Una cosa deve essere chiara. Gli effetti prodotti dalla pandemia saranno due e distinti. Con tempi altrettanto distinti e distinte misure di intervento che la filiera, le aziende e le istituzioni dovranno mettere in atto.
 
La prima fase è coincisa con il lockdown. Dal 24 febbraio – «Mezza Italia in quarantena» titolava la Repubblica e «Il virus in Italia: un morto in Veneto» il Corriere della sera – al 14 aprile / 4 maggio con la riapertura delle librerie. La seconda, inizia subito dopo, è quella che vivremo nei prossimi mesi e nel 2021 e porterà problematiche diverse, non sappiamo se meno drammatiche.
 
La prima fase è stata caratterizzata da un fatto che nel nostro settore non si era mai verificato. Il contemporaneo blocco dell’offerta e il blocco della domanda. Si era chiuso un canale – quello delle librerie – che generava da solo, nel 2019, il 66% del valore del mercato ed era usato dal 74% dei lettori. Restavano solo gli store online. Una fase caratterizzata da almeno tre fattori:
 
  1. per gli editori, i costi già sostenuti e non remunerati per il blocco del lancio novità o per il loro differimento, e per l’impatto finanziario che hanno generato (acquisizione dei diritti, traduzioni, impaginazione, prestampa, stampa, ecc.).
  2. per i canali fisici (Gdo esclusa), una lenta ripresa attraverso consegne dirette, attività e presentazioni traslate sui social per mantenere un contatto con i propri clienti.
  3. per i canali online, la crescita vertiginosa che li aveva portati in alcune settimane a raggiungere oltre il 70-77% in termini di quota di canale.
 
Le prime 16 settimane dell’anno segnano in questa prospettiva un punto fermo dopo andamenti altalenanti tra una settimana e l’altra (talvolta condizionati da problematiche logistiche e di rallentamento dei magazzini, di priorità nelle evasioni degli ordini e via dicendo). Le vendite – rilevate da Nielsen – dell’editoria di varia in librerie, store online e Gdo hanno fatto segnare, rispettivamente, un -19,9% a valore e un -19,2% a copie. Tradotto in numeri significa 90,3 milioni di minori vendite e 5,8 milioni di copie comprate in meno.
 




Tutti i generi – in misura maggiore o minore – entrano in campo negativo. E anche questa è la prima volta, come lo è il fatto che tutti i settori hanno segni negativi, e negativi a due cifre. Mai avvenuto! La narrativa italiana segna un -24,4%, quella straniera -21,6%, la non fiction pratica -26,8%, quella generale -23,4%. «Meglio», ma si fa per dire, quella specialistica, che si limita a un -11,3% e bambini e ragazzi un -16,2%.
Naturalmente il terremoto maggiore lo hanno i canali di vendita. Detto che il confronto (in base 100) è tra l’anno (il 2019) e le prime 16 settimane del 2020, vediamo rimanere pressoché stabile il banco libri della Gdo e vediamo il balzo degli store online: dal 26,7% del 2019 al 47% delle prime 16 settimane del 2020; con un calo delle librerie (gennaio + febbraio, la chiusura a geometria variabile di marzo e aprile) al 45,0%.
 
Non è questo però il dato su cui riflettere maggiormente. È quello relativo a ciò che è avvenuto nel settore del commercio al dettaglio a marzo: -9% nella grande distribuzione, -28,0% nelle imprese operanti su piccoli superfici (e qui piccoli significa < 400 mq) a cui corrisponde un +21% dell'e-commerce.
 
È un altro il dato che apre a riflessioni più impegnative. GFK, in un webinar di qualche settimana fa, ci diceva che tra coloro che avevano fatto acquisti di prodotti alimentari o per la casa attraverso store online, il 37% lo aveva fatto per la prima volta.  È su questo numero che mi concentrerei. Il 37% aveva scoperto i vantaggi, i benefit di comprare online. Prodotti alimentari, certo; ma quanti di costoro trasferiranno i loro nuovi comportamenti anche nel mondo del libro? Dico questo non per mettere una pietra sopra gli altri modi di acquisto. Ma perché gli altri canali dovranno enfatizzare quello che gli store online non offrono, le relazioni con l’autore, la possibilità di incontrarlo, di parlarci, di avere consigli dal libraio, di vedere ciò che la libreria propone. Tutto questo non potrà più avvenire «in presenza». La comunità sarà virtuale, l’autore che presenta il suo libro lo ascolterò via Zoom, Teams, GoToWebinar, Instagram…  Il libraio dovrà interagire con il lettore anche su canali digitali; dovrà pensare a come presentare la sua offerta online; dovrà continuare a contivare la relazione con i suoi clienti, enfatizzando quei benefit per cui lo hanno scelto e creandone ancora di nuovi. Tutte cose che gli store tradizionali non fanno. Imparare a gestire la dimensione relazionale a distanza sarà utile anche quando potremo tornare in libreria ad assistere alla presentazione di un libro.
 
Dicevamo dei 90,3 milioni di minori vendite e dei 5,8 milioni di copie comprate in meno. In realtà c’è una parte delle vendite al pubblico dei libri di varia che non passa per le librerie di catena, né per quelle a conduzione familiare, gli store online e banchi libri della Gdo. Sono le vendite che si realizzano nelle cartolibrerie, nelle librerie universitarie e in quelle specializzate, gli acquisti fatti dal sito della casa editrice, le vendite dirette, quelle fatte in occasione di fiere o saloni, nei bookshop di mostre e musei. Se proviamo, come abbiamo fatto, a stimarle, arriviamo (con una certa cautela) a una ulteriore perdita di 44,6 milioni di euro a cui corrispondono 1,8 milioni di copie.
 
Nel complesso – e solo relativamente al settore trade di varia, più o meno allargato – ci troviamo con 134,9 milioni di euro di minori vendite e a 7,6 di minori copie comprate rispetto al corrispondente periodo del 2019.
 
Questa dimensione economica la troviamo riflessa poi dai dati che ci fornisce l’Osservatorio AIE relativamente ai comportamenti d’acquisto. La rilevazione 2020 è stata fatta a metà marzo. Nella prima fase del lockdown. Il 63% di acquirenti di libri per sé o per altri scende a marzo al 55%. Se gli acquirenti occasionali restano gli stessi, il crollo lo abbiamo tra i forti lettori: da una media 11,7 libri acquistati a 8,6.
 
Una ragione è che il tempo della lettura – un’attività tipicamente domestica, che richiede un minimo di autoisolamento – è stato compresso da attività che si è iniziato a praticare in casa: le lezioni a distanza dei figli, lo smart working, le relazioni sociali intrattenute per via digitale, la televisione per informarsi sui bollettini giornalieri della protezione civile ma anche le narrazioni via serie tv. Detto ciò, a nessuno può sfuggire cosa potrebbe comportare. I forti lettori – un 12-13% di chi legge – generano tra il 40% e il 45% del mercato come indicano diverse indagini: da Nielsen all’Osservatorio AIE.
 
Vediamo altri elementi che aprono domande sulla dimensione strutturale di questa emergenza sanitaria, che potrebbe trasformarsi in una emergenza di sistema. Nel cambiamento dei comportamenti vediamo:

  1. aumentare tra 2019 e marzo 2020 i non acquirenti di libri: dal 40% passano al 45%. I forti acquirenti (12 e più libri) calano da un 3% all’1%. 
  2. mutare i comportamenti di fedeltà al canale. Nel 2019 a un 16% di chi comprava «esclusivamente o prevalentemente» in una libreria a conduzione familiare corrispondeva un 84% che comprava in altri canali. Nel marzo 2020 questa percentuale è il 4%. Più che infedeltà siamo in queste settimane di fronte all’impossibilità a «comprare». Lo stesso, ma in misura minore, lo vediamo nelle catene. E il corrispondente lo vediamo negli store online. Quel 18% che nel 2019 dichiarava di comprare «esclusivamente o prevalentemente» online (notare però come l’indice di fedeltà non è molto diverso dalla libreria) nella rilevazione di marzo sale al 42%. Siamo in presenza di accelerazione di processi? Saranno e in che misura reversibili? A quali condizioni?
  3. mutare i modi in cui ci si informa: dal 59% che si informava attraverso social o blog dedicati, prima di compre un libro nel 2019, passiamo nella rilevazione di marzo al 64%.
Le domande che ci poniamo sono le stesse che ci ponevamo prima, ma non abbiamo risposte. Come non sappiamo se stiamo entrando in una nuova fase che ci costringerà ad abbandonare le abitudini e i modi di vedere che avevamo perché il Covid 19 è stato solo un acceleratore momentaneo di tendenze già in atto nella filiera. Anche questa è una domanda che dobbiamo porci. Ma dove, temo – più che i cambiamenti dei comportamenti d’acquisto e il numero di libri comprati – conterà la percezione della propria situazione economica e la disponibilità di spesa delle famiglie. Quali saranno nei prossimi mesi, nel 2021, e ancora nell’anno successivo – nella seconda fase degli effetti prodotti dalla pandemia – le priorità di spesa delle famiglie italiane? Che effetto avranno sulla filiera?

Rivedi qui la diretta streaming dell'incontro Il mercato del libro: dall’emergenza sanitaria a quella di sistema realizzato da AIE in collaborazione con IE-Informazioni Editoriali e Nielsen.


 

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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