Fascicoli

Luglio-Agosto 2017

rivista: Giornale della Libreria

Prima vennero i saloni e le fiere del libro. Torino e Napoli con la sua Galassia Gutenberg. Poi fu la volta dei festival. Il primo Salone di Torino è del 1987, Napoli è del 1990. Festivaletteratura di Mantova e Chiaroscuro di Asti sono rispettivamente del 1997 e del 1996. Quasi dieci anni intercorrono tra i due generi di eventi: saloni e fiere del libro, i festival letterari (ma non solo letterari) a cui è dedicato questo numero estivo del «Giornale della libreria». [...] Assistiamo a un doppio percorso nellospazio di curvatura delle manifestazioni. Da un lato il mixare libro/lettura (e presentazioni e autori e librerie del festival) ad altre forme di consumo culturale: teatro, danza, performance d’arte, mostre e poi gastronomia (cibi e vini). Dall’altro la presa in prestito della formula da quotidiani e periodici: il festival di Internazionale e quello itinerante della Repubblica delle idee ne rappresentano i casi più noti. I festival – ed è l’altro aspetto che emerge dalle pagine di questo numero, pur con i pochi dati disponibili – intercettano più di saloni e fiere un pubblico di deboli lettori o di non lettori. E pongono sul tavolo la necessità di riflettere sull’investimento in manifestazioni e quello in infrastrutture per la lettura: biblioteche, librerie. Fascinati da un autore o da un tema che si è ascoltato e vissuto in un festival si torna spesso (troppo spesso) in città e paesi privi di biblioteche o di librerie. Un altro aspetto importante portato in luce da queste pagine è la capacità dell’editoria (la prima industria culturale del Paese) di rappresentare il «primo anello della catena del valore» di molte altre industrie culturali. Con i festival la connessione diventa evidente rispetto al turismo culturale e al suo indotto. Anche questo fa di un’industria culturale una moderna industria culturale, che favorisce tutti i processi di innovazione. Ma che allo stesso tempo pone la domanda su dove e come investire. E a partire da quali dati disponibili.

Maggio 2017

rivista: Giornale della Libreria

pagine: 22

«Anche quest’anno l’industria editoriale italiana offre al pubblico, che con occhio attento si aggira per i viali della Fiera di Milano, un ampio panorama della sua più recente e significativa produzione». Così scriveva nell’aprile del 1956 Antonio Vallardi, allora presidente dell’Aie, nel portare il saluto degli editori alla trentaquattresima edizione della Fiera(Campionaria) di Milano. E così continuava: «La manifestazione milanese vuole essere non soltanto un grande mercato nel quale confluiscono [editori e professionisti] da tutto ilPaese e da tutto il mondo, ma anche una rassegna sintetica delle forze creative dei vari popoli. È per questo che la presenza del libro [nel Viale dell’Editoria], accanto ai beni di utilità immediata e agli strumenti e le macchine per la produzione […] assume un particolare significato. Le conquiste della tecnica [negli anni che annunciavano il successivo boom economico nel nostro Paese] assicurano forme di vita sempre più evolute. […] Compito del libro è di far sì che l’elevazione culturale si accompagni alla prosperità materiale».

Marzo 2017

rivista: Giornale della Libreria

«Un mistero attraversa le pagine di questo numero del Gdl. Un mistero italiano. Ma un mistero che riguarda anche molti editori di altri Paesi, in Europa e fuori. Perché l’editoria per bambini e ragazzi con tinua a crescere? E continua a crescere a ritmi e con numeri così importanti? +5,3% in Italia, +4,5% in Francia, +3,0% in Uk, +2,9% in Svezia, + 13,6% in Norvegia... Una crescita che traina interi settori editoriali, attenuando spesso le performance meno positive di altri. Fa crescere il valore dei segni più, cancella i segni meno. Nonostante la denatalità che attraversa l’Italia e l’invecchiamento – sebbene meno accentuato – che molti altri Paesi europei manifestano».

Gennaio 2017

rivista: Giornale della Libreria

pagine: 20

«La distribuzione è da vent’anni che cambia continuamente sotto i nostri occhi. Il lavoro di editore resta quello di fare scouting, editing, selezionare e quindi offrire una qualità editoriale media mente migliore ai propri lettori. […] permette[rgli] di scegliere tra titoli che hanno un senso dato dal progetto editoriale, dalla casa editrice, dalla collana, dalla copertina, da come il libro ti invita ad essere letto. Tutte cose che resteranno anche quando i libri di carta non ci saranno più. Il gusto dell’editore resta un punto di riferimento per quella categoria di persone che chiamiamo lettori». Così diceva Stefano Mauri in un’intervista di anni fa.È la distribuzione che in questi vent’anni continuamente e rapidamente è cambiata sotto i nostri occhi. Negli aspetti più tecnologici e attinenti alla logistica distributiva e informativa, nella promozione e nella trasformazione (questa sì veramente epocale) dei canali di vendita [...].

Dicembre 2016 - cover rosa

rivista: Giornale della Libreria

pagine: 24

«Un editore su quattro in Italia, è un piccolo editore. Un terzo dei titoli che entrano nei canali di vendita è pubblicato da piccole e medie case editrici. La piccola e media editoria, specularmente al settore manifatturiero nazionale, è fatto da piccole e medie imprese che pubblicano libri ed e-book (sono un terzo del totale). Il suo peso sul mercato trade negli ultimi anni – lentamente – cresce: dal 31,0% del 2013, al 31,1% dell’anno successivo, al 32,0% dello scorso anno. Ci sono state settimane in cui nelle classifiche di vendita capeggiavano autori e titoli pubblicati da piccole case editrici. I marchi sono noti. Difficile sostenere che il sistema industriale della piccola e media editoria non sia una parte centrale del sistema industriale che compone la nostra filiera. Capacità di innovazione di prodotto (tradotto: autori, generi, letterature nuove, mai lette e sentite), di processo (un po’ meno, ma c’è: se pubblico libri su una certa area linguistica, perché non fare corsi o festival?), di internazionalizzazione (diritti, ma non solo). E anche di concept fieristico-espositivo. [...] Non sappiamo quanto una manifestazione come PLPL abbia influito su tutto questo. Certamente è servita a dare consapevolezza a questi editori di essere un sistema d’impresa, che sul mercato compete».

Dicembre 2016 - cover verde

rivista: Giornale della Libreria

pagine: 24

«Un editore su quattro in Italia, è un piccolo editore. Un terzo dei titoli che entrano nei canali di vendita è pubblicato da piccole e medie case editrici. La piccola e media editoria, specularmente al settore manifatturiero nazionale, è fatto da piccole e medie imprese che pubblicano libri ed e-book (sono un terzo del totale). Il suo peso sul mercato trade negli ultimi anni – lentamente – cresce: dal 31,0% del 2013, al 31,1% dell’anno successivo, al 32,0% dello scorso anno. Ci sono state settimane in cui nelle classifiche di vendita capeggiavano autori e titoli pubblicati da piccole case editrici. I marchi sono noti. Difficile sostenere che il sistema industriale della piccola e media editoria non sia una parte centrale del sistema industriale che compone la nostra filiera. Capacità di innovazione di prodotto (tradotto: autori, generi, letterature nuove, mai lette e sentite), di processo (un po’ meno, ma c’è: se pubblico libri su una certa area linguistica, perché non fare corsi o festival?), di internazionalizzazione (diritti, ma non solo). E anche di concept fieristico-espositivo. [...] Non sappiamo quanto una manifestazione come PLPL abbia influito su tutto questo. Certamente è servita a dare consapevolezza a questi editori di essere un sistema d’impresa, che sul mercato compete».

October 2016 - English version

rivista: Giornale della Libreria

pagine: 24

Being an industry – and it is no accident that we have put a map of our world in the centre of this edition – means highlighting what our role is: we are an industry which, even in years of market contraction, has been able to innovate, to become more efficient, to discover new authors and promote new genres, to launch ourselves in emerging markets and to incorporate innovation in our production and distribution processes and make it our own. Could we have done better? Undoubtedly! But this is precisely why we assert our commitment to produce culture and to be culture and, at the same time and in equal measure, industry.

Ottobre 2016

rivista: Giornale della Libreria

pagine: 36

Essere industria – e non a caso abbiamo posto al centro di questo numero una mappa del nostro mondo – significa mettere in evidenza questo nostro ruolo: siamo un’industria che anche in anni di contrazione del mercato ha avuto la capacità di innovarsi, di diventare più efficiente, di scoprire nuovi autori e valorizzare nuovi generi, di proiettarsi verso mercati emergenti, di far propria e di incorporare l’innovazione nei nostri processi produttivi e distributivi. Potevamo fare meglio? Certo! Ma proprio per questo rivendichiamo, e lo rivendichiamo a pari livello, il nostro impegno a fare e essere cultura. E al tempo stesso industria.

Maggio 2016

rivista: Giornale della Libreria

pagine: 36

«Pubblicando oggi il primo numero del Giornale della Libreria, crediamo utile indicarne brevemente i propositi». Così cominciava l’editoriale del primo numero del GdL del 1° gennaio 1888. Anonimo ma probabilmente scritto da Emilio Treves.

Aprile 2016

rivista: Giornale della Libreria

pagine: 40

L’editoria per bambini e ragazzi continua a essere uno dei segmenti trainanti del mercato editoriale italiano e lo Speciale Universo ragazzi del Giornale della Libreria si propone di restituirne un’immagine variegata e poliedrica. Dai dati di mercato a quelli sulle iniziative di promozione della lettura, dai personaggi globali diffusi dal licensing alle tecniche di stampa, fino all’evoluzione delle librerie e delle biblioteche specializzate e alla maggiore diversificazione dei gusti dei piccoli lettori. Il risultato è un numero denso d’informazioni, capace di evidenziare le tendenze maggiori del settore, di indagarne le caratteristiche peculiari e tracciarne le ragioni del successo. Sia quelle imprescindibilmente legate al segmento, che quelle esportabili anche nell’ambito della cosiddetta «editoria maggiore».