Sempre la stessa storia

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Sempre la stessa storia
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Le letteratura per ragazzi di quando ero ragazzo – e quindi ormai trent’anni fa – era ricchissima di luoghi, personaggi, avventure e immaginari che non potevano essere più diversi tra loro. C’erano le giungle di Tarzan e i mari orientali dei pirati. C’era il West e c’erano le astronavi. C’erano l’Africa nera e la Terra del Fuoco, l’Antartide con basi militari perdute e mostri di Frankenstein che vagavano tra i ghiacci; i vicoli di Praga dove ci si poteva imbattere in un Golem, un vampiro o un alchimista pazzo. C’erano mondi dietro l’armadio, mondi a cui si accedeva sbattendo i tacchi delle scarpette rosse, rotolando in una tana di coniglio, attraversando uno specchio e altri che non potevano proprio essere raggiunti. Erano storie dove si scopriva qualcosa del nostro pianeta e dei suoi abitanti, seppur trasfigurati dall’occhio immaginario degli scrittori. Da lettore cercavo di imitare i comportamenti degli eroi, ma anche dei cattivi. E di servirmi dello sguardo della mia immaginazione per ritrovare le suggestioni di quei libri. Piramidi, pianeti stellari e moschettieri vivevano contemporaneamente con me nel bosco di casa. La magia era la mia testa. A trent’anni di distanza queste avventure sembrano perdute. E la magia è diventata una scusa commerciale.
 

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