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Innovazione

Pearson sta pensando di usare gli NFT nei libri scolastici

di Alessandra Rotondo notizia del 4 agosto 2022

La multinazionale britannica dell’editoria scolastica è pronta a sperimentare i «token non fungibili» nei suoi libri. L’obiettivo? Partecipare gli utili del mercato dell’usato. A dichiararlo è il ceo Andy Bird: «Nel mondo analogico, un libro di testo Pearson viene rivenduto fino a sette volte, ma l’editore è escluso dalle transazioni successive alla prima» ha spiegato a Bloomberg. «Tecnologie come la blockchain e gli NFT potrebbero consentirci invece di partecipare a ogni vendita che lo specifico libro colleziona nel corso della sua vita».

Ex presidente di Walt Disney International, Bird è entrato in Pearson nel 2020, con l’azienda in lotta contro i rincari produttivi e i mancati introiti del mercato dell’usato. È sul digitale che la sua strategia ha fatto perno per il risanamento: dopo il lancio di Pearson+ – la piattaforma in abbonamento che per dieci dollari al mese consente l’accesso agli studenti a 1.500 e-textbook dell’editore – gli NFT sono il secondo atto.

Come sappiamo, un NFT è un’informazione digitale crittografata unica che può essere associata a qualcos’altro, per esempio un file digitale. Grazie alla blockchain, tutte le transazioni e tutti i movimenti che riguardano l’NFT sono trasparenti e soprattutto tracciati, il che rende di fatto l’NFT assimilabile a un certificato di proprietà. L’idea di Pearson – che in Italia ha da poco ceduto il ramo della scolastica a Sanoma – è pertanto quella di affidare alla blockchain i passaggi di proprietà dei suoi libri di testo digitali, identificando e quindi lucrando anche sulle transazioni di vendita successive a quella iniziale.

Sebbene gli ambiti di applicazione preferenziali degli NFT siano al momento quelli dell’arte e del collezionismo, nell’ultimo periodo l’editoria non è stata a guardare. Dai primi tentativi di Forbes publishing – che prometteva di sgominare le fake news a colpi di blockchain – ai più recenti esperimenti degli editori, come Neri Pozza, e degli autori italiani, in primis Baricco.

L’ipotesi di Pearson fa però un passo di lato, e guarda agli NFT non tanto come a una tecnologia al servizio della certificazione univoca del possesso di un bene scarso. Quanto piuttosto come a uno strumento tecnologico di tracciamento della proprietà digitale. E di «rivalsa» sul nuovo proprietario. Se – come e quanto – la blockchain possa portare beneficio ai bilanci dell’editore è difficile da prevedere. Ma è piuttosto facile immaginare che, qualora la suggestione producesse effetti positivi, Pearson non rimarrebbe a lungo solo tra gli editori che utilizzano gli NFT per partecipare gli utili del mercato dell'usato.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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