Meglio cavalcare l’onda piuttosto che esserne travolti: questo deve essere stato il pensiero di piccoli e grandi editori di fronte all’avanzata del self-printing che, prima oltreoceano, poi nel vecchio continente, si è conquistato uno spazio sempre maggiore sullo scenario editoriale. Cosa fare? Combattere il potenziale avversario o stipulare un’alleanza? Numerose sono le case editrici che, scegliendo la seconda opzione, si sono rimboccate le maniche per reinventarsi un ruolo in una realtà che sembra differenziarsi dal passato proprio per la pretesa di fare a meno di loro. Da qui il fiorire, sullo scenario editoriale italiano, di piattaforme che offrono i propri servizi ai potenziali scrittori, per aiutarli a pubblicare e pubblicizzare le loro opere: Feltrinelli con Kataweb e Scuola Holden hanno dato vita a Ilmiolibro, mentre Simplicissimus Book Farm ha fondato Narcissus. Queste realtà si sono affiancate ad altre che già popolavano la rete: più che decennale è l’esperienza del Gruppo Messaggerie che, con Lampidistampa, dal 1998 offre ad aspiranti
autori un servizio di print on demand, rivolto sia a chi intende stampare un testo per uso personale sia, con la collana Ti Pubblica, a chi punta a una pubblicazione.
A piattaforme spalleggiate da editori si aggiungono iniziative indipendenti, come la nostrana Youcanprint, nata nel 2007, o la canadese Lulu, fondata nel 2002 e giunta in Italia nel 2006, che è divenuta un’istituzione nel settore, con pìù di un milione di autori pubblicati, provenienti da più di 200 paesi. La sua comparsa sul mercato editoriale italiano lo ha inserito in una prospettiva internazionale, a cui ha dato un ulteriore contributo il recente ingresso in scena di un altro colosso, Amazon, che con il servizio di Kindle Direct Publishing si pone come interlocutore anche per il self-printing.
Sono numerosi dunque gli attori in scena, tanto da rendere difficile, per un autore desideroso di autopubblicarsi, la scelta tra uno e l’altro. Quali caratteristiche differenziano
le piattaforme?