Ho conosciuto Ethel Porzio Serravalle nel 1998, in una assolata giornata di aprile al tavolino di un bar in uno dei tanti slarghi tra gli stand della Fiera del libro per ragazzi di Bologna.
Era da pochi mesi, nel febbraio 1997, diventata consulente di AIE per il settore scolastico e per l’ufficio di Roma. La competenza e le cariche ricoperte in ambito educativo e istituzionale l’avrebbero resa una collaboratrice preziosa. Era nata a Torino nel 1936, laureata in lettere moderne, fino al 1994 aveva insegnato italiano, latino e storia in diversi licei della sua città. Aveva fatto parte del Comitato di coordinamento della Commissione Brocca e, fino al 1996, del Consiglio nazionale della pubblica istruzione. Aveva pubblicato libri sulle problematiche scolastiche con Mondadori, Le Monnier, FrancoAngeli, oltre a numerosi interventi in riviste e periodici specializzati. Aveva diretto la rivista «Rassegna dell’istruzione» e collaborato con «Il secolo XIX» di Genova. Era stata vicepresidente del Cidi (Centro iniziativa democratica insegnanti) e, fino al 1989, responsabile dell’Ufficio scuola università e ricerca della Direzione nazionale del partito repubblicano. Tra il 1989 e il 1993 era stata segretaria nazionale della Uil scuola. Durante il governo di Lamberto Dini – il primo «governo tecnico» della Repubblica: tra gennaio 1995 e maggio 1996 – aveva ricoperto la carica di Sottosegretario di Stato al Ministero della pubblica istruzione retto da Giancarlo Lombardi.
Era la figura intellettuale, quasi prima ancora che professionale, più adatta a seguire e guidare la partecipazione degli editori scolastici alle annunciate riforme che si andavano profilando per la scuola italiana: nuova divisione dei cicli scolastici, nuovi esami di maturità, autonomia scolastica, nuovi programmi di italiano e storia per gli istituti professionali, piani di riduzione della dispersione scolastica. Tutti temi affrontati a cominciare dal convegno milanese del gennaio 1998 – che aveva direttamente organizzato – per approfondire con gli editori le novità annunciate da Luigi Berlinguer, succeduto nel 1996 come ministro a Giancarlo Lombardi.
Il «settore scolastico» per Ethel andava però ben oltre la dimensione editoriale. Nei suoi articoli pubblicati dal 1998 in poi sul «Giornale della Libreria» c’era sempre (e le parole sono le sue) la consapevolezza del ruolo della scuola e degli editori scolastici nel fornire – e formare – «le conoscenze e le abilità richieste per vivere consapevolmente la realtà contemporanea e per apprendere, oltre che il mestiere del vivere, anche quello di cittadino (preferibilmente democratico) e di lavoratore». Una consapevolezza, la sua, anche disincantata, perché tutto ciò presuppone la necessità di «un impegno e una motivazione non propriamente diffusa e spontanea [nel nostro Paese]. Con l’aggravante di una realtà circostante [a quella della scuola], ricca indubbiamente di stimolazioni, ma anche pericolosamente propensa ad eccedere in occasioni di distrazione, a deconcentrare lo sforzo intellettuale, a proporre modelli di comportamento […] non propriamente frutto di rigore morale, di serio impegno [di studio], di costanza nei propri propositi: che sono invece ingredienti decisivi per il buon esito degli studi». La conoscenza di questo scenario la portava a riflettere sul fatto che «neppure il più stabile dei quadri politici può avere garanzie di risultati soddisfacenti, e questo spiega molte incertezze» che punteggiano l’azione del governo «sia sul piano dell’azione quotidiana che dei rapporti con docenti, studenti, opinione pubblica, mass media».
D’altronde, il suo seguire, indirizzando e consigliando, la partecipazione degli editori scolastici lungo i corridoi ministeriali – nel frenetico succedersi di governi e ministri (non meno di dodici nei circa vent’anni della sua attività in AIE), di interventi legislativi e normativi emanati (dalle circolari del ministero, ai tetti di spesa, dal caro libri al peso degli zainetti, al digitale) – non ha mai esaurito le attività di Ethel all’interno dell’Associazione.
Il progetto Polite (Pari opportunità e libri di testo, cofinanziato dalla Commissione europea nell’ambito del IV programma d’azione) nasceva – sono ancora parole di Ethel, coordinatrice del gruppo di lavoro – dalla consapevolezza, in largo anticipo sui tempi (siamo tra 1999 e 2000) «di aver contratto un debito con i nostri destinatari. Un composito mondo fatto di autori e autrici di libri di testo, case editrici scolastiche, insegnanti, scolaresche, famiglie, ma non solo loro: destinataria può essere anche una più varia umanità che avverte – nella cultura ufficiale e nello stesso uso della lingua – qualcosa che assomiglia straordinariamente a una voglia di oscuramento dei generi, femminile e maschile, a vantaggio di una presunta neutralità: del sapere, del parlare, dell’operare». Generò, il progetto, un vademecum di linee guida per i vari ambiti disciplinari che vide pubblicate traduzioni in francese, inglese, portoghese e spagnolo.
Mi piace però chiudere questo ricordo di Ethel con quanto aveva scritto in anni più recenti della sua collaborazione con AIE – che si concluderà nel 2016 –, perché ben mostra lo sguardo e l’impegno che dal mondo dell’editoria scolastica si allargava verso questioni e riflessioni ben più ampie.
«La partita che il MIUR dovrà affrontare nei prossimi mesi per avviare la riforma anche nelle scuole secondarie superiori, non sarà solo importante per le soluzioni all’intreccio tra sapere e saper fare e tra istruzione e formazione professionale, ma anche, e in modo più rilevante, per lo sviluppo culturale del nostro Paese […]. Molto dipenderà infatti dalle impostazioni culturali e metodologiche che si daranno ai nuovi corsi di studio» auspicabilmente «ancorati tutti a idee, valori, metodi d’indagine che non potranno non rappresentare una significativa sintesi del nostro patrimonio culturale e professionale […] per poter divenire un altrettanto significativo punto di partenza per il cammino delle giovani generazioni». Così «l’impianto della scuola secondaria superiore riguarderà e influenzerà la stessa fisionomia diffusa della società […] e della nostra comune civiltà in quanto definirà di fatto la fisionomia dei ceti medi, che rappresentano la struttura portante delle moderne società industriali e delle democrazie. Per questo è decisiva la cultura che la scuola proporrà nel periodo fra i 14 e i 18 anni, quando studentesse e studenti, ormai in possesso degli strumenti fondamentali, possono vivere l’esperienza scolastica e adolescenziale accostandosi a quanto di più importante è contenuto nel patrimonio di conoscenza ed espressione artistica dell’umanità. Con questa ricchezza potranno entrare nella vita attiva o proseguire gli studi fino ai livelli più avanzati, disponendo di un bagaglio sufficiente a vivere consapevolmente e potendo contare sullo spessore di una formazione che contenga in sé gli spunti culturali, concettuali, metodologici necessari per costruire razionalmente e con sensibilità il proprio modo di essere cittadini, persone pensanti, parti attive nel mestiere o nella professione scelta».
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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