Iniziamo dalle buone notizie: secondo Rocco Pinto, titolare della libreria Il Ponte sulla Dora di Torino, nel quartiere di Borgo Rossini, «c’è una cosa nuova in Italia: il riconoscimento delle librerie come presidio culturale e non solo commerciale. Il fatto che ci abbiano fatto aprire, che il libro sia stato considerato un bene essenziale, che ci sia stata una legge sul libro, che il governo abbia investito molto… è un buon periodo per noi, da questo specifico punto di vista. Ma è chiaro che ci sono situazioni molto complesse legate all’emergenza».
Abbiamo chiesto ai librai italiani nelle zone rosse d’Italia cosa vuol dire lavorare oggi in mezzo alla pandemia, con le limitazioni alla circolazione delle persone e un Natale molto complicato alle porte. Divisi tra orgoglio, paura e un po’ di abbattimento, i librai lavorano per promuovere la campagna di editori e librai «Pensaci subito, non fare le code» che invita a diluire gli acquisti dei regali nel tempo ed evitare gli assembramenti dell’ultimo minuto, mentre la professione sta lavorando in maniera velocissima per adeguare il servizio di assistenza al cliente ai nuovi scenari.
Francesco Riganti, direttore marketing di Mondadori Retail ricorda che «dicembre, e in particolare la stagione natalizia, è un periodo importantissimo per le vendite di libri: vale da due a tre volte un mese normale. Nel corso delle feste aumenta anche l'incidenza dei libri regalati rispetto alla media di 1 libro su 5 nel resto dell'anno». Per questo la rete Mondadori Store già si era mossa con una propria campagna autonoma per anticipare gli acquisti di Natale e, adesso, aderisce anche a quella di AIE e ALI: «In questi giorni sono usciti i nuovi titoli degli autori più amati e si può entrare nelle nostre librerie, che sono luoghi sicuri, per ricevere consigli e suggerimenti dai nostri librai in un ambiente non affollato, evitando le code».
Da Cuneo Paolo Robaldo, titolare della libreria L’Ippogrifo che su due sedi dà lavoro a dieci persone, dice che «la campagna per anticipare il Natale è un’ottima idea, ci avevo pensato già io autonomamente e quindi ho aderito subito. La lanciamo sui social network, con inserzioni a pagamento e sul nostro sito di e-commerce. Sto preparando delle mail per avvertire i nostri clienti e ricordare che facciamo anche consegna a domicilio».
Molto lavoro si è spostato infatti su canali alternativi perché, specie nei centri delle grandi città, come Milano, i primi giorni del nuovo lockdown sono durissimi. Manuela Stefanelli ed Enrico Carrara, che dirigono la storia libreria Hoepli (57 lavoratori), parlano di uno scenario «che ricorda i giorni di marzo: al momento ci verrebbe da dire che, se non ci fosse la parte online, non ci sarebbero i presupposti per rimanere aperti. I milanesi non vivono in centro città, qui ci vengono per lavorare e, con gli uffici chiusi, il flusso è quasi azzerato. In questo senso sono avvantaggiate le librerie di quartiere, e siamo contenti per loro, è una buona notizia, ma per noi è durissima. Mi rendo conto che siamo dei privilegiati rispetto a chi deve tenere chiuso, ma in realtà è difficile». Per Paolo Ambrosini, presidente di ALI-Confommercio, «le aperture delle librerie nelle zone rosse sono un’attività di servizio a favore del libro e della lettura, ma con pochi ritorni commerciali, tranne casi particolari. Servono, certamente, a mantenere un filo tra lettori e librai».
Un filo che ogni libreria, da quelle di catena a quelle indipendenti, stanno tessendo alacremente per riproporre la centralità della libreria e della figura professionale del libraio come mediatore tra l’offerta editoriale e il pubblico, un ruolo che nell’assalto di Amazon è tutt’altro che scontato. Alla libreria Hoepli, pure molto attiva sui canali social e nella vendita online, un ruolo importante lo gioca ad esempio il telefono per consentire ai singoli librai specializzati di continuare a suggerire ai clienti più affezionati quali libri acquistare: «Prima del lockdown la competenza dei librai era uno dei nostri grandi punti di forza, adesso è l’unica cosa che ci salva». Per il network di librerie del Gruppo Mondadori la scommessa forte è quella di continuare a offrire ai lettori la possibilità di incontrare autori e artisti, attraverso eventi su piattaforme di live streaming o in diretta social. «Prima della pandemia, avevamo una sala che poteva accogliere fino a 100 persone, diventate 30 con il distanziamento sociale. Attraverso i social, i nostri appuntamenti digitali raggiungono un pubblico che arriva anche fino a 6-7mila persone» spiega il direttore del Mondadori Megastore di Piazza Duomo, Roberto Bardini. «In questa fase dunque gli eventi online ci permettono di coinvolgere il pubblico offrendo loro un'esperienza anche più customizzata e personale, in attesa di poter tornare a far incontrare i lettori e gli autori dal vivo». Alla libreria Ponte sulla Dora di Torino, il primo lockdown è stata l’occasione per chiedere a chi abita nel quartiere di raccontare Borgo Rossini durante la pandemia: l’iniziativa è diventata un libro che uscirà la prossima settimana per l’editore Graphot. Ci sono poi le reti di quartiere: «Ci siamo appoggiati a un’edicola per fornire i libri e, con un locale vicino, offriamo abbinamenti di torta e libro per i regali». Su un’altra scala, la parola d’ordine per le librerie Mondadori è «multicanalità»: la libreria è acquisto in presenza prima di tutto, ma anche un sistema dove «i servizi digitali sono a supporto della rete, con funzionalità che aiutano chi non si può spostare, per acquistare sul sito i prodotti che sono in negozio» spiega il direttore marketing Riganti.
L’impressione è di essere di fronte a una effervescenza forse mai vista prima, ma che ha pure grandissimi rischi: «C’è entusiasmo, ma capisco anche i colleghi scoraggiati» spiega Ambrosini. «Di nuovo a terra dopo una grande corsa negli ultimi mesi, hanno paura di essere finiti nella casella “torna al punto di partenza” del gioco dell’oca». Tutte i responsabili delle librerie intervistati per questo articolo riferiscono di due mesi – settembre e ottobre – molto positivi, in alcuni casi sopra i dati del 2019. Sono stati molto positivi soprattutto i giorni precedenti il nuovo lockdown, ma adesso la paura è che tutto si fermi di nuovo.
Sono nato a Genova e vivo a Milano. Giornalista, già addetto stampa di Marsilio editori e oggi di AIE, ho scritto per Il Secolo XIX, La Stampa, Internazionale, Domani, Pagina99, Wired, Style, Lettera43, The Vision. Ho pubblicato «Figli dell’arcobaleno» per Donzelli editore. Quando non scrivo, leggo. O nuoto.
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