Se in Occidente il ritorno delle librerie femministe è da leggersi in continuità con la quarta ondata del movimento – caratterizzato dall’intersezionalità, dall’attivismo sui social media e dalla risposta alla gentrificazione degli spazi culturali – in Asia assume connotazioni ancora più specifiche.
La nascita di questi spazi e il loro operato è spesso intrecciato alle attività dei movimenti femministi emergenti, alle rivendicazioni LGBTQ+ e post-coloniali, alle battaglie contro regimi repressivi o tradizioni patriarcali radicate e permeanti.
L’India e la biblioteca delle sorelle
Il femminismo in India si è sviluppato sia in epoca coloniale sia post-coloniale, intersecando le lotte per i diritti civili, la giustizia sociale e l'indipendenza del Paese. Già nel XIX secolo, riformatrici e riformatori si opposero a pratiche patriarcali come il sati – la tradizione, oggi illegale, che prevedeva l’autoimmolazione delle vedove sulla pira funeraria del marito – e promossero l’istruzione femminile.
Dopo l’indipendenza, il femminismo ha assunto forme diverse, con un forte orientamento intersezionale: ha affrontato non solo la violenza di genere, ma anche le disuguaglianze legate a casta, classe e religione, ed è in questa scia che s’inserisce il Vacha Charitable Trust, fondato a Mumbai nel 1987 dalla studiosa e attivista Sonal Shukla, e tuttora attivo come centro di documentazione, archivio e biblioteca: oltre 3.000 titoli, dedicati in particolare alla storia dei movimenti delle donne in India.
In anni ben più recenti è nata invece la
Sister Library, da un progetto dell'artista e attivista
Aqui Thami che inizialmente l’ha concepita come biblioteca itinerante. Oggi la Sister Library ha una sede fissa a Bandra, nella periferia di Mumbai, ed è la prima biblioteca di proprietà comunitaria femminile dell'India. Con una collezione di circa
600 titoli scritti da donne, accoglie
incontri, reading, performance, workshop, ed è uno spazio dichiaratamente transfemminista, aperto ad accogliere soggettività e background diversi, offrendo narrazioni alternative che
sfidano tanto il colonialismo quanto il patriarcato locale.
Il Giappone dell’«illimitable et cetera»
Nel quartiere di Setagaya, a Tokyo, esiste una piccola libreria indipendente interamente dedicata al pensiero femminista. Si chiama
etc.books e nasce nel 2021 come estensione libraria dell'esperienza editoriale del collettivo che pubblica la rivista Etcetera, lanciata nel 2019.
Lo spazio ospita presentazioni, incontri, gruppi di lettura, laboratori di autodifesa e percorsi per giovani lettrici. Tra gli scaffali si trovano libri di saggistica, letteratura, albi illustrati e fanzine: la fondatrice, Akiko Matsuo, ha dichiarato di essersi ispirata per il nome all'espressione «illimitable et cetera» usata da Judith Butler per nominare tutto ciò che eccede le norme di genere.
L’operato di questa libreria di Tokyo s’inserisce nella scia di un femminismo, quello giapponese, che oggi affronta temi come la disparità salariale di genere, la cultura del lavoro estenuante e il peso delle aspettative sociali che riconosce per le donne principalmente il ruolo di mogli e madri. Fino alle istanze più peculiari dell’attivismo digitale: dal movimento #KuToo, che contesta l'obbligo per le donne di indossare tacchi alti sul lavoro, all'emergere di soggettività come gli «herbivore men», i giovani giapponesi che rifiutano i tradizionali modelli maschili di successo, carriera e virilità.
La Corea del Sud e lo sguardo diverso
Nonostante l’elevato livello di sviluppo economico e tecnologico, la società sudcoreana resta profondamente segnata da una cultura patriarcale, in cui le donne – pur essendo tra le più istruite al mondo – continuano a subire forti diseguaglianze in ambito lavorativo, domestico e sociale. La pressione verso il matrimonio, la maternità e la cura della famiglia è ancora intensa, il divario salariale altissimo e i casi di molestie o violenza sono spesso minimizzati o sottovalutati, tanto da portare alla nascita di movimenti radicali e separatisti come 4B, che promuove tra le donne il rifiuto del matrimonio, della maternità, delle relazioni sentimentali e sessuali con gli uomini come forma estrema di resistenza al patriarcato strutturale della società coreana.
In questo contesto,
Seoul si distingue come uno dei centri più attivi del femminismo sudcoreano, con una scena culturale vivace e spazi indipendenti che promuovono un sapere critico e inclusivo. Ne è un esempio
Dali Bom, libreria attiva dal 2017 e gestita da
Soyeon Ryu, specializzata in testi femministi e LGBTQ+, che organizza regolarmente incontri e gruppi di discussione. Il nome deriva dalla giustapposizione di quelli dei due gatti della proprietaria e significa in coreano «
guardare diversamente»: un concept che riflette chiaramente la missione della libreria. Oltre a venderli, Dali Bom
pubblica anche libri scritti da donne, organizza workshop, letture e piccoli eventi culturali sul femminismo, la body‑positivity e la violenza di genere.
Ancora, sempre in città, nel quartiere trendy di Seongsu-dong, c’è
Not Just Books, una libreria indipendente con un forte orientamento femminista e queer che accompagna visitatrici e visitatori alla scoperta di autrici del femminismo internazionale,
come Audre Lorde, Maya Angelou e Bell Hooks.
L’Indonesia delle madri che leggono
Il femminismo in Indonesia si è sviluppato storicamente a partire dal movimento per l’indipendenza e dalla figura di Kartini, sostenitrice dell’educazione femminile e dei diritti delle donne. Oggi, è un movimento complesso e plurale che include lotte contro la violenza di genere e il matrimonio minorile, con un’importante corrente di femminismo islamico che cerca di conciliare diritti delle donne e tradizione religiosa.
Pur non esistendo, al momento, vere e proprie librerie femministe in Indonesia, la scena letteraria è animata da collettivi e gruppi di lettura come
Buibu Baca Buku (letteralmente,
madri che leggono). Fondato nel 2018 con l’obiettivo di promuovere l’empowerment delle donne, in particolare delle madri, attraverso la lettura e il pensiero critico, il club è oggi un’associazione senza scopo di lucro attiva in varie città indonesiane la cui missione è fornire alle madri gli strumenti per prendere decisioni informate e consapevoli,
sia nella vita quotidiana che nell’educazione dei figli.
Nel 2024, in particolare, Buibu Baca Buku ha lanciato il programma Climate literacy for mothers, mirato a sensibilizzare le madri indonesiane sui temi del cambiamento climatico e ad aumentare la loro partecipazione alle azioni collettive in questo ambito. La comunità conta più di 2.000 membri attivi e oltre 45.000 follower sui social media.
Le librerie femministe sono plurali femminili
In contesti politici, religiosi e culturali profondamente diversi tra loro, le librerie femministe asiatiche sono plurali femminili che intercettano bisogni comuni anche quando non sovrapponibili: creare spazi alternativi di parola, rappresentazione e confronto.
Ciascun Paese sviluppa forme specifiche di resistenza femminista: dall'intersezionalità del movimento indiano alle sfide radicali del 4B sudcoreano, dalle nuove forme di attivismo digitale giapponese alla navigazione complessa tra tradizione e modernità del femminismo indonesiano. In un momento in cui il femminismo appare sempre più attraversato da istanze intersezionali, postcoloniali e plurali, guardare a ciò che accade in queste librerie significa anche ridefinire la mappa stessa della cultura femminista contemporanea, riconoscendo la molteplicità di voci, strategie e immaginari che animano la lotta per l'uguaglianza di genere, un po’ più in là del nostro sguardo.