Questo articolo, aggiornato al 3 settembre, è stato scritto per il numero di ottobre 2020 del Giornale della libreria, dove è uscito in lingua inglese.

Abbiamo accolto il 2020 con un mercato che dopo quasi un decennio tornava a un valore di fatturato trade assai prossimo a quello pre-crisi. Ma la sera del 9 marzo tutto è cambiato: agli italiani viene annunciato il lockdown e gli effetti del Covid-19 sul settore editoriale non tardano a manifestarsi. Se i dati delle prime 18 settimane dell’anno non possono che essere inequivocabilmente negativi, segnali meno univoci – e forse di speranza – arrivano dai mesi successivi.

Il 2019 si era chiuso con un più che lusinghiero +4,9% a valore per i canali trade. Soprattutto con un sorprendente +3,4% in termini di copie vendute. Ed era la prima volta che accadeva dall’inizio della lunga crisi che aveva preso il via nel 2010. Per la prima volta da quasi un decennio tornavamo a un valore di fatturato trade assai prossimo a quello del 2011. Anche la stima 2019 del mercato complessivo (varia, educativo, digitale, professionale, export, ecc.) con 3,270 miliardi, tornava a raggiungere quasi il valore che avevamo nove anni fa: 3,321 miliardi.

Quando il 31 gennaio, a Venezia, alla Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri venivano presentati questi dati, le notizie sulla diffusione di un nuovo virus riguardavano una lontana provincia cinese, Hubei, e la città di Wuhan in particolare. Il 21 febbraio vengono scoperti i primi casi italiani a Codogno e Vo’ Euganeo.  Il 24 febbraio la Protezione Civile inizia a pubblicare aggiornamenti quotidiani sull’andamento del nuovo coronavirus e soprattutto sulla malattia che causa: il Covid-19. Contagiati, casi di ricovero in terapia intensiva, decessi. Poi, la sera del 9 marzo, agli italiani viene annunciato il lockdown. Il Paese chiude, si ferma tutto tranne i servizi essenziali fino al 3 maggio. Tutto cambia. Entriamo nel XXI secolo.

Abbiamo ben chiari i dati relativi alle perdite di vendite, ai cambiamenti nei comportamenti di acquisto, al tempo dedicato alla lettura nelle prime 18 settimane del 2020 grazie all’Osservatorio Covid-19 dell’Associazione Italiana Editori, alla rilevazione di primavera dell’Osservatorio AIE sulla lettura e i consumi culturali, all’Indagine Cepell - AIEsui comportamenti d’acquisto e la lettura nei mesi di marzo e aprile 2020.  Ma questo riguarda solo il «primo tempo». Concettualmente siamo di fronte a due momenti distinti, di cui il primo è oramai alle spalle.

La caratteristica principale di quella prima fase era il simultaneo blocco (o forte rallentamento) dell’offerta – dato dalla sospensione delle uscite di novità editoriali – e della domanda da parte del pubblico dei lettori, con la chiusura delle librerie: il principale canale attraverso cui ci si procura i libri (nella rilevazione di marzo 2020 il 74% dei lettori dichiarava di averlo utilizzato). I dati relativi alle prime 18 settimane del 2020 (Ufficio studi AIE su dati Nielsen) indicavano due cose.

La prima. Nei canali trade «classici» (librerie indipendenti, librerie di catena, store online, banchi libri della Grande distribuzione organizzata) si sono avute minori vendite pari a 90,3 milioni di euro e 5,8 milioni di copie in meno vendute rispetto al corrispondente periodo del 2019. La seconda. Se consideriamo anche i punti vendita «marginali» (piccole librerie, cartolibrerie), le librerie specializzate (ad esempio attive all’interno degli atenei chiusi per l’interruzione dell’attività didattica), i punti vendita che hanno una vendita settimanale inferiore a 350 copie; le vendite effettuate in occasione di eventi fieristici, nei bookshop museali o aperti in occasione di mostre d’arte – punti vendita che non vengono rilevati dagli istituti di ricerca – stimiamo un’ulteriore perdita di 44,6 milioni di euro e di almeno 2,1 milioni di copie. Valori che vanno a sommarsi a quelli precedenti.

Sommandoli assieme significano per il settore della varia trade una perdita (relativa alle prime 18 settimane) di 134,9 milioni di euro e di 7,9 milioni di copie. Tra un -19,9% e un -22,0%. E c’erano settori che stavano vivendo situazioni ancor più critiche. Quelli che operano nell’editoria turistica e delle guide di viaggio; nell’editoria d’arte legata all’organizzazione di mostre e alla gestione dei bookshop museali e dei servizi aggiuntivi (audioguide); i molti editori che nei saloni del libro, nelle fiere, nei festival avevano importanti valori di vendita.

In questo stesso periodo – dalla dodicesima alla diciottesima settimana – il lancio delle novità di libri era diminuito del 66,3% rispetto all’analogo periodo del 2019.  Titoli il cui avanzamento produttivo – acquisizione dei diritti, traduzione, attività redazionale, impaginazione, attività di pre-stampa o di stampa, ecc. – è stato per ben oltre la metà bloccato, con slittamenti nei lanci. Alle mancate vendite si è sommato il fatto che le imprese avevano, in misura diversa, corrisposto (o dovevano corrispondere) i compensi ai fornitori. Generando a loro volta un ulteriore costo finanziario all’impresa, carenza di liquidità, ecc.

Ma cosa succede dopo? Il settore prova a ripartire e i dati disponibili alla ventottesima settimana del 2020 (11 luglio) mostrano un dimezzamento delle minori vendite che avevamo registrato per l’editoria di varia nei canali trade – quelli meglio e più rapidamente monitorati – alla sedicesima settimana. Dal -20% rispetto al corrispondente periodo del 2019 (grossomodo metà aprile, a lockdown ancora in corso), al -11% della prima decade di luglio.

Certo, è un dato medio. Ci sono comparti che, come dicevamo, hanno avuto risultati ben più negativi. Ma intanto il segnale di fondo è la ripartenza. Un segnale lo avevamo avuto nella presentazione dell’Indagine Cepell - AIE. La differenza tra la quota di persone che – a metà maggio – prevedevano di incrementare, tra i consumi culturali, la lettura e la quota di chi prevedeva di diminuirla era l’unico valore in territorio positivo: di 4,7 punti.

Dato ancor più importante perché la richiesta di previsione di comportamento avveniva poco dopo il 4 maggio – data spartiacque tra Fase 1 e Fase 2 – quando gli spostamenti diventavano consentiti ma solo all’interno della regione, i bar e i ristoranti potevano offrire solo servizi da asporto, il commercio avrebbe riaperto non dall’11 maggio, come si ipotizzava, ma dal 18 (le librerie  in alcune regioni italiane avevano riaperto il 14 aprile dopo aver chiuso giovedì 12 marzo). Ecco, in questo contesto, la previsione degli intervistati indicava proprio nella lettura di libri l’attività che avrebbe fatto maggiormente rispetto ad altri consumi di tipo culturale.

Il recupero è avvenuto con il boom del commercio elettronico. Dagli store online, ma anche dai siti degli editori e di alcune librerie. Se si pensa che a fine 2019 valeva il 27% del mercato trade, ad aprile 2020 era al 48% e, dopo aver toccato in alcuni periodi picchi ben più alti, si assesta al 44% alla ventottesima settimana.

I canali fisici – soprattutto le librerie – che avevamo visto già nell’indagine di fine aprile mostrare interessanti spunti di innovazione nel servizio nella fase più dura del lockdown (consegne a domicilio, uso del sito per ordinare, messa online del catalogo dei titoli disponibili) vedono crescere da aprile a luglio la loro quota di 4 punti percentuali: dal 52% al 56% della ventottesima settimana dell’anno (11 luglio).



Ciò che sta avvenendo è ben rappresentato dai dati di iBuk di Informazioni editoriali. I dati che disegnano le due curve del 2019 e del 2020 fino alla ventinovesima settimana si riferiscono a vendite reali e non espanse pari a circa il 50% del mercato trade. Se l’andamento di gennaio-febbraio 2020 risultava essere sostanzialmente in linea con l’anno precedente, a partire dalla sesta settimana (3-9 febbraio) si iniziano a registrare significativi e progressivi segni negativi, fino al -70,3% della settimana che va dal 23 al 29 marzo. Poi la lenta risalita.

È interessante notare come dalla ventiquattresima settimana la curva del 2020 inizia a sovrapporsi a quella dell’anno precedente. Significa che se potessimo considerare anche le vendite settimanali di Amazon saremmo sicuramente entrati da quella data in territorio positivo. E nella settimana 29 il risultato è comunque un +2,5% rispetto alla corrispondente settimana del 2019.


I segnali di ripartenza da luglio in avanti sono evidenti
. C’è la speranza di recuperare, nella seconda metà dell’anno – a parità di condizioni attuali: riduzione dei contagi, assenza di significativi focolai di ritorno, andamento delle spese delle famiglie… – tutta quell’area negativa che l’andamento delle due curve disegnano. Un’area che soprattutto con il Natale si spera di tornare a riempire.

E la speranza non è retorica. I dati di luglio dicono anche che il libro pare tornato a quella condizione anticiclica che lo aveva contraddistinto prima della crisi del 2011. Crisi che si era conclusa proprio lo scorso anno con un mercato trade che era tornato ai valori di quell’anno.

Tanto più che ancora nei mesi precedenti avevamo assistito a una rapida riorganizzazione delle case editrici verso lo smart working, alla riorganizzazioni degli uffici diritti e delle fiere professionali oltre che di quelle generaliste, all’implementazione da parte delle librerie di servizi di consegna a domicilio che hanno ridotto del 30% le loro perdite dovute alla forzata chiusura, ecc. Avevamo dunque visto un tessuto imprenditoriale pronto e reattivo.

Nella prima fase, l’impatto negativo sul settore è stato causato (principalmente) non da una caduta della domanda (il 2019 era lì ad indicarlo), ma da provvedimenti amministrativi, resi inevitabili per limitare la diffusione del contagio. Temevamo nei prossimi mesi (da qui a dicembre e probabilmente per tutto il 2021) una fase completamente diversa, con uno shock di domanda rilevante e presumibilmente persistente, difficile oggi da identificare e definire nelle sue dimensioni assolute. Uno shock di domanda imputabile da un lato alle minori risorse economiche delle famiglie a fronte di spese non comprimibili; dall’altro al clima di incertezza che porterà a tesaurizzare eventuali surplus monetari disponibili.

Potrebbero essere questi i fattori distintivi della prossima fase, che contribuiranno a rendere ancora più complessa l’attività di previsione. Intanto, accontentiamoci del fatto che probabilmente il mercato del libro è tornato ad essere quello che storicamente era fino al 2010-2011. Un mercato anticiclico.

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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