Dovrebbe essere confortante sapere che l’Italia è riuscita a costruire in dieci anni – dalla nascita di Festivaletteratura a Mantova e di Chiaroscuro ad Asti, estate 1996 – un calendario di festival culturali (in qualche modo vicini all’editoria libraria) che non sfigura nel più ampio scenario europeo. Ma non è così. Le polemiche, in genere, trovano spazio nelle terze pagine e nei supplementi all’inizio e alla fine della «stagione», che si apre in tarda primavera e si chiude a metà autunno. Agli strali contro la spettacolarizzazione della cultura si è aggiunta, più recentemente, l’insofferenza per la crescita del numero dei festival, responsabili, secondo alcuni tra librai, intellettuali e giornalisti, di sottrarre risorse economiche alla promozione della lettura, o al sostegno delle piccole e medie librerie o delle biblioteche.