Amazon ha cambiato talmente in profondità le abitudini degli acquirenti di libri – e non solo – da far quasi dimenticare che sia giunto in Italia da poco più di 10 anni (saranno 11 il 23 novembre 2021, per l’esattezza). E pensare che ci sono Paesi con un mercato del libro altamente sviluppato nei quali Amazon è presente da meno di dodici mesi, come per esempio la Svezia. È di pochi giorni fa l’annuncio dell’attivazione dell’offerta Prime anche in questo Paese: il servizio è sostanzialmente identico a quello proposto negli altri mercati, con due significative eccezioni, vale a dire l’assenza di Prime Music e, soprattutto, di Prime Reading. Per quanto possa sembrare strano, Amazon in Svezia non vende né e-book né audiolibri. Più in generale, è il mercato del libro a risultare poco attrattivo: per capirne le ragioni, occorre ricostruire i primi mesi di presenza di Amazon in Svezia alla luce delle particolarità di questo mercato.
La prima considerazione da fare riguarda il libro a stampa e il rapporto con l’e-commerce: come ricorda l’AD di Bokus – assieme ad Adlibris la maggiore libreria online del Paese – Maria Edsman, «in Svezia già nel 2012 l’e-commerce aveva un giro d’affari superiore a quello delle librerie fisiche». Sarebbe stato quindi strano che Amazon potesse conquistare rapidamente quote di mercato consistenti, in un contesto maturo e altamente competitivo come quello svedese. Va inoltre tenuto presente che i lettori svedesi sono già abituati alla principale innovazione introdotta da Amazon, le consegne gratuite ed estremamente rapide. Vero è che finora Prime non c’era, per cui – è l’opinione di una consulente di Amazon, Anna Nordlander – a partire da adesso lo store online potrà sfruttare al meglio la vera innovazione che propone, l’essere cioè un sito che vende di tutto. È su questa leva che potrà basarsi per crescere nel settore dei libri fisici, una volta implementata una rete logistica efficiente, affiliazioni con imprese terze comprese. Che Amazon abbia ancora ampi margini nella vendita di libri cartacei è fuori discussione, ma difficilmente potrà diventare l’attore di riferimento come in altri Paesi.
Parlare di editoria in Svezia, però, significa parlare di libri digitali, e in particolare di audiolibri. Il 2020, del resto, è stato l’anno del sorpasso del digitale sul fisico, soprattutto grazie ai servizi in abbonamento. Amazon però non ha ancora iniziato a vendere e-book e audiolibri sul suo sito. Audible – che è proprietà di Amazon – sembra puntare soprattutto sugli audiolibri in lingua inglese piuttosto che su quelli in svedese: il principale attore nazionale, Storytel, controlla circa il 70% del mercato generato dai servizi in abbonamento. Proprio il caso di Storytel, del resto, insegna che competere nel mercato degli audiolibri significa impegnarsi in investimenti cospicui, dai quali si può iniziare a rientrare dopo diversi anni. Se pensiamo al caso italiano Amazon ha potuto trarre vantaggio dalle relazioni preesistenti con le case editrici italiane per produrre audiolibri, mentre lo stesso non può essere detto per la Svezia. Molto semplicemente – è di questa opinione anche The new publishing standard – il fatto che tre aziende (Bookbeat e Nextory, oltre a Storytel) dominino il mercato e soprattutto il fatto che gli editori abbiano ormai con esse rapporti consolidati è di per sé sufficiente per scoraggiare Amazon dal tentare di imbarcarsi in una lotta del genere, probabilmente lunga e onerosa. Rimane la vendita di singoli audiolibri anziché la formula all-you-can-listen, un modello sul quale gli attori svedesi dovranno a breve interrogarsi visto il rischio di saturazione del mercato, ma anche in quel caso occorrerà fare i conti con il fatto che gli altri competitor possiedano un catalogo maggiormente assortito.
Che Amazon decida di non puntare immediatamente sul mercato del libro è una scelta che pare in ultima analisi più che ponderata, per quanto non è detto che le cose non possano assumere in futuro una piega diversa: acquisizioni e operazioni di altro tipo sono sempre dietro l’angolo. Il caso svedese, comunque, porta con sé tre insegnamenti. Il primo è che il sito di e-commerce può benissimo fare a meno dei libri (cartacei o digitali che siano), se il mercato nazionale non è sufficientemente remunerativo. Il secondo, in parte legato al primo, è che in un mercato solido, nel quale il consumatore ha un ventaglio di scelte al quale poter attingere per rifornirsi di libri, è meno probabile che appaia un attore capace di agire in condizioni di quasi monopolio. Il terzo, infine, è che non è Amazon a rappresentare di per sé la nemesi delle librerie fisiche se anche in sua assenza è possibile che l’e-commerce superi i punti vendita tradizionali. Specie questi ultimi due elementi possono essere di spunto per ripensare ai dieci anni di presenza di Amazon in Italia: col senno di poi, forse non è eccessivo dire che parte della sua forza nel nostro mercato del libro sia stata la debolezza degli altri attori, la mancanza di strategie unitarie e, in fondo, l’assenza di un’alternativa altrettanto credibile.
Dottorato in filosofia a Firenze, Master in editoria di Unimi, Aie e Fondazione Mondadori. Attualmente lavoro presso l'Ufficio studi Aie. Mi interessano i dati della filiera editoriale e le loro possibili interpretazioni.
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