Città del libro

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Cosa rappresenta un festival letterario per il territorio che lo ospita? Sicuramente un fattore di attrazione turistica importante, capace di portare centinaia quando non migliaia di persone nei borghi e nelle città che lo ospitano, con il relativo indotto in termini di spesa per ristoranti, alberghi, musei ed esercizi commerciali (non ultime proprio le librerie, siano esse indipendenti o collettive, come spiega in questo numero Serena Baccarin nel suo Effetto festival, pp. 32-34, in entrambi i casi perfette valvole di sfogo per catalizzare l’interesse verso i libri protagonisti del festival) tanto che oggi l’economia dei festival e degli eventi culturali è uno dei settori più rilevanti e in crescita a livello non solo italiano ma internazionale, poiché rappresentano un valido strumento di marketing strategico, sviluppo economico e comunicazione territoriale, tanto nel settore profit quanto nel no profit. Ma se allarghiamo lo sguardo ad un orizzonte più vasto, l’arricchimento maggiore che una rassegna letteraria può portare al territorio che la ospita, e più in generale al Paese, è forse la consapevolezza del ruolo che anche un piccolo centro può avere nella diffusione della cultura, e non solo di quella del libro. Forse è per questo che, soprattutto a partire dagli anni Novanta, manifestazioni di questo tipo si sono capillarmente diffuse nel nostro Paese, chi guadagnando di anno in anni consensi chi durando appena il tempo di qualche edizione. Una crescita talmente prolifica da essere difficile da seguire, anche solo per poterne dare notizia, e che spesso ha finito per rischiare l’«effetto Babele» con programmi troppo simili, scrittori onnipresenti e ospiti che, gira che ti rigira, finivano per essere sempre gli stessi.
 

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