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Mercato

Dal culto alla cultura. Come cambia il mercato dell'editoria religiosa

di Giovanni Peresson notizia del 27 giugno 2017

Attenzione, controllare i dati.

Quello che è avvenuto in questo ultimo decennio nel settore dell’editoria religiosa è evidente. Anno dopo anno l’Osservatorio sull’editoria religiosa (realizzato in collaborazione tra UELCI-Unione editori e librai Cattolici, Rebecca Libi, Cec-Centro editoriale cattolico e l’Ufficio studi di Aie) ha consentito di monitorare i cambiamenti in atto ed evidenziarne le crescenti criticità lungo tutta la filiera (da un’anticiclicità rispetto all’andamento complessivo nei primi anni di crisi del mercato, a un andamento decisamente opposto in anni più recenti).

In estrema sintesi le linee di fondo che caratterizzano il settore sono chiare e riconducibili a due fenomeni reciprocamente intrecciati tra loro. La prima è rappresentata dall’entrata di attori appartenenti alle filiere dell’editoria laica (editori, distributori, librerie) nella produzione, distribuzione e vendita del libro religioso (che nel nostro Paese significa in larga parte di matrice cattolica). La seconda il profilarsi di un nuovo lettore per il libro religioso/cattolico (più giovane, laico, con titolo di studio medio alto, ecc.) con una domanda di contenuti per rispondere ai suoi nuovi bisogni diversa rispetto a quella del pubblico di solo 10-15 anni fa. Un intreccio tra tematiche legate alla «quotidianità» (procreazione assistita, «fine vita», nuova domanda di spiritualità, ecc.) e quindi di strumenti editoriali (autori, titoli, collane, vesti grafiche, copertine, ecc.) che hanno in qualche misura laicizzato anche editorialmente l’editoria cattolica. Fenomeni – a cui poi si sovrappongono contemporaneamente le trasformazioni indotte dall’e-commerce, dai social, del Web, ecc. – che hanno cambiato più che la filiera dell’editoria cattolica l’orizzonte con cui deve confrontarsi. La trasformazione del layout espositivo, l’ampliamento dell’assortimento e della sua profondità di molte librerie di catena dicono molto del nuovo modo di vedere da parte di chi sta sul front-office del punto di contatto tra cliente e prodotto.

Le prime slide dell’Osservatorio che è stato presentato a Tempo di libri (consulta qui la presentazione) fotografano proprio quello che è accaduto in questi anni sul lato della domanda: coloro che dichiarano di aver letto almeno un libro di argomento religioso sono «raddoppiati» rispetto a una crescita più lenta (Ipsos) o una decrescita (Istat) della lettura in genere. Anche perché il tema «religioso» è uscito dagli ambiti più di «fede» e «specialisti» (leggi il parroco, la suora) per diventare argomento che incontriamo (e vogliamo comprendere nelle sue implicazioni) nella vita quotidiana (fondamentalismi, tematiche legate ai luoghi di culto per la nuova immigrazione ecc.), senza contare la dimensione mediatica che hanno avuto alcuni recenti pontificati, con i libri che sono stati scritti, le encicliche, le prese di posizione su temi come l’ambiente, ecc.
Primo effetto di tutto ciò è stato l’aumento della produzione più che da parte degli editori cattolici (rimane praticamente attorno alle 4 mila novità annue) da parte di altre case editrici: dai 1.290 titoli del 2010 ai 1.449 dello scorso anno.

Ed è significativo come l’editoria cattolica nel suo insieme abbia finito per circoscrivere la sua progettazione editoriale in un’area che possiamo definire «captive»: Spiritualità (71,1% dei titoli), Pastorale (79,5%). E nella Saggistica religiosa arriva al 53,5% dell’offerta (poco più o poco meno, a seconda degli anni, della metà del settore). Sostanzialmente assente dal settore ragazzi (che è invece il settore di mercato a più alta crescita in Italia e nel mondo) e da quello della narrativa.

Un quadro che a sua volta – lo avevamo visto lo scorso anno – non è secondario a migrazioni autoriali verso marchi come Mondadori-Rizzoli, Bompiani, Piemme, Einaudi, Laterza, Garzanti, Mulino, Carocci, Castelvecchi, ecc. Oppure al fenomeno, recente, di autori nati, scoperti e cresciuti all’interno della stessa editoria laica.

Riferendoci solo ai canali trade monitorati da Arianna+ (ed escludendo Amazon), vediamo come ad avvantaggiarsene sia stata l’editoria laica (+7,1%), e quella di altre religioni (sostanzialmente evangelici). Paradossalmente poi, per via del suo posizionamento nel settore della saggistica teologica, della storia delle religioni o della Chiesa, ecc. (e quindi con prezzi di copertina/venduto più alto), l’editoria laica con il 20,7% delle copie movimentate realizza il 35,2% del valore del mercato religioso italiano (Amazon sempre escluso).

Sono le vendite per canale, però, a indicare le sfide con cui l’editoria cattolica dovrà misurasi nei prossimi anni, con la crescita dell’e-commerce, e dell’insieme di canali presidiati da player non religiosi: quindi logistica distributiva, reti promozionali, comunicazione (dai social all’ufficio stampa, agli eventi). Rappresentavano nel 2011 il 26,6% del mercato, e oggi (soprattutto per effetto degli store online) il 36,3%. In particolare proprio gli store passano dal 3,8% del 2011 al 12,8% di oggi e confermano quello che si diceva all’inizio. Non c’è stato solo un diverso modo di comprare, ma anche un cambio e una trasformazione del pubblico di acquirenti-lettori.

Certo la filiera distributiva cattolica, per quanto riguarda le reti promozionali e le librerie, copre più della metà (o poco più a seconda degli anni) del mercato (51,8% nel 2016, ma era il 61,2% solo cinque anni prima, e ci sarebbero da aggiungere le vendite dirette). La tendenza di fondo appare però chiara nella sua semplicità. Sarà – non è difficile pronosticarlo – uno degli scenari con cui il settore dovrà confrontarsi  ragionando su nuovi e possibili format e mix di assortimenti e servizi (l’altro sarà quello editoriale/autoriale: l’editore «laico» con la produzione più elevata è una piattaforma di self publishing!).

Questi dati confermano quanto da anni l’Osservatorio aveva messo in evidenza: il modello di editore solo confessionale, di servizio alla comunità ecclesiastica, non regge più, per cui l’editore specialistico deve trasformarsi in un editore di varia, e lo stesso vale anche per i librai.

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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