluzione della distribuzione e dei suoi rapidi, continui cambiamenti. Due gli aspetti determinanti da aver presente: la concentrazione (le catene pesano sempre più tra i canali di vendita) e le difficoltà per le librerie indipendenti. In questo scenario credo che la specializzazione resti ancora una strada percorribile».

Anno uno

rivista: Giornale della Libreria

fascicolo: Febbraio 2012

di Paola Sereni e Elena Vergine

Il 2011 è stato il primo anno di effettivo mercato per i libri digitali. Possiamo stimare che valga oggi tra 3,7 e 4,0 milioni di euro (lo 0,2% dei canali trade). Sono cresciuti i titoli, sia le novità, sempre più spesso lanciate in contemporanea con il libro fisico, che i titoli di catalogo. Dai 6.879 titoli del 2010 si è passati ai 19.000 di fine 2011 (il 2,6% dei titoli in commercio). Numeri che dicono come il mercato non potrà che crescere nel 2012. Crescono anche i tablet e i reader dedicati. Nielsen stima in 949 mila gli individui che accedono a Internet da un tablet (a giugno tablet e e-reader dedicati erano 400 mila; Fonte: Gfk). A favorire la crescita poi la riorganizzazione delle piattaforme di vendita che ha avuto il suo culmine a dicembre con l’apertura ufficiale del Kindle Store Italia. Nel 2012 due sono le grandi questioni: l’Iva, non solo in termini di adeguamento (carta/digitale), ma soprattutto di disparità tra valori che troviamo tra i Paesi europei, e che si traducono in vantaggi competitivi di chi può permettersi di sfruttare aliquote ridotte in vigore in alcuni mercati; la necessità di disporre – da parte di tutti gli operatori – di dati certi sulle dimensioni del mercato e i suoi trend di crescita. In Italia come negli altri Paesi europei. Anche questa è una questione di parità nelle condizioni competitive.

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