Le stime sull’andamento dell’editoria americana nel 2021 sono state confermate. Se a fine gennaio si parlava di un +12,2% sul 2020 i dati consolidati dicono che l’anno ha chiuso al +12,3%. L’Association of American Publishers registra un picco mai conosciuto prima dall’editoria del Paese: 29,3 miliardi di dollari, che in euro si traduce all’incirca nel medesimo valore dato il pareggio fra le due monete di queste ultime settimane (ma a fine 2021, quando l’euro era più forte, i 29,3 miliardi sarebbero stati pari a 25,9 miliardi di euro). La crescita in valori assoluti è ancor più impressionante: in 12 mesi il mercato ha guadagnato 3,23 miliardi di dollari, un valore grosso modo pari all’editoria italiana nel suo complesso.
Se il 2020 è stato l’anno in cui per la prima volta l’online ha superato la soglia del 50% delle vendite nel trade, il 2021 restituisce una fotografia diversa: l’allentamento delle restrizioni per i negozi fisici ha inevitabilmente permesso un loro recupero. I dati resi pubblici dall’AAP non offrono una fotografia completa, ma è possibile stimare che nel 2021 il trade abbia toccato un valore pari a 18,77 miliardi di dollari. La varia venduta nei canali trade fisici è cresciuta del 40,4% rispetto all’anno precedente, totalizzando un valore pari a 3,66 miliardi – il 19,5% del totale. L’online, inteso come la somma di libri digitali e libri fisici venduti tramite e-commerce, ne vale 8,39 (il 44,7% del totale), in crescita dello 0,5% rispetto all’anno precedente. In altre parole, la crescita del trade è dipesa esclusivamente dalle vendite nei negozi fisici: per quanto cioè l’online inteso in senso largo sia stato di fondamentale importanza per la tenuta dell’editoria americana – e non solo – nel 2020, la libreria resta ancora un canale che per molti consumatori sembra non poter essere rimpiazzabile. Il +40,4% risulta ancor più sorprendente se si pensa che i canali fisici venivano da cinque anni consecutivi di contrazione.
Le indicazioni più interessanti sullo stato di salute dell’editoria americana, in ogni caso, vengono dagli andamenti dei diversi formati di libri. In un contesto in cui la crescita del trade è stata trainata dal libro a stampa, il vincitore dell’anno è il paperback, che è cresciuto del 14,2% per un totale di 6,24 miliardi: non è casuale che il formato il quale meglio intercetta i consumi di massa abbia avuto un andamento così positivo nel momento in cui le librerie sono tornate aperte. Secondo per incremento percentuale (+13,6%), ma primo per vendite (7,07 miliardi), resta l’hardcover. Anche il digitale, in ogni caso, chiude in 2021 con molte più luci che ombre. Vero è che l’e-book perde il 5%, attestandosi a 1,97 miliardi, ma si tratta di numeri da leggere in prospettiva: il formato era in calo da diversi anni e c’è stata una vistosa inversione di tendenza nel 2020 (+12,4%): il 2021 è quindi ampiamente sopra i valori del 2019. L’audiolibro, invece, segna il decimo anno di fila di crescita a doppia cifra: con una crescita del 12,8%, nel 2021 ha raggiunto quota 1,75 miliardi. Fermo restando che la crescita degli audiolibri dovrà prima o poi scontrarsi con un limite fisiologico, non sembra azzardato prevedere che nel giro di due anni, o addirittura soltanto di uno, il formato supererà a valore gli e-book. Da questo punto di vista sarà interessante valutare l’impatto che avrà l’ingresso di Spotify in questo settore.
Veniamo ora ai settori diversi dal trade. Il ritorno alla didattica in presenza ha permesso alla scolastica di registrare il più deciso balzo in avanti nel 2021: con un +25,3% sul 2020 – anno in cui il settore aveva ceduto il 12,3% - arriva a 4,81 miliardi di dollari. L’editoria accademica, 3,22 miliardi a valore, cresce meno degli altri settori (+2,8%), ma nel 2020 aveva avuto perdite più contenute (-5,7%). Nemmeno per quanto riguarda l’editoria professionale il rapporto dell’AAP fornisce dati puntuali: se però si assumono come riferimento i valori dell’anno passato è plausibile concludere che anche questo settore abbia toccato valori prossimi ai 2,5 miliardi e una crescita attorno al 22%.
Parlare di “rimbalzo”, per questi settori, sarebbe in ogni caso riduttivo. In misure e modalità diverse tutti e tre, infatti, hanno visto negli ultimi anni un progressivo spostamento dal cartaceo al digitale, e di conseguenza una contrazione del valore: vedere un segno più così accentuato quindi non soltanto rappresenta un recupero rispetto al 2020, ma potrebbe anche essere il segnale dell’inizio di una trasformazione dei consumi.
Veniamo infine con le vendite al di fuori dei confini degli Stati Uniti. A differenza di altri Paesi – per esempio la Spagna – nel 2021 l’export americano è riuscito a riprendersi dopo la lieve contrazione del 2020 e ha raggiunto il valore di 1,49 miliardi di dollari (+18,9%): un risultato tale da permettere di registrare una decisa crescita anche rispetto al 2019 (+16%). Non si può però escludere che nel 2022 si assisterà a una nuova contrazione, nella misura in cui un dollaro così forte difficilmente non avrà ripercussioni sulle esportazioni.
In conclusione, se il 2020 è stato un anno del tutto eccezionale, il 2021 non segna affatto un rientro sui binari ai quali l’editoria americana ci aveva abituato negli ultimi anni: i rimbalzi nei diversi settori e formati sono tali da non permettere di capire se l’assestamento in atto miri a riportare la situazione sulle vecchie coordinate o se punti piuttosto verso nuove direzioni. In tutto ciò non vanno dimenticate circostanze estrinseche: la tormentata vicenda del passaggio di proprietà di Penguin Random House, per esempio, ma anche il contenzioso in atto tra Amazon e alcuni stati americani con al centro la clausola della nazione più favorita. Fenomeni che riguardano la prima editoria al mondo, ma che di riflesso non potranno non toccare le vicende di altri Paesi, Italia compresa.
Dottorato in filosofia a Firenze, Master in editoria di Unimi, Aie e Fondazione Mondadori. Attualmente lavoro presso l'Ufficio studi Aie. Mi interessano i dati della filiera editoriale e le loro possibili interpretazioni.
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