La multinazionale britannica dell’editoria scolastica è pronta a sperimentare i «token non fungibili» nei suoi libri. L’obiettivo? Partecipare gli utili del mercato dell’usato. A dichiararlo è il ceo Andy Bird: «Nel mondo analogico, un libro di testo Pearson viene rivenduto fino a sette volte, ma l’editore è escluso dalle transazioni successive alla prima» ha spiegato a Bloomberg. «Tecnologie come la blockchain e gli NFT potrebbero consentirci invece di partecipare a ogni vendita che lo specifico libro colleziona nel corso della sua vita».
Ex presidente di Walt Disney International, Bird è entrato in Pearson nel 2020, con l’azienda in lotta contro i rincari produttivi e i mancati introiti del mercato dell’usato. È sul digitale che la sua strategia ha fatto perno per il risanamento: dopo il lancio di Pearson+ – la piattaforma in abbonamento che per dieci dollari al mese consente l’accesso agli studenti a 1.500 e-textbook dell’editore – gli NFT sono il secondo atto.
Come sappiamo, un NFT è un’informazione digitale crittografata unica che può essere associata a qualcos’altro, per esempio un file digitale. Grazie alla blockchain, tutte le transazioni e tutti i movimenti che riguardano l’NFT sono trasparenti e soprattutto tracciati, il che rende di fatto l’NFT assimilabile a un certificato di proprietà. L’idea di Pearson – che in Italia ha da poco ceduto il ramo della scolastica a Sanoma – è pertanto quella di affidare alla blockchain i passaggi di proprietà dei suoi libri di testo digitali, identificando e quindi lucrando anche sulle transazioni di vendita successive a quella iniziale.
Sebbene gli ambiti di applicazione preferenziali degli NFT siano al momento quelli dell’arte e del collezionismo, nell’ultimo periodo l’editoria non è stata a guardare. Dai primi tentativi di Forbes publishing – che prometteva di sgominare le fake news a colpi di blockchain – ai più recenti esperimenti degli editori, come Neri Pozza, e degli autori italiani, in primis Baricco.
L’ipotesi di Pearson fa però un passo di lato, e guarda agli NFT non tanto come a una tecnologia al servizio della certificazione univoca del possesso di un bene scarso. Quanto piuttosto come a uno strumento tecnologico di tracciamento della proprietà digitale. E di «rivalsa» sul nuovo proprietario. Se – come e quanto – la blockchain possa portare beneficio ai bilanci dell’editore è difficile da prevedere. Ma è piuttosto facile immaginare che, qualora la suggestione producesse effetti positivi, Pearson non rimarrebbe a lungo solo tra gli editori che utilizzano gli NFT per partecipare gli utili del mercato dell'usato.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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