Con un’industria creativa che vale
5 mila miliardi di yuan (più di 640 miliardi di euro) – e si appresta a poter competere, per dimensioni, con quella statunitense – e un pubblico di lettori sempre più imponente e «affamato» (i
dati Amazon del 2016 dicevano che il 56% della popolazione aveva letto più di 9 titoli durante l’anno), la Cina ha incontrato nei formati digitali
uno dei più preziosi alleati per la crescita della sua editoria.
Oltre lo sviluppo dell’e-book – a sua volta sostenuto – sarebbero 353 milioni i lettori di «letteratura online» e più del 90% di questi si servirebbe dello smartphone per leggere contenuti di fiction. In più, il fenomeno digitale ha ampliato esponenzialmente le possibilità dei giovani autori in cerca di pubblico cui sottoporre i propri lavori: un potenziale vantaggio non privo di controindicazioni.
Uno degli indicatori più netti dell’esplosione della
readership sul web è il valore di mercato raggiunto da
China Literature, la più importante piattaforma di
online publishing del Paese: al tempo stesso distributore di e-book, contenitore di
short story native e community a metà strada tra Wattpad e Goodreader. La società, controllata dal colosso orientale dell’IT Tecent,
copre da sola il 70% della domanda di letteratura online della Cina, con i suoi quasi
10 milioni di titoli disponibili (tra i generi più rappresentati, il fantasy e il romance) creati da oltre 6 milioni di scrittori e destinati a un pubblico medio di
192 milioni di utenti.
Come succede per Wattpad, i livelli di servizio offerti da China Literature sono diversi e diverse sono le condizioni contrattuali (e commerciali) proposte agli autori. Circoscrivendo il discorso a quelli più celebri, con la firma del contratto cedono i diritti della loro opera alla piattaforma e accettano di venire remunerati secondo un modello pay-for-words altamente sfruttante, che calibra il compenso a parola sulla fama dello scrittore. Poiché l’unico modo per incrementare i guadagni, soprattutto per gli autori di media notorietà, è quello di aumentare il numero di parole utilizzate, il risultato è l’innesco di un circo vizioso che porta a una generale perdita di qualità in favore della quantità.
Nel 2016 China Literature ha pubblicato 41,4 miliardi di parole: in media ogni romanzo ospitato dalla piattaforma ne conteneva un milione o più. Sul fronte delle royalties, sempre nello stesso anno la società ha pagato, nel complesso, quasi un miliardo di yuan (circa 130 milioni di euro) a più di 5 milioni di autori. Ma se poco più di un centinaio di scrittori «premium» ha ricevuto, a testa, un milione di yuan (circa 130 mila euro), i compensi medi degli altri – la stragrande maggioranza – non hanno superato i 200 yuan (poco più di 25 euro).
C’è un’altra questione centrale da affrontare quando si parla di «letteratura online», ed è quella della pressione esercitata sullo scrittore dal feedback continuo dei lettori. Piattaforme come China Literature, nel mettere in contatto diretto lo scrittore e il lettore, favoriscono il processo per cui quest’ultimo tiene in scacco il primo sotto il ricatto della «non lettura». Per corteggiare l’utente e non fargli cancellare il suo abbonamento, sempre più l’autore s’impegola in trame forzatamente bizzarre, moltiplica fino allo sfinimento il numero dei personaggi e intriga inestricabilmente le loro storie, il tutto al comando dello schiocco di frusta del giudizio del lettore. Non l’ambiente ideale per far crescere la qualità delle proprie opere e della propria scrittura.
L’identikit dell’autore «di successo» di fiction online? Trentasettenne, maschio più che femmina (65% vs 35%), scrive almeno 5 mila parole al giorno (ma molti raggiungono le 20 mila) dedicandosi alla scrittura per più di 8 ore. Un lavoro a tempo pieno raramente pagato come tale.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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