Una delle ragioni per cui questa editoria di nicchia è rimasta a lungo nell’ombra – per lo meno in Italia – è il ritardo con cui si è affermato un mercato facsimilare vero e proprio; in secondo luogo, le dimensioni ridottissime del mercato facsimilare in termini di clienti – nessun prodotto è venduto in più di 1.000 esemplari – hanno indotto molti a ignorare questo settore, liquidandolo come un fenomeno marginale legato più all’industria del lusso o al collezionismo che all’editoria.
Ciò che forse ha pesato maggiormente nell’attribuire a questa forma di editoria un carattere extravagante nel panorama editoriale sono le caratteristiche stesse delle opere pubblicate. In effetti i facsimili, riproduzioni perfette di libri antichi (soprattutto manoscritti miniati medievali), si discostano per molti versi dalla concezione del libro stampato contemporaneo: da un lato per il loro elevato costo; dall’altro per la particolarità del processo produttivo, nel quale le fasi di prestampa, stampa e legatura dei volumi sostituiscono la centralità della progettazione dei contenuti tipica dell’editoria.
Questi elementi hanno contribuito a diffondere l’idea del facsimile come un prodotto ambiguo, a metà strada tra il libro e l’oggetto d’artigianato di lusso, in bilico tra la vocazione culturale-scientifica e quella commerciale. Nel frattempo, però, la fisionomia attuale del mercato dei facsimili appare molto diversa rispetto a quella di vent’anni fa.