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Editori

Gli editori che stanno reinventando il libro di viaggio

di Alessandra Rotondo notizia del 7 dicembre 2025

Che cosa significa fare editoria turistica oggi, in un settore attraversato da cambiamenti profondi e da una crescente pressione tecnologica? È il tema dell’incontro Gli editori che stanno reinventando il libro di viaggio, ieri a Più libri più liberi nell’ambito della convegnistica professionale dell’Ufficio studi AIE, in collaborazione con il Giornale della Libreria. Moderati da Samuele Cafasso, a confrontarsi sono stati Giulio Perrone (Perrone Editore), Vittorio Anastasia (Ediciclo), Mauro Morellini (Morellini Editore) e Pietro Biancardi (Iperborea/The Passenger), a testimoniare il lavoro di quattro case editrici che negli ultimi anni hanno contribuito a ridefinire linguaggi e forme del racconto di viaggio.

L’incontro si è aperto con i dati dell’Ufficio studi AIE sull’andamento dell’editoria turistica tra il 2019 e il 2024, elaborati su base NielsenIQ BookData. La ricerca mostra che la produzione dell’editoria di settore non è più tornata ai livelli pre-pandemia: dai 2.282 titoli di novità del 2019 si scende ai 1.889 del 2024, con una perdita del 17,2% sul periodo e del 2,6% sul 2023. La quota di mercato del comparto, dopo il crollo del 2020-2021, si è stabilizzata poco sotto il 3% della varia, contro il 3,5% del 2019.

Sul fronte delle vendite a valore, il settore nel 2024 è sostanzialmente stabile rispetto al 2023 (41,6 milioni di euro), ma non ancora allineato ai livelli del 2019. Interessante la dinamica interna: mentre le guide tradizionali sono in lieve flessione, gli scritti di viaggio e reportage tornano al valore del 2019, pari a 7,6 milioni di euro (+3,6% sul 2023). Anche le copie vendute riflettono un andamento analogo, con un calo complessivo del 2,8% sull’anno precedente, più marcato sulle guide rispetto agli scritti di viaggio.
Dati che, come ha osservato Cafasso, «offrono uno spunto per avviare la discussione»: un settore che non ha recuperato interamente i volumi, ma che mostra segnali di riorganizzazione e spostamento verso prodotti più autoriali e narrativi.

Al primo giro di tavolo – come state lavorando oggi sul tema del viaggio e quali cambiamenti osservate nel turismo e nei lettori – Giulio Perrone ha spiegato come la narrativa di viaggio abbia guadagnato spazio nel suo catalogo anche durante il Covid. «In quel periodo abbiamo ragionato sul fatto che il libro potesse diventare un modo per continuare a viaggiare da casa» ha detto, ricordando poi la nascita della collana Passaggi di dogana, costruita sull’idea di attraversare luoghi reali attraverso lo sguardo di artiste, artisti, scrittori, scrittrici, musicisti, musiciste, registe e registi. Un approccio che, secondo Perrone, rende il viaggio un terreno naturale per gli editori indipendenti: «Qui la dimensione artigianale del lavoro è essenziale: serve reattività, capacità di leggere i segnali e di sperimentare».

Vittorio Anastasia ha ricostruito l’evoluzione di Ediciclo, nata con le guide ciclabili a fine anni Ottanta. «All’epoca i nostri titoli erano insostituibili per le informazioni che offrivano, oggi pubblicarne uno sulle salite italiane sarebbe un’operazione quantomeno complicata», racconta con riferimento alla quantità di risorse sul tema reperibili liberamente nel contesto digitale. Così il catalogo si è ampliato verso la narrativa di viaggio, anche con progetti in collaborazione con editori stranieri, come Bon Voyage, collana dedicata al racconto delle città attraverso le parole e i vissuti delle autrici e degli autori che le abitano. L’incontro con il partner, il francese L’arbre qui marche, è avvenuto lo scorso anno alla Frankfurter Buchmesse. Per Anastasia, la differenza la fa la relazione con i territori: «Un grande editore su alcune cose può arrivare prima di noi, che abbiamo però dalla nostra grande agilità e soprattutto radicamento nelle comunità locali».

Per Mauro Morellini, il ruolo storico degli editori indipendenti nel settore è evidente: «Anche i due marchi italiani più forti, EDT e Touring Club, sono indipendenti. Mentre la presenza di editoria turistica nei grandi gruppi è residuale». Ed è una cosa che succede anche all’estero: «Penguin, che aveva dei marchi importanti, li ha ceduti nel corso del tempo». Le guide non hanno smesso di vendere, sottolinea Morellini, ma è cambiato profondamente il modo di realizzarle, in relazione con cosa è diventato più o meno rilevante per viaggiatrici e viaggiatori. Le sezioni dedicate a hotel e ristoranti, per esempio, un tempo centrali, oggi non hanno più molto senso: «Booking e Tripadvisor svolgono già quella funzione. Quello che conta è la voce dell’insider». Molto spazio è dedicato invece alle guide tematiche e ai progetti di ibridazione, come Extended Book, che integra contenuti digitali a supporto ed espansione della fruizione cartacea.

Pietro Biancardi ha ripercorso la nascita di The Passenger, nel 2018, pensata come rivista-libro costruita su reportage e longform giornalistici sui e dai luoghi indagati. «Ma in realtà il viaggio è nel DNA di Iperborea sin dal 1987, un viaggio di esplorazione verso quel Nord Europa allora quasi sconosciuto editorialmente, che ha guidato la nascita della casa editrice». Anche il formato alto e stretto dei libri Iperborea è legato con un filo alle partenze, ispirato alle guide nordiche e francesi di quegli anni, e diventato poi elemento identitario per il marchio.

La seconda parte dell’incontro ha approfondito l’impatto dell’intelligenza artificiale sul settore. Cafasso ha ricordato il caso denunciato dal New York Times nel 2023, relativo all’invasione su Amazon di guide di viaggio generate automaticamente dall’IA, al punto da spingere la piattaforma a introdurre un limite massimo di caricamenti per utente.

Per Giulio Perrone, l’elemento irrinunciabile è «lo sguardo umano». «È ciò che ogni autore porta: l’IA, per definizione, non possiede un punto di vista. Dobbiamo capire come integrarla come supporto nei flussi di lavoro, ma dobbiamo difendere l’autorialità». L’uso dell’IA rischia di «sacrificare l’essenza del nostro mestiere» nel momento in cui viene rivolta alla sostanza che questo mestiere definisce: dalla scrittura alla selezione, dalla progettazione alla verifica, dalla traduzione alle copertine.

Vittorio Anastasia ha sottolineato che molte guide non possono prescindere dall’esperienza diretta: «Se qualcuno scrive una guida ciclabile senza aver percorso il tragitto, lo si capisce subito». La tecnologia può essere utile, ma resta il nodo della qualità delle fonti – da opporre al riciclo indiscriminato di contenuti operato dall’IA – e della fiducia tra editore e autore.

Per Mauro Morellini, il problema del riuso non è nuovo: già prima dell’IA si manifestava in alcuni prodotti. Ma il punto è sul valore dei contenuti: «Le guide generate automaticamente sono talmente vaghe da essere inutilizzabili». La tecnologia, se impiegata su compiti non creativi, può invece essere d’aiuto, generare indici, mappare luoghi, aiutare nella strutturazione. E può aprire anche nuove opportunità: Morellini Editore, per esempio, ha concesso contenuti editoriali in licenza a Loquis, una piattaforma di travel podcasting geolocalizzato. «Non è sbagliato che un contenuto circoli in maniera diversa, ma va tenuta la barra sull’autorevolezza e l’autorialità, che difende gli interessi della nostra categoria ma soprattutto di lettrici e lettori».

Pietro Biancardi ha posto l’accento su un rischio più ampio, di natura culturale. Partendo dall’ossessione tutta commerciale per i «testi gemelli», che chiedono agli editori di appiattire le loro scelte sull’orizzonte dei libri di successo già editi, nella speranza di emularne la fortuna commerciale, Biancardi osserva che «gli LLM producono testi “gemelli” per struttura e logica. Per noi, che lavoriamo con reportage, uscite sul campo e contributi che nascono da esperienze reali, il valore è l’unicità dello sguardo: una dimensione che la tecnologia non può replicare». La minaccia, insomma, non sarebbe tanto la concorrenza diretta, quanto l’appiattimento: «Se il mercato si abitua a contenuti costruiti per somigliare a ciò che già esiste, la ricerca editoriale si impoverisce. È qui che il lavoro delle realtà indipendenti resta decisivo: mantenere aperti spazi di originalità e scoperta».

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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